Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21652 del 26/10/2016

Cassazione civile sez. VI, 26/10/2016, (ud. 22/04/2016, dep. 26/10/2016), n.21652

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 834/2015 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

e contro

L.M.;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA del 10/06/2013,

depositato il 15/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto del 15.05.2014 la Corte d’appello di Roma ha accolto la domanda proposta da L.M. intesa ad ottenere l’equa riparazione del danno non patrimoniale conseguente alla durata non ragionevole di un giudizio introdotto dinanzi al Giudice di pace di Benevento e poi avanti al Tribunale di Benevento, di cui egli era stato parte, durato complessivamente sette anni e sei mesi (dal 24.09.1999 al 16.04.2007), commisurato l’indennizzo in Euro 2.250,00 per il periodo di durata irragionevole del giudizio presupposto di tre anni.

Per la cassazione di tale decreto il Ministero della giustizia ha proposto ricorso, affidato a due motivi.

In sede di legittimità l’intimato L. non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata.

Con il primo motivo di ricorso, l’Amministrazione denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e della L. n. 89 del 2001, art. 4, per avere la corte di merito superato l’eccezione di decadenza dall’azione sollevata dal Ministero facendo erronea applicazione dei principi di diritto. In particolare, essendo stato il giudizio presupposto definito con sentenza del 16.04.2007, il termine per proporre ricorso per cassazione scadeva il 03.06.2008 (un anno e 45 giorni), termine dal quale avrebbe dovuto essere computato quello semestrale per la proposizione del ricorso di equa riparazione, che pur conteggiando la sospensione feriale, sarebbe maturato il 19.1.2009, mentre la domanda era stata introdotta solo nel gennaio 2010. In altri termini, la corte distrettuale non avrebbe tenuto in alcun conto la data di deposito del ricorso.

La censura è fondata.

La L. n. 89 del 2001, art. 4, disciplina termini e condizioni di proponibilità della domanda diretta ad ottenere l’equa riparazione in riferimento alla durata irragionevole di un giudizio, stabilendo, nel testo ratione temporis applicabile, che “può essere proposta durante la pendenza del procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata, ovvero, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione, che conclude il medesimo procedimento, è divenuta definitiva”, espressione coincidente con quella utilizzata dall’art. 35, par. 1 Convenzione EDU.

Secondo la consolidata opinione di questa Corte, alla quale si ritiene di dare piena adesione nel presente caso, per “definitività” della decisione concludente il procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata, la quale segna il “dies a quo” del termine di decadenza di sei mesi per la proponibilità della domanda, s’intende il momento in cui si consegue il fine al quale il singolo procedimento è deputato, ovvero, in relazione al giudizio di cognizione, il passaggio in giudicato della sentenza che lo definisce, e, cioè, a quella finale che, come tale, è in linea di principio immutabile non appena viene ad esistenza, non essendo ulteriormente impugnabile (salvo che in alcune ipotesi tassativamente previste), con la conseguenza che, con riguardo alla domanda di equa riparazione per la eccessiva durata di un procedimento di cognizione ordinario civile (anche per la fase di appello), il predetto termine decorre dalla data di passaggio in giudicato della sentenza che lo definisce (Cass. n. 5212 del 2007; n. 21723 del 2005).

Si deve, quindi, ritenere che, dovendo considerare la fase del processo di cognizione, per la quale può parlarsi di irragionevole durata, sia dal passaggio in giudicato della sentenza che detto procedimento ha definito che si debba calcolare il periodo di sei mesi utile alla proposizione del ricorso per equa riparazione, allora nel caso di specie il giudizio espresso dalla Corte territoriale è erroneo per non avere considerato che la data di pubblicazione della sentenza era il 16 aprile 2007, seppure così declamato nella prima parte del decreto (v. pag. 1 del provvedimento).

Prendendo in considerazione l’esatto dies a quo è agevole rendersi conto che la domanda di equa riparazione in questione poteva essere proposta sino al 20 gennaio 2009 e, pertanto, essendo stata depositata solo nel 2010 risulta intempestiva.

Resta assorbita l’ulteriore censura formulata in via subordinata, avente ad oggetto il computo del termine decadenziale in questione senza l’applicazione della sospensione del periodo feriale al termine.

Dunque, alla luce delle considerazioni sopra svolte, il primo motivo di ricorso va accolto, assorbito il secondo, ed il decreto impugnato deve essere cassato, norma dell’art. 382 c.p.c., poichè la causa non poteva essere proposta in difetto di una condizione dell’azione, con inefficacia assoluta dell’intero processo, la cassazione è senza rinvio.

Provvedendo in ordine alle spese anche di tutti i precedenti giudizi (art. 385 c.p.c., comma 2), la Corte ne dispone la liquidazione secondo il principio della soccombenza.

PQM

La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo;

cassa senza rinvio il decreto impugnato, dichiarando improponibile il ricorso di equa riparazione;

condanna il controricorrente alla rifusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio, che liquida in Euro 600,00, oltre a spese prenotate e prenotande a debito, per il merito, ed in Euro 500,00, oltre a spese prenotate e prenotande a debito, per la legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 22 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2016

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