Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21648 del 14/10/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 21648 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: ARIENZO ROSA

SENTENZA

sul ricorso 8474-2008 proposto da:
MASTRACOLA ELODIA C.F. MTRLDE39R55B873N, GUERRERA
LUIGI, GUERRERA VITTORIA, nella qualita’ di eredi di
Guerrera Domenico, domiciliati in ROMA, VIA S. ERASMO
19, presso lo studio dell’avvocato BOCCHINI DILETTA,
rappresentati e difesi dall’avvocato LANNI FABIO,
2014

giusta delega in atti;
– ricorrenti –

1502
contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, (C.F. 01165400589),

Data pubblicazione: 14/10/2014

in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE
144, presso lo studio degli avvocati LUCIANA ROMEO e
LETIZIA CRIPPA, che lo rappresentano e difendono
giusta procura speciale notarile in atti;
– resistente con procura –

avverso la sentenza n. 1416/2007 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 20/03/2007 r.g.n. 6503/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 29/04/2014 dal Consigliere Dott. ROSA
ARIENZO;
udito l’Avvocato CRIPPA LETIZIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso per
l’inammissibilità, in subordiene accoglimento secondo
motivo per quanto di ragione.

o

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 20.3.2007, in sede di rinvio dalla Cassazione, la Corte di appello di
Napoli, in riforma della decisione di primo grado impugnata, dichiarava il diritto di
Guerrera Domenico alla rendita per infortunio su lavoro, commisurata al 40% di invalidità,
dal 23.1.1990 al 17.4.2000, e condannava l’iNAIL al pagamento, in favore degli eredi del
predetto, dei corrispondenti ratei fino alla data del 17.4.2000, di decesso del dante causa,
giudizio, liquidate, per il primo grado, in complessivi euro 800,00, di cui 400,00 per onorari,
per quello di appello in complessivi euro 1000,00, di cui euro 500,00 per onorari, quanto al
giudizio di legittimità, in euro 1200,00, di cui 600,00 per onorari, e, quanto al giudizio di
rinvio, in euro 1200,00, di cui 600,00 per onorari, con attribuzione ai difensori antistatari.
Rilevava che l’infortunio sul lavoro era stato determinato dalla sforzo violento posto in
essere dal Guerrera nel tentativo di disincagliare il veicolo da lui condotto, sforzo che
doveva ritenersi idoneo a provocare il danno cardiaco effettivamente subito ed accertato la
notte successiva all’episodio e che, pertanto, dal punto di vista medico legale, aveva avuto
valenza concausale efficiente e predominante nell’insorgenza dello stato di insufficienza
coronarica che aveva determinato l’infarto del miocardio, trattato con triplice by pass.
Per la cassazione della decisione ricorrono Mastrocola Elodia e Guerrera Luigi, quali eredi
di Guerrera Domenico, affidando l’impugnazione a tre motivi.
L’INAIL si è costituito in giudizio, per la discussione, con procura speciale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, i ricorrenti deducono, ai sensi dell’ art. 360, nn. 3, 4 e 5, c.p.c., falsa
applicazione del dato normativo, contraddittorio e parziale esame delle risultanze
probatorie, nonché motivazione illogica e contraddetta dagli stessi elementi conseguiti,
falsa applicazione del d. Igs. 38/2000 e mancata applicazione dei principi, dei criteri e delle
tabelle di valutazione di cui al d.P.R. 1124/1965 per le invalidità conseguenti ad infortunio
sul lavoro, nella specie occorso il 23.1.1990,
Sostengono che dalle tabelle Luvoni — Mangili – Bernardi del 1990 era dato rilevare che la
invalidità permanente da infortunio sul lavoro, con riguardo ad eventi invalidanti come
quello verificatosi ai danni di Guerrera Domenico, era da valutare, da parte prima del Ctu
e, poi, del giudice del merito, che ne aveva recepito integralmente le conclusioni, in misura
i

con gli interessi legali dalla maturazione al soddisfo, nonché alla rifusione delle spese del

variabile dall’80% al 100% e che le tabelle di cui al d. lgs. 38/2000 non sono retroattive,
per cui la determinazione del grado di invalidità permanente doveva essere effettuata sulla
base dei criteri e dei principi di cui ai d.P.R. 1124/1965, che costituivano il parametro
normativo di un fatto avvenuto nel 1990, sotto la vigenza del d.P.R. del 1965 e dei criteri
posti a base delle tabelle allegate. Con quesito di diritto, domanda se, ad infortunio del
1990, sia applicabile il d.P.R. 1124/65, oppure il d. igs 38/2000 con le relative tabelle e se,
da111 80 al 100% giusta le tabelle applicabili, indipendentemente dalla data del decesso,
avvenuto il 17.4.2000.
Con il secondo motivo, gli eredi del Guerrera denunziano, ai sensi dell’ art. 360, nn. 3, 4 e
5, c.p.c., falsa applicazione del dato normativo, contraddittorio e parziale esame delle
risultanze probatorie, motivazione illogica e contraddetta dagli stessi elementi conseguiti,
mancato riconoscimento della rivalutazione monetaria per i ratei della rendita maturati dal
23.1.1990 in relazione a quanto spettante per l’infortunio sul lavoro come riconosciuto,
nonché falsa applicazione dell’ad. 442 c.p.c., della sentenza della Corte Costituzionale n.
156/91, della legge 412/91, art. 16, comma 6, e ss., rilevando che La Corte di appello di
Napoli ha riconosciuto la debenza degli interessi al tasso legale e non anche la
rivalutazione monetaria sui ratei della prestazione previdenziale, almeno fino al
31.12.1991.
Con il terzo motivo, lamentano falsa applicazione del dato normativo, contraddittorio e
parziale esame delle risultanze di causa, violazione dei minimi tariffari in relazione alle
spese e competenze legali, sostenendo che il giudicante sia incorso nella violazione dei
minimi di tariffa nella liquazione delle spese del giudizio, per tutti i gradi, e che l’onere di
specificazione delle voci per le quali vi sarebbe stata la violazione doveva ritenersi assolto
attraverso il richiamo alle singole notule, attestanti l’avvenuta violazione in sede di
quantificazione delle spese di lite.
Il ricorso è fondato nei limiti di quanto di seguito indicato.
Quanto al primo motivo, la doglianza prospettata con riguardo all’erronea applicazione
delle tabelle funzionali alla determinazione del grado di invalidità permanente conseguente
ad infortunio sul lavoro subito dall’assicurato il 22.1.1990 risulta formulata in maniera
inammissibile, perché non si indicano con precisione le valutazioni specifiche contenute
nelle tabelle applicabili, diverse da quelle prese a riferimento ed ugualmente da riportare
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in relazione all’infortunio de quo, il fatto sia da valutarsi con un incidenza permanente

nel presente ricorso, e non si richiama pertanto in modo adeguato il passaggio della
relazione del CTU specificamente censurato, al fine di consentire la verifica della asserita
erronea applicazione dei parametri stessi con riguardo al rilievo che i criteri di valutazione
presi a riferimento fossero quelli di cui alle tabelle allegate al d. lgs 38/2000.
Ed invero, in tema di ricorso per cassazione per vizio di motivazione, la parte che addebita
alla consulenza tecnica d’ufficio lacune di accertamento o errori di valutazione, oppure si
l’onere di trascrivere integralmente nel ricorso per cassazione almeno i passaggi salienti e
non condivisi e di riportare, poi, il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine
di evidenziare gli errori commessi dal giudice del merito nel limitarsi a recepirla e nel
trascurare completamente le critiche formulate in ordine agli accertamenti ed alle
conclusioni del consulente d’ufficio. Le critiche mosse alla consulenza ed alla sentenza
devono pertanto possedere un grado di specificità tale da consentire alla Corte di
legittimità di apprezzarne la decisività direttamente in base al ricorso (cfr. Cass. 13 giugno
2007 n. 13845). il giudice del merito non è tenuto ad esporre in modo puntuale le ragioni
della propria adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, potendo limitarsi ad
un mero richiamo di esse, soltanto nel caso in cui non siano mosse alla consulenza
precise censure, alle quali, pertanto, è tenuto a rispondere per non incorrere nel vizio di
motivazione. Tale vizio è però denunciabile, in sede di legittimità, solo attraverso una
indicazione specifica delle censure non esaminate dal medesimo giudice (e non già
tramite una critica diretta della consulenza stessa), censure che, a loro volta, devono
essere integralmente trascritte nel ricorso per cassazione al fine di consentire, su di esse,
la valutazione di decisività (cfr. in tali termini, Cass. 6 settembre 2007 n. 18688, nonché, in
senso conforme, Cass. 4 maggio 2009 n. 10222 e, da ultimo, Cass. 16 ottobre 2013 n.
23530).
Il secondo motivo è da accogliere.
Con riferimento ai crediti previdenziali e di lavoro maturati in epoca precedente all’entrata
in vigore delle leggi 30 dicembre 1991, n. 412 e 23 dicembre 1994, n. 724, che
introdussero per tali crediti il divieto di cumulo fra interessi e rivalutazione (divieto venuto
meno, peraltro, per i crediti di lavoro dei dipendenti privati, per effetto della sentenza della
Corte costituzionale n. 459 del 2000, che ha dichiarato illegittimo l’art. 22, comma 36, della
legge n. 724 del 1994, limitatamente all’estensione del divieto ai dipendenti privati in
attività di servizio e in quiescenza), gli interessi legali devono essere calcolati sul capitale
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duole di erronei apprezzamenti contenuti in essa (o nella sentenza che l’ha recepita), ha

s

rivalutato, con scadenza periodica dal momento dell’inadempimento fino a quello dei
soddisfacimento del creditore (cfr. da ultimo, Cass. 16 ottobre 2013 n. 2353, nonché, ex
multis, Cass. 8 giugno 2004, n. 10841, Cass. i marzo 2004 n. 4166, Cass. 8 agosto n.
12023). Ed invero, a detti crediti, ove maturati anteriormente al 1 gennaio 1992, non si
applica la norma di cui all’art. 16, comma sesto, della legge n. 412 del 1991, secondo la
quale l’importo dovuto a titolo di interessi va portato in detrazione dalle somme

cagionatogli dalla diminuzione di valore del credito, atteso che la norma richiamata,
eliminando l’indicizzazione dei crediti in questione, ha modificato un carattere peculiare dei
medesimi, quale risultava per effetto delle sentenze n. 156 del 1991 e n. 196 del 1993
della Corte Costituzionale, cosicché deve ritenersi che la nuova disciplina non si applichi in
-caso di mora relativa a ratei maturati entro la data del 31 dicembre 1991, ancorché la
mora stessa si protragga oltre tale data (cfr. Cass. 10841/2004 cit.). Non essendosi la
Corte d’appello di Napoli in sede di rinvio attenuta a tale principio ed essendo incorsa nella
violazione della disciplina dei crediti previdenziali, il motivo deve accogliersi e, cassata la
sentenza in relazione ad esso, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la
causa va decisa nel merito, disponendosi la condanna dell’INAIL al pagamento anche
della rivalutazione monetaria sui ratei della rendita maturati sino al 31.12.1991.
In ordine al terzo motivo di impugnazione, deve ritenersi che lo stesso rimanga assorbito
dall’accoglimento del secondo motivo. In materia di liquidazione delle spese giudiziali, il
giudice d’appello, mentre nei caso di rigetto del gravame non può, in mancanza di uno
specifico motivo di impugnazione, modificare la statuizione sulle spese processuali di
primo grado, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, è tenuto a
provvedere, anche d’ufficio, ad un nuovo regolamento di dette spese alla stregua dell’esito
complessivo della lite, atteso che, in base al principio di cui all’art. 336 cod. proc. civ., la
riforma della sentenza del primo giudice determina la caducazione del capo della
pronuncia che ha statuito sulle spese (cfr. Cass. 22.dicemre 2009 n. 26985, Cass.4 giugno
2007 n. 12963 e, da ultimo, Cass. 14 ottobre 2013 n. 23226). La statuizione nel merito,
adottata in questa sede ai sensi dell’art 384, rconinna, c.p.c., rende applicabile il principio
richiamato in relazione alle spese di tutti gradi di merito e del precedente giudizio di
legittimità, la cui liquidazione deve essere effettuata ex novo nel presente giudizio.
Pertanto, avuto riguardo alle note spese relative ai vari gradi del giudizio, al giudizio di
rinvio ed al primo giudizio di legittimità, riprodotte e riportate nel corpo dei presente ricorso,
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eventualmente spettanti al titolare della prestazione a titolo del maggior danno

tenuto conto della necessità di eliminare dall’elenco delle voci relative agli esborsi le
vacazioni richieste e tenuto conto, altresì, della natura della controversia, condanna l’INAIL
al pagamento delle spese relative a tutti i giudizi indicati, liquidate come da dispositivo e
con attribuzione al difensore dichiaratosi antistatario.
La soccombenza reciproca delle parti giustifica nei presente giudizio la compensazione tra

P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo ed assorbito
il terzo, cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito,
condanna l’INAIL al pagamento delle rivalutazione monetaria e degli interessi legali sulla
rendita in relazione ai ratei maturati sino al 31.12.1991 e condanna l’INAIL al pagamento
delle spese di lite di tutti i gradi del merito, del primo giudizio di legittimità e del giudizio di
rinvio, liquidate come segue: quanto al giudizio di rinvio, in euro 1542,69 per diritti ed in
euro 1485,00 per onorari, nonché euro 123,00 per esborsi; quanto al primo giudizio di
legittimità, in euro 2867,00 per compensi ed in euro 231,00 per esborsi; quanto al grado di
appello, in euro 686,00 per diritti, in euro 800,00 per onorari ed euro 20,00 per esborsi;
quanto al giudizio di primo grado, in euro 1160,05 per diritti, in euro 1215,00 per onorari,
ed euro 63,06 per esborsi, oltre a spese generali su diritti ed onorari per ciascun grado,
con attribuzione all’avv. Fabio Lanni.
Compensa le spese del presente giudizio di cassazione.
Così deciso in ROMA, il 29.4.2014

le stesse delle relative spese.

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