Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21642 del 08/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/10/2020, (ud. 21/07/2020, dep. 08/10/2020), n.21642

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2993-2019 proposto da:

K.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALDINIEVOLE,

11, presso lo studio dell’avvocato FERRARI MORANDI ESTER, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI CLEMENTINA, MASSA

MANUELA, CIACCI PATRIZIA;

– resistente –

avverso la sentenza n. 6104/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

l’11/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

K.S., con ricorso ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., agiva per il riconoscimento (recte per l’accertamento del requisito sanitario ai fini del riconoscimento) dell’indennità di accompagnamento e/o della pensione di inabilità, L. n. 118 del 1971, ex art. 12, e/o handicap grave; agiva, altresì, per il riconoscimento (recte per l’accertamento del requisito sanitario ai fini del riconoscimento) dell’assegno mensile di assistenza e/o dell’esenzione del ticket;

il c.t.u. officiato riteneva “la sussistenza di una invalidità al 75%” e non anche la sussistenza delle condizioni sanitarie per beneficiare della pensione di inabilità e dell’indennità di accompagnamento;

manifestato il proprio dissenso, il ricorrente proponeva ricorso ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., comma 6;

il Tribunale di Roma, con sentenza dell’11.7.2018, rigettava il ricorso e condannava la ricorrente alle spese di lite;

K.S. ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi;

l’I.N.P.S. ha depositato procura speciale in calce alla copia notificata del ricorso;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente censura la sentenza per violazione e falsa applicazione de gli artt. 132 e 149 c.p.c., in relazione all’omessa pronuncia sulla domanda di riconoscimento del diritto (recte: del requisito sanitario relativo) all’assegno di assistenza/esenzione parziale ticket sanitario a decorrere dalla revoca o da quella di giustizia, come riconosciuto dal consulente incaricato dell’accertamento tecnico preventivo;

il motivo è fondato;

va premesso che, come risulta dagli atti di causa, puntualmente trascritti nelle parti utili a reggere le censure, in sede di ricorso introduttivo del giudizio ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., comma 6, il ricorrente, contestando l’accertamento (pur parzialmente favorevole) ottenuto all’esito del procedimento di cui al medesimo art. 445 bis c.p.c., oltre a chiedere che fosse accertato il diritto all’indennità di accompagnamento e alla pensione di inabilità e/o all’handicap grave (recte che fosse accertata la condizione sanitaria per beneficiare delle prestazioni de quibus) dalla revoca dell’8.11.2016 o da quella ritenuta di giustizia (cfr. pag. 5 del ricorso per cassazione, con riferimento allo svolgimento del processo di opposizione), aveva richiesto che, in ogni caso, fosse “dichiara (to) il diritto (…) all’assegno di assistenza/esenzione parziale ticket sanitario, a decorrere dalla revoca (…) o da quella di giustizia (…) come già riconosciuto dal consulente medico legale del procedimento cautelare iscritto (…)”;

il Tribunale su tale ultima domanda, disattesa quella avanzata in via principale, non si è pronunciato, così incorrendo nel denunciato vizio di omissione di pronuncia, come già ritenuto da questa Corte (v. Cass. n. 8857 del 2017);

in più recenti arresti, resi in analoghe fattispecie, la Corte ha poi ulteriormente chiarito (Cass. n. 3377 del 2019; conforme, in motiv., Cass. n. 4304 del 2020) che al giudice della opposizione (id est: al giudice adito ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., comma 6) èrimesso l’accertamento della intera res controversa e non soltanto la cognizione delle ragioni di contestazione;

diversamente opinando, nei casi in cui i motivi di contestazione investono solo parzialmente la ctu, si determinerebbe l’assenza di ogni accertamento giudiziario sulla parte non contestata delle conclusioni del consulente dell’accertamento tecnico preventivo, stante la impossibilità di emettere un decreto di omologa (Cass. n. 3377 cit.), in contrasto, oltre che con la previsione testuale dell’art. 445 bis, con la finalità, deflattiva del contenzioso ed acceleratoria della durata dei processi, dichiarata dal D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 38, comma 1, (convertito con modificazioni dalla L. 15 luglio 2011, n. 111) a fondamento della introduzione dell’accertamento tecnico preventivo obbligatorio;

in definitiva, il giudice della opposizione ex art. 445 bis c.p.c., comma 6, non può limitare la sua pronunzia al rigetto dei motivi di opposizione ma è tenuto ad accertare nella sentenza definitiva del giudizio anche i fatti non contestati dalle parti;

il secondo motivo con cui, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., poichè relativo alla statuizione in merito alle spese, resta assorbito già dall’accoglimento del primo motivo;

con il terzo motivo è dedotto omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. L’omissione è riferita alla mancata valutazione delle osservazioni critiche formulate alla CTU;

il motivo è inammissibile;

in disparte il profilo di non specificità del motivo (la relazione tecnica è riportata per meri passaggi inidonei a soddisfare l’onere imposto dal combinato disposto dell’ art. 366 c.p.c., n. 6 e dell’art. 369 c.p.c., n. 4) le censure sono prospettate attraverso la deduzione di omesso esame di più fatti, nessuno dei quali quindi assunto di per sè con valenza decisiva, come invece necessario in base allo schema legale dell’art. 360 c.p.c., n. 5),nei termini delineati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 8053 del 2014;

con il quarto motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4; parte ricorrente assume una motivazione apparente per aver il Tribunale, nel prestare adesione totale alle conclusioni dell’ausiliario nominato in sede di accertamento tecnico preventivo, utilizzato espressioni di mero stile;

il motivo è infondato;

in linea generale, costituisce orientamento consolidato di questa Corte quello secondo cui affinchè sia integrato il vizio di mancanza o apparenza della motivazione – agli effetti di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4, occorre che la motivazione della sentenza manchi del tutto, vuoi nel senso grafico vuoi nel senso logico ovvero allorchè la motivazione, pur formalmente esistente, sia talmente contraddittoria da non permettere di riconoscerla come giustificazione del decisum;

evenienze queste non riscontrabili nel caso di specie. La motivazione della sentenza impugnata, rispetto alle censure formulate dalla parte ricorrente alla consulenza tecnica, si incentra, essenzialmente, sulla considerazione che le stesse (id est: le censure alla consulenza tecnica) altro non siano che mera riproposizione delle osservazioni trasmesse e già (esaurientemente) valutate dal consulente di ufficio; a fondamento del rigetto di una nuova indagine peritale, la Corte pone l’attenta valutazione di “tutta” la documentazione medica da parte dell’ausiliario e l’omessa deduzione di elementi aventi una rilevanza medico-legale tale da condurre ad un esito diverso del giudizio;

la soglia del “minimo costituzionale”, richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, è, dunque, rispettata; l’iter logico del ragionamento decisorio è comprensibile; al più può discutersi della sua plausibilità e condivisibilità ma non della sua esistenza;

conclusivamente, va accolto il primo motivo, rigettato il quarto, dichiarato inammissibile il terzo e assorbito il secondo;

la sentenza del Tribunale di Roma va cassata in accoglimento del motivo accolto e la causa rinviata ad altro giudice del Tribunale di Roma affinchè accerti il requisito sanitario in conformità ai principi di diritto sopra esposti; il giudice del rinvio provvederà, altresì, alla disciplina delle spese del presente grado.

P.Q.M.

La corte accoglie il primo motivo del ricorso, rigettato il quarto, dichiarato inammissibile il terzo e assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia – anche per le spese – ad altro giudice del Tribunale di Roma.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 21 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2020

 

 

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