Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21653 del 26/10/2016
Cassazione civile sez. VI, 26/10/2016, (ud. 22/04/2016, dep. 26/10/2016), n.21653
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1361/2015 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
S.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELL’IMBRECCIATO 95, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA
CICCONETTI, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE
SANGIOVANNI, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA del 17/06/2013,
depositato il 22/05/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
22/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto del 22.05.2014 la Corte d’appello di Roma ha accolto la domanda proposta da S.F. intesa ad ottenere l’equa riparazione del danno non patrimoniale conseguente alla durata non ragionevole di un procedimento penale, promosso nei confronti di R.C. e R.A. per usura aggravata di cui egli era persona offesa, processo pendente innanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, definito con sentenza di prescrizione del reato del 3.6.2009, passata in giudicato il 23.7.2009, durato complessivamente dieci anni (dal luglio 1998 al 3.6.2009), commisurato l’indennizzo in Euro 7.200,00 (pari ad Euro 1.200,00 per anno), per il periodo di durata irragionevole del giudizio presupposto di sei anni.
Per la cassazione di tale decreto il Ministero della giustizia ha proposto ricorso, affidato ad unico motivo, cui resiste l’intimato con controricorso.
In prossimità della pubblica udienza l’Amministrazione ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata.
Con l’unico motivo di ricorso l’Amministrazione denuncia violazione e
falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4, per avere la corte di merito ritenuto di fare applicazione in materia di equa riparazione della sospensione dei termini per il periodo feriale al termine decadenziale ivi previsto per la proposizione della domanda, pur trattandosi di termine sostanziale e non già processuale.
Il ricorso è infondato.
La giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di affermare e di ribadire che poichè fra i termini per i quali la L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, prevede la sospensione nel periodo feriale vanno ricomprasi non solo i termini inerenti alle fasi successive all’introduzione del processo, ma anche il termine entro il quale il processo stesso deve essere instaurato, allorchè l’azione in giudizio rappresenti, per il titolare del diritto, l’unico rimedio per fare valere il diritto stesso, e ciò in applicazione dei dieta della Corte delle leggi (sentenze n. 40 del 1985, n. 255 del 1987, n. 49 del 1990 e n. 380 del 1992), detta sospensione si applica anche al termine di sei mesi previsto dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, per la proposizione della domanda di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo (Cass. n. 5895 del 2009; conforme, Cass. n. 2153 del 2010; di recente, Cass. n. 5423 del 2016).
Nè giova sul punto la decisione delle Sezioni Unite di questa Corte n. 16783 del 2012, invocata dall’Amministrazione ricorrente, la quale ha affrontato la diversa questione della soggezione del diritto all’equo indennizzo per la durata irragionevole di un processo, ai sensi della L. n. 89 del 2001, alla prescrizione ordinaria ex art. 2946 c.c..
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del Ministero ricorrente, in applicazione del principio della soccombenza, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, come liquidate in dispositivo. Non si deve, infine, far luogo alla dichiarazione di cui al T.U. unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, risultando dagli atti del giudizio che il procedimento in esame è considerato esente dal pagamento del contributo unificato, oltre a trattarsi di ipotesi d’impugnazione della amministrazione pubblica (cfr., Cass. SS.UU. n. 9938 del 2014).
PQM
La Corte, rigetta il ricorso;
condanna l’Amministrazione ricorrente alla rifusione in favore del S. delle spese processuali del giudizio di Cassazione che liquida in complessi Euro 600,00, oltre alle spese forfettarie e agli accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 22 aprile 2016.
Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2016