Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21654 del 19/09/2017


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Cassazione civile, sez. II, 19/09/2017, (ud. 11/07/2017, dep.19/09/2017),  n. 21654

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25944/2014 proposto da:

O.C., + ALTRI OMESSI

– ricorrenti –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), rappresentato e difeso in forza di procura in

calce al controricorso dall’avvocato Ferdinando Caiazza,

elettivamente domiciliato in Roma, Via I. Persico, 77 presso lo

studio dell’avvocato Giovanna Gambardella;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1258/2014 della Corte d’appello di Napoli,

depositata il 20 marzo 2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11 luglio 2017 dal Consigliere Dott. Gianluca Grasso;

vista la memoria ex art. 380 bis c.p.c., n. 1, depositata dai

ricorrenti.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che gli attuali ricorrenti, con atto di citazione notificato in data 7 maggio 2005, convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Marano, il condominio di (OMISSIS), parti comuni, in (OMISSIS) impugnando la Delib. approvata in data 22 marzo 2005 dall’assemblea condominiale, in quanto adottata da un ente inesistente. Chiedevano perciò di dichiarare l’inesistenza del condominio delle parti comuni, con conseguente annullamento della delibera impugnata;

che il condominio si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda;

che, con sentenza depositata in data 17 ottobre 2008, il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Marano, accoglieva la domanda e dichiarava l’inesistenza del condominio di (OMISSIS), parti comuni, in (OMISSIS), e annullava la Delib. impugnata;

che la Corte d’appello di Napoli, a seguito di impugnazione proposta dal condominio, con sentenza depositata il 20 marzo 2014, ritenuto il difetto di integrità del contraddittorio, ha annullato la pronuncia di primo grado, rimettendo le parti innanzi al tribunale;

che gli attuali ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi;

che il condominio di (OMISSIS), parti comuni, in (OMISSIS) ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con il primo motivo si contesta, cumulativamente, la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c., nonchè l’omessa pronuncia sull’eccezione di giudicato interno in rapporto all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Secondo parte ricorrente, la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Napoli, sez. dist. di Marano, pubblicata in data 17 ottobre 2008, fu notificata in copia conforme in data 19 maggio 2009 mediante consegna di copia dell’atto a mani dell’amministratore p.t. del condominio soccombente, dichiarato contumace in primo grado. Con la decorrenza del termine breve per l’impugnazione, detta sentenza è passata in giudicato, così come attestato dal certificato rilasciato dalla Cancelleria della Corte d’appello di Napoli in data 24 giugno 2009. Il condominio ha proposto impugnazione con atto notificato il 2 ottobre 2009, ricevuta la notifica della copia esecutiva, notificata in data 7 settembre 2009, al fine di ottenere il pagamento delle spese in essa liquidate. Sarebbe quindi evidente l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza di primo grado;

che il motivo è fondato;

che per giurisprudenza consolidata, la circostanza della dichiarazione di contumacia nel grado concluso con la sentenza impugnata comporta che la notifica di persona alla parte dichiarata contumace, quand’anche finalizzata all’avvio della successiva procedura esecutiva, è effettivamente idonea a determinare la decorrenza, nei confronti di quella, del termine breve per proporre impugnazione (Cass. 14 febbraio 2012, n. 2113; Cass. 24 febbraio 2011, n. 4485; Cass. 31 agosto 2009, n. 18915; Cass. 25 gennaio 2007, n. 1647; Cass. 15 marzo 2006, n. 5682; Cass. 24 agosto 2000, n. 11078);

che la soluzione va tenuta ferma anche nel caso in cui la dichiarazione di contumacia possa ritenersi non corretta, in ossequio al principio dell’apparenza e quindi alla prevalenza delle statuizioni formali espressamente contenute nel provvedimento giurisdizionale ai fini dell’individuazione dei rimedi esperibili, dinanzi alla formale dichiarazione di contumacia e alla successiva notifica di persona alla parte dichiarata contumace della sentenza che ha concluso il relativo grado di giudizio è divenuto preminente e preliminare onere della parte, quand’anche non correttamente indicata contumace, rispettare il termine per fare valere il conseguente vizio mediante il dispiegamento di un tempestivo mezzo di impugnazione (Cass. n. 2113/2012);

che, pertanto, essendo decorsi più di trenta giorni tra la notifica della sentenza del tribunale alla parte indicata come contumace in quel grado e la notifica dell’atto d’appello, quest’ultimo è inammissibile;

che la sentenza va cassata senza rinvio;

che resta assorbito l’esame degli ulteriori motivi:

– del secondo motivo con cui si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c., nonchè l’omessa pronuncia sull’eccezione di giudicato esterno in rapporto all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

– del terzo motivo, con cui si eccepisce, ai sensi dell’art. 2909 c.c., l’esistenza di un giudicato esterno con riferimento a ulteriori pronunce rese dal tribunale di Napoli, sez. dist. di Marano, e dal Giudice di pace di Napoli;

– del quarto motivo, con cui i ricorrenti si dolgono dell’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, della violazione dell’art. 115 c.p.c. e art. 2909 c.c e dell’errata valutazione delle prove agli atti;

– che le spese del giudizio d’appello e di quello di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

PQM

 

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, e cassa senza rinvio la pronuncia impugnata. Condanna il controricorrente al rimborso delle spese processuali d’appello, che si liquidano in complessivi Euro 2700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge, e del presente giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi Euro 2900,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali nella misura del 15% e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 11 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2017

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