Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2165 del 25/01/2019
Cassazione civile sez. trib., 25/01/2019, (ud. 23/10/2018, dep. 25/01/2019), n.2165
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 264-2011 proposto da:
C.I., elettivamente domiciliato in ROMA VIA MONTEBELLO 8,
presso lo STUDIO LEGALE ASSOCIATO CANELLI PARISI, rappresentato e
difeso dall’avvocato LUIGI TREMANTE;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, UFFICIO DI ROMA 3, in persona del Direttore
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI
12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende;
– controricorrente –
e contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, SEDE CENTRALE, MINISTERO ECONOMIA E FINANZE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 149/2010 della COMM. TRIB. REG. del Lazio,
depositata il 19 maggio 2010;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
23 ottobre 2018 dal Consigliere Dott. SALVATORE SAIJA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
La C.T.P. di Roma, con sentenza n. 83/31/09, accolse il ricorso proposto da C.I. avverso cartella di pagamento notificatagli da Gerit s.p.a., derivante da controllo automatizzato del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, e ciò non avendo l’Agenzia delle Entrate provveduto a inoltrare al contribuente la comunicazione preventiva (c.d. “avviso bonario”) di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5. Proposto appello dall’Ufficio, la C.T.R. di Roma, con sentenza del 19 maggio 2010, l’accolse, conseguentemente rigettando l’impugnazione della cartella.
C.I. ricorre ora per cassazione, sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso l’Agenzia.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 – Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, nonchè dell’art. 102 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Il ricorrente lamenta la nullità della sentenza per essere stata pronunciata senza che la C.T.R. integrasse il contraddittorio nei confrcnti dell’agente della riscossione, rimasto contumace in primo grado, ma non evocato nel giudizio d’appello dall’Agenzia, benchè parte necessaria.
1.2 – Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis e della L. n. 212 del 2000, art. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si censura la decisione impugnata per aver ritenuto non necessaria la comunicazione dell’avviso bonario” di cui al St. Contr., art. 6, comma 5, anche in caso di controllo automatizzato, così impedendo ad esso ricorrente di eventualmente interloquire con l’Ufficio a fronte dei pagamenti parziali da lui eseguiti e degli errori nella dichiarazione dei redditi presentata.
1.3 – Col terzo motivo, si lamenta insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si censura la decisione impugnata per non aver adeguatamente motivato in ordine alla prova dell’invio dell'”avviso bonario” da parte dell’Agenzia.
1.4 – Col quarto motivo, infine, si denuncia la nullità della sentenza impugnata per ultrapetizione e per omessa motivazione sulla eccezione di difetto di legittimazione a contraddire da parte dell’Agenzia delle Entrate, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5. Il ricorrente si duole del fatto che il giudice d’appello ha proceduto all’esame di questioni inerenti ai denunciati vizi formali della cartella, che però non potevano essere esaminate in assenza dell’unico soggetto legittimato a contraddire, appunto l’agente della riscossione.
2.1 – Il primo motivo e il quarto motivo, da esaminarsi congiuntamente stante l’evidente connessione, sono fondati.
Risulta infatti sia dal ricorso, che dalla sentenza impugnata, che il C. impugnò la cartella non solo per questioni sostanziali, ma anche per vizi propri, evocando in giudizio l’ente impositore e l’agente della riscossione. Accolto il ricorso dalla C.T.P., l’Agenzia delle Entrate, però, notificò l’appello soltanto al contribuente, e non anche all’agente della riscossione, litisconsorte necessario (processuale), ma ciò in violazione del disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53,comma 2, (norma la cui violazione, nella sostanza, è pure denunciata).
Infatti, è stato al riguardo condivisibilmente affermato che “In tema di contenzioso tributario, in caso di litisconsorzio processuale, che determina l’inscindibilità delle cause anche ove non sussisterebbe il litisconsorzio necessario di natura sostanziale, l’omessa impugnazione della sentenza nei confronti di tutte le parti non determina l’inammissibilità del gravame, ma la necessità per il giudice d’ordinare l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., nei confronti della parte pretermessa, pena la nullità del procedimento di secondo grado e della sentenza che l’ha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità” (Cass. n. 10934/2015).
Peraltro, pur a fronte di pronunce che escludono la necessità di integrare il contraddittorio in talune ipotesi (v., ad es., Cass. n. 25588/2017; Cass., n. 24083/2014; Cass. n. 45/2014), nella specie la partecipazione dell’agente della riscossione al giudizio d’appello si rendeva necessaria, perchè, una volta accolto dalla C.T.R. il gravame dell’Agenzia sulla questione dell’avviso bonario” (e quindi, sul profilo sostanziale della pretesa tributaria), è riemersa la necessità di esaminare le doglianze per vizi propri della cartella, già sollevate dal ricorrente in primo grado, tanto è vero che esse sono state scrutinate nel merito dalla stessa C.T.R., seppur per disattenderle.
Pertanto, poichè la C.T.R. non ha disposto l’integrazione del contraddittorio, ex art. 331 c.p.c., la sentenza è inutiliter data.
3.1 – Il ricorso è quindi accolto, restando assorbiti restanti motivi. La sentenza impugnata va quindi cassata in relazione, con rinvio alla C.T.R. di Roma, in diversa composizione, che si atterrà al superiore principio e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
PQM
accoglie il primo e il quarto motivo, dichiara assorbiti i restanti.
Cassa in relazione e rinvia alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 23 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2019