Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21644 del 05/09/2018

Cassazione civile sez. VI, 05/09/2018, (ud. 28/06/2018, dep. 05/09/2018), n.21644

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13554/2017 proposto da:

C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE LIEGI 5,

presso lo studio dell’avvocato MARIANGELA AUTOLITANO, rappresentato

e difeso dall’avvocato GIUSEPPE PELLEGRINO;

– ricorrente –

contro

ITALFONDIARIO SPA, nella sua qualità di procuratore speciale di

INTESA SAN PAOLO SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 2,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GRILLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 76/2016 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 19/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 28/06/2018 dal Consigliere Dott. MASSIMO FALABELLA;

dato atto che il Collegio ha autorizzato la redazione del

provvedimento in forma semplificata.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. C.R. prestava fideiussione in favore di C.R. per garantire l’apertura di credito su di un conto corrente da quest’ultimo acceso presso la Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania; in seguito egli prestava avallo con riferimento ad alcuni effetti cambiari rilasciati dallo stesso C.R. nei confronti della banca. Risultando C.R. inadempiente, l’istituto di credito intraprendeva una procedura esecutiva; l’11 aprile 1980, poi, il debitore principale e la creditrice, insieme ad altra banca, concludevano un accordo con cui, operata la ricognizione della posizione debitoria che qui interessa, C.R. acconsentiva all’iscrizione ipotecaria riguardo a vari immobili di sua proprietà: iscrizione attuata al fine di garantire la Cassa di Risparmio per il credito da questa vantato, oltre che per gli interessi per un triennio. Il giorno successivo la Cassa di Risparmio rinunciava alla procedura esecutiva.

2. – In seguito C.R. agiva in giudizio assumendo che con l’accordo sopra descritto risultava essersi attuata una novazione del credito e che, in conseguenza, le obbligazioni da lui garantite erano venute meno.

Il Tribunale di Reggio Calabria, in accoglimento della domanda proposta, dichiarava inefficaci le garanzie personali prestate dall’attore in favore dell’allora Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania.

3. – Castello Gestione Crediti s.p.a., quale mandataria di Intesa Gestone Crediti s.p.a. (che la controricorrente spiega, nel controricorso, essere stata poi incorporata da Banca Intesa s.p.a., successivamente denominata Intesa Sanpaolo s.p.a.), proponeva gravame contro tale pronuncia.

La Corte di appello di Reggio Calabria accoglieva l’impugnazione ritenendo, in sintesi, che con l'”atto di consenso per iscrizione di ipoteca” dell’11 aprile 1980 fosse stato posto in essere un mero riconoscimento del debito; escludeva, al contempo, la novazione, reputando non esservi stato alcun mutamento del titolo e dell’oggetto dell’obbligazione originaria; individuava, infine, un chiaro indice dell’assenza della volontà novativa nella mancata restituzione delle cambiali, che avrebbero dovuto essere restituire nel caso di estinzione del rapporto sottostante, e nella prosecuzione del procedimento esecutivo già avviato nei confronti di C.R. in forza dell’avallo da questi prestato.

4. – La sentenza, resa il 19 aprile 2016, è impugnata per cassazione dal medesimo C.R. sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso Intesa Sanpaolo, rappresentata in giudizio dal procuratore speciale Italfondiario s.p.a..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Deduce il ricorrente che le argomentazioni spese dalla Corte reggina erano nel complesso inidonee a rivelare la ratio decidendi della pronuncia impugnata.

Il motivo è palesemente infondato.

E’ appena il caso di rammentare che nella nuova formulazione dell’art. 360, n. 5, risultante dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54,convertito in L. n. 134 del 2012, è mancante ogni riferimento letterale alla “motivazione” della sentenza impugnata, con la conseguenza che è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054). Ebbene, la motivazione della sentenza impugnata dà conto in modo del tutto comprensibile delle ragioni poste a fondamento della decisione e tanto basta per escludere il vizio motivazionale lamentato.

2. – Il secondo mezzo prospetta una “carenza di legittimazione in capo all’appellante”. L’istante richiama l’art. 1705 c.c. e oppone che la qualità di mandataria che avrebbe ricoperto Castello Gestione Crediti ricomprendeva “solo le situazioni giuridiche sostanziali, e non processuali, dirette al soddisfacimento del credito”.

Il motivo è inammissibile.

Anzitutto il ricorrente non chiarisce a quale vizio, tra quelli enucleati dall’art. 360 c.p.c., debba essere ricondotta la censura oggetto del motivo in esame: si ricorda, in proposito, che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi (per tutte: Cass. 28 novembre 2014, n. 25332).

Inoltre, le deduzioni svolte appaiono di difficile comprensione, laddove i motivi posti a fondamento dell’invocata cassazione della decisione impugnata debbono avere i caratteri della specificità, della completezza, e della riferibilità alla decisione stessa: il che comporta l’esposizione di argomentazioni intelligibili ed esaurienti ad illustrazione delle dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero delle lamentate carenze di motivazione (Cass. 25 settembre 2009, n. 20652; Cass. 6 giugno 2006, n. 13259). Da ultimo, il motivo è del tutto carente di autosufficienza, in quanto, occupandosi del non meglio chiarito potere che farebbe, o non farebbe, capo a Castello Gestione Crediti, esso manca anche solo di richiamare gli atti o i documenti, rispettivamente depositati o prodotti nel corso del giudizio di merito, che avrebbero inerenza alla posizione processuale del detto soggetto.

Il terzo motivo censura la sentenza impugnata per violazione ed errata applicazione dell’art. 1231 c.c.. Con esso si rileva che la novazione va riguardata sia come effetto che come contratto tipico; l’istante si sofferma, poi, sul contenuto dell’accordo concluso, che qualifica novativo, e che avrebbe avuto ad oggetto la rinuncia del creditore all’esecuzione immobiliare previo riconoscimento del debito, per il quale era stata concessa la garanzia ipotecaria.

La censura risulta poco intellegibile nella sua articolazione e, comunque, non contrasta efficacemente la sentenza impugnata sul punto, decisivo, del ritenuto carattere meramente ricognitivo dell’atto che l’odierno ricorrente reputa, invece, novativo. A riguardo, la Corte di merito ha ben spiegato le ragioni del convincimento espresso al riguardo ed è vano, in questa sede, opporre al giudizio espresso nella sentenza di appello, che è fondato sull’esame delle risultanze di causa, una opposta opinione, giacchè l’accertamento di fatto del giudice distrettuale sfugge, con tutta evidenza, al sindacato di legittimità.

3. – Il ricorso è dunque rigettato.

4. – Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, secondo soccombenza.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 28 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2018

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