Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21652 del 19/09/2017


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Cassazione civile, sez. II, 19/09/2017, (ud. 07/07/2017, dep.19/09/2017),  n. 21652

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20593/2013 proposto da:

G.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

VATICANO 70 presso lo studio dell’avvocato MARIA IANNELLA,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANNA LAINO giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

G.P.S.R.;

– intimato –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di LAGONEGRO, depositata il

1/7/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/07/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO

A seguito del decesso di G.F., che con testamento olografo aveva istituto eredi i figli S., R. e P.S.R., attribuendo determinati beni immobili ai nipoti G.F. e M.F., G.P.S.R. accettava con beneficio di inventario l’eredità paterna, dando vita alla procedura di volontaria giurisdizione iscritta al n. 170/2011 VG del Tribunale di Lagonegro.

Nel corso della procedura il cancelliere incaricato dal Tribunale provvedeva alla nomina di un CTU al fine di quantificare e stimare i beni caduti in successione anche per quanto concerne i beni immobili.

L’ausiliario non si limitava alla sola stima dei beni, ma previa riunione del relictum a quanto donato in vita dal de cuius, rendeva delle conclusioni nelle quali sosteneva che vi fosse stata lesione della quota di riserva dell’erede accettante con beneficio di inventario, il tutto senza che mai gli altri chiamati all’eredità avessero preso parte alle operazioni peritali.

Il decreto di liquidazione dei compensi dovuti al consulente depositato in data 4/6/2012 era oggetto di richiesta di modifica da parte dell’accettante, il quale adduceva l’assenza di redditi, sicchè il Tribunale di Lagonegro, a modifica del precedente provvedimento, poneva i compensi liquidati a carico degli altri coeredi.

G.S. proponeva ricorso al Tribunale evidenziando la non necessarietà dell’attività di indagine svolta dal CTU, ed all’esito della comparizione delle parti, il giudice adito con ordinanza del 14/6/2013 rigettava il ricorso ritenendo che non fossero emersi elementi idonei a far ritenere meritevole di revoca o modifica quanto disposto con il provvedimento del 14/11/2012, che aveva posto i compensi a carico di tutti i coeredi.

Per la cassazione di tale provvedimento propone ricorso G.S. sulla base di quattro motivi.

L’intimato non ha svolto attività difensiva in questa fase.

Il primo motivo di ricorso denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 511 c.c., in quanto tale norma prevede che le spese per l’apposizione dei sigilli e per l’inventario e di ogni altro atto dipendente dall’accettazione con beneficio di inventario siano a carico dell’eredità, nel senso che le spese si debbano dedurre dall’attivo ereditario.

Nella fattispecie invece il provvedimento con il quale è stata modificata l’individuazione dei destinatari dell’obbligo di pagamento dell’ausiliario ha posto le spese a carico di tutti gli eredi, e non della massa ereditaria, tenendo poi immotivatamente al di fuori dell’obbligazione anche gli ulteriori chiamati e precisamente i nipoti del de cuius, sebbene beneficiati dal testatore.

Il secondo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 773 e 775 c.p.c., in quanto la procedura ha avuto delle finalità ben diverse da quelle che la norma assegna all’accettazione beneficiata.

In primo luogo le norme in oggetto limitano la possibilità di nomina di uno stimatore per la sola valutazione dei beni mobili e non anche degli immobili, come invece accaduto nella fattispecie e, quindi, poichè gli accertamenti svolti eccedono i limiti posti dalla legge, traducendosi in una vera e propria consulenza tecnica strumentale all’esperienda azione di riduzione da parte dell’accettante, l’onere delle relative spese andava posto solo a carico del richiedente.

Inoltre la CTU sarebbe anche affetta da nullità in quanto svoltasi senza la regolare instaurazione del contraddittorio con gli altri chiamati all’eredità.

Il terzo motivo denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 771 e 772 c.c., in quanto, nonostante la norma preveda che abbiano il diritto di assistere all’inventario gli eredi legittimi e presunti e gli eredi istituiti, non è stata data al ricorrente alcuna comunicazione preventiva ai sensi dell’art. 772 c.c..

Il quarto motivo denunzia poi la carenza assoluta di motivazione in quanto la decisione del Tribunale di confermare l’estensione del pagamento a tutti gli eredi non esterna alcuna ragione logico-giuridica a sostegno di tale conclusione, determinando quindi la nullità della pronuncia per la violazione dell’art. 132 c.p.c..

Il ricorso è inammissibile.

Come emerge infatti dalla stessa prospettazione dei fatti di causa operata da parte ricorrente, la decisione gravata non risulta essere stata adottata all’esito di una richiesta di opposizione formulata del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170, ma, come confermato anche dalla stessa intestazione del provvedimento in esame, in risposta ad un’istanza di revoca rivolta dal ricorrente allo stesso Tribunale di Lagonegro, in composizione monocratica, quale giudice addetto alla volontaria giurisdizione in materia successoria.

In tal senso depone anche il tenore della decisione, nella parte in cui nel confermare che le spese andavano poste a carico di tutti gli eredi, assumeva che le deduzioni di parte ricorrente non erano tali da far ritenere revocabile e/o modificabile il precedente provvedimento reso dallo stesso Tribunale in data 14/11/2012.

D’altronde sono le stesse doglianze del ricorrente, così come riproposte nei vari motivi di ricorso, a deporre per la non riconducibilità della decisione impugnata ad una statuizione adottata in sede di opposizione ex art. 170 citato.

Alla luce di tale considerazione si palesa quindi come le censure di cui al secondo ed al terzo motivo di ricorso in quanto mirano a contestare l’utilità dell’indagine peritale in rapporto alle finalità della procedura di accettazione con beneficio di inventario, e specificamente di redazione dell’inventario, ovvero laddove denunziano violazioni formali del contraddittorio, propongono contestazioni che, oltre ad essere insuscettibili di denuncia con il rimedio dell’opposizione, avrebbero potuto essere oggetto di istanza di revoca o modifica al tribunale in composizione monocratica ed in sede di volontaria giurisdizione, essendo questa l’autorità giudiziaria chiamata a presiedere alle operazioni de quibus, a seguito della soppressione del pretore, residuando poi la possibilità, in caso di risposta negativa o non soddisfacente, di poter avanzare reclamo ex art. 739 c.p.c., non residuando quindi spazio per la ricorribilità in cassazione della decisione sfavorevole alla parte. Analogamente è a dirsi per la doglianza concernente la decisione di porre le spese a carico di tutti gli eredi.

Ed, invero, costituisce orientamento più volte riaffermato da questa Corte quello secondo cui (cfr. Cass. n. 1953/1976), con lo stabilire che le spese dell’apposizione dei sigilli, dell’inventario e di ogni altro atto dipendente dall’accettazione con beneficio d’inventario sono a carico dell’eredità, l’art. 511 c.c., detta per tali spese un regime particolare, prevalente su quello dell’art. 90 c.p.c., che rimane operante solo per quanto attiene all’onere dell’anticipazione (conf. Cass. n. 9648/2000).

Quanto alla contestazione in ordine alla correttezza dell’individuazione del soggetto tenuto, sia pure in via provvisoria, al pagamento delle spese della CTU, deve ricordarsi che secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 6766/2012), nell’escludere che la questione possa costituire oggetto di un motivo di opposizione del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170, si è precisato che quanto stabilito nel decreto di liquidazione ha appunto carattere interinale e provvisorio, in quanto destinato a venir meno con la sentenza emessa all’esito del giudizio.

Ancorchè nel caso in esame la decisione circa l’individuazione del soggetto tenuto in via definitiva a sostenere il carico delle spese non possa essere adottata con sentenza, ma con provvedimento del Tribunale in sede di volontaria giurisdizione, resta ferma l’impossibilità di dedurre come motivo di opposizione l’erroneità della scelta della parte tenuta a sostenere le spese. Ne deriva altresì come la questione non possa legittimare la proposizione del presente ricorso, così che non possono legittimare l’autonoma ricorribilità del provvedimento nè il primo nè il quarto motivo di ricorso (che appunto contesta la validità del provvedimento sotto il profilo del difetto assoluto di motivazione, proprio per quanto concerne la statuizione in merito all’individuazione dei soggetti destinatari dal lato passivo del decreto di liquidazione).

Invero, anche tale decisione del giudice monocratico, sebbene confermata a seguito dell’istanza di revoca o modifica avanzata dal ricorrente, poteva costituire oggetto di reclamo ai sensi dell’art. 739 c.p.c. (cfr. Cass. n. 6451/1992, secondo cui il decreto con il quale il pretore, in un procedimento per la redazione d’inventario – artt. 769 c.p.c. e segg. – provveda in ordine alla temporanea custodia di un appartamento e dei mobili in esso inventariati, disponendo la riconsegna delle chiavi dell’appartamento ad uno dei coeredi) trattandosi di provvedimento che ha natura di volontaria giurisdizione, e che, essendo privo, per il contenuto sostanziale e l’efficacia dei caratteri della decisorietà e della definitività, è insuscettibile di passare in cosa giudicata e, essendo soggetto a reclamo, resta sottratto all’impugnazione in cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost..

In tal senso deve quindi affermarsi la non denunziabilità della pretesa erroneità o illegittimità della decisione de qua con il rimedio del ricorso ex art. 111 Cost., atteso che secondo la giurisprudenza di questa Corte – cfr. Cass. n. 922/2010 – i provvedimenti adottati dal giudice nel corso della procedura di inventario sono riconducibili alla giurisdizione volontaria, e quindi privi del carattere di decisorietà e inidonei a passare in giudicato, con la conseguenza che non sono impugnabili col ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. (conf. Cass. n. 10446/2002, nonchè Cass. n. 6997/1983, che detta analoga regola anche per il provvedimento emesso dal tribunale in sede di reclamo contro il decreto pretorile – oggi attribuito alla competenza del tribunale in composizione monocratica – che, nel caso di specie, a norma dell’art. 776 c.p.c., aveva nominato la persona alla quale consegnare le cose mobili inventariate, ribadendosi che, trattandosi di provvedimento di volontaria giurisdizione che non acquista autorità di cosa giudicata, può essere in ogni tempo revocato e modificato).

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Nulla a disporre quanto alle spese di lite non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

 

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2017

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