Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21641 del 19/10/2011

Cassazione civile sez. I, 19/10/2011, (ud. 09/06/2011, dep. 19/10/2011), n.21641

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso n. 21457 dell’anno 2005 proposto da:

COMUNE PETRALIA SOPRANA, elettivamente domiciliato in Roma, Via Val

di Lanzo, n. 79, nello studio dell’Avv. Giuseppe Iacono Quarantino;

rappresentato e difeso dall’Avv. LUPO Francesco, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.T. – D.C., elettivamente domiciliati in

Roma, Via G. Nicotera, n. 29, nello studio dell’Avv. MENALLO

Francesco, che li rappresenta e difende, unitamente all’Avv. Nicola

Maria Alifano, giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

ASSESSORATO AI LAVORI PUBBLICI DELLA REGIONE SICILIA rappresentata e

difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, nei cui uffici in Roma,

via dei Portoghesi, 12, è per legge domiciliata;

– controricorrente –

e contro

IMPRESA COSTRUZIONI SIINO SRL, FALL. GE.CO.EN SPA, GIA’ FARINELLA

COSTRUZIONI SPA, IN PERSONA DEL CURATORE FAS (Farinella Siino)

s.c.r.l.;

– intimati –

nonchè sul ricorso n. 26384 del 2005 proposto in via incidentale da:

ASSESSORATO AI LAVORI PUBBLICI DELLA REGIONE SICILIA come sopra

rappresentato;

– ricorrente in via incidentale –

nei confronti di:

COMUNE PETRALIA SOPRANA, M.T. – D.C., IMPRESA

COSTRUZIONI SIINO SRL, FALL. GE.CO.EN SPA, GIA’ FARINELLA COSTRUZIONI

SPA, IN PERSONA DEL CURATORE FAS (Farinella Siino) s.c.r.l.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo, n. 372,

depositata in data 30 marzo 2005;

sentita la relazione all’udienza del 9 giugno 2011 del consigliere

Dott. Pietro Campanile;

udito l’Avv. Giuseppe Iacopo Quarantino, munito di delega, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso principale;

udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del Sostituto

Dott.ssa Immacolata Zeno, la quale ha concluso per l’accoglimento del

primo motivo del ricorso incidentale, assorbito il resto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – I Signori M.T. e D.C. convenivano davanti al Tribunale di Palermo il Comune di Petralia Soprana, l’Assessorato ai lavori pubblici della Regione Sicilia, nonchè le imprese di costruzioni Siino srl, Farinella Costruzioni spa, oggi GECOEN s.p.a., FAS scrl, per ottenere il rilascio di un proprio fondo e il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’occupazione dello stesso. Assumevano gli attori che, nell’ambito del progetto relativo alla realizzazione della strada di collegamento del (OMISSIS), i loro terreni siti in agro di (OMISSIS) erano stati occupati dall’Impresa appaltatrice, senza che entro il termine stabilito dalla L. n. 1 del 1978, art. 1, i lavori fossero iniziati. Conseguentemente chiedevano il rilascio dei fondi occupati e la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni.

1.1 – Il Tribunale di Palermo, con sentenza depositata in data 17 giugno 2000, affermava l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, e, quindi, l’illiceità dell’occupazione, ordinando a tutti i convenuti il rilascio del fondo e condannando il Comune e l’Assessorato, in solido, al pagamento in favore degli attori, a titolo di risarcimento del danno, della somma di L. 99.785.500, oltre agli interessi legali dal 6 novembre 1994 e al pagamento delle spese processuali.

1.2 – La Corte di appello di Palermo, con la sentenza indicata in epigrafe, pronunciando sull’appello principale proposto dal Comune di Petralia Soprana, nonchè sull’appello incidentale dell’Assessorato regionale ai lavori pubblici, ritenuto validamente proposto nei confronti del solo Comune, rigettava le eccezioni di legittimazione passiva dagli stessi sollevate, ricostruendo la vicenda nei seguenti termini.

In data 3 giugno 1991 il Sindaco del Comune di Petralia Soprana, in base a decreto dell’Assessorato regionale ai lavori pubblici, con il quale era stata finanziata e dichiarata la pubblica utilità dell’opera relativa alla realizzazione di una strada di collegamento alla SS (OMISSIS), in corrispondenza del bivio (OMISSIS), autorizzava lo stesso Comune ad occupare, per cinque anni, il fondo degli attori.

Successivamente all’immissione in possesso, avvenuta in data 11 luglio 1991, lo stesso assessorato disponeva la sospensione dei lavori, in quanto l’opera non era conforme allo strumento urbanistico del Comune di Petralia Soprana. Dopo tale sospensione, i lavori non erano ripresi, ragion per cui il fondo era rimasto modificato per effetto degli scavi e delle opere di sbancamento.

Sulla base di tali dati veniva affermata la responsabilità solidale del Comune e dell’Assessorato, per aver il primo adottato il provvedimento di occupazione ed eseguito i lavori di scavo senza verificare la compatibilità del tracciato della strada con il proprio strumento urbanistico, il secondo per aver proceduto alla dichiarazione di pubblica utilità ed avviato l’iter amministrativo pur in presenza delle evidenziate carenze. Sulla base di codeste emergenze si riteneva che non potesse attribuirsi la responsabilità in maniera in via prioritaria all’uno a all’altro dei soggetti responsabili, ragion gli stessi venivano ritenuti parimenti responsabili in relazione ai danni in questione.

Veniva, viceversa accolto il motivo di gravame secondo cui, essendosi disposto il ristoro del danno commisurandolo alle spese necessarie per la riduzione in pristino, la voce relativa alla perdita di valore del fondo non poteva ritenersi sussistente.

1.3 – Per la cassazione di tale decisione il Comune di Petralia Soprana propone ricorso, affidato a due motivi, ed illustrati da memoria.

Resistono con controricorso il M. e la D., nonchè l’Assessorato regionale ai lavori pubblici della Regione Sicilia, che propone ricorso incidentale, deducendo due motivi, illustrati da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2 – Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto proposti nei confronti della medesima decisione.

2.1 – Con il primo motivo del ricorso principale si deduce la nullità della decisione impugnata, per violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Si assume che, mentre la domanda proposta dai proprietari con atto di citazione notificato nell’ottobre del 1992 si sarebbe fondata sulla cessazione degli effetti della dichiarazione di pubblica utilità, per esser scaduti i termini per l’inizio dei lavori (circostanza posta alla base della stessa sentenza di primo grado, nella quale si sarebbe anche puntualizzata la tardività di un decreto di proroga emesso dall’Assessore ai lavori pubblici il 7 agosto 1991), nella decisione impugnata sarebbe stata posta alla base del giudizio di responsabilità del Comune una diversa causa petendi, ravvisata nell’ordine di sospensione dei lavori emesso circa un anno e mezzo dopo il provvedimento di occupazione di urgenza.

2.2 – Il motivo è infondato.

Dall’esame degli atti processuali, consentito dalla natura processuale del vizio denunciato, emerge che la questione dell’illegittimità dell’occupazione, affermata in primo grado sulla base della sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, non risulta specificamente censurata dal Comune, nè da altri, in sede di appello, sotto il profilo della violazione del principio contenuto nell’art. 112 c.p.c., per essersi rilevata, così modificandosi la causa petendi posta alla base della domanda dei proprietari, la tardività del decreto di occupazione.

Costituendo, quindi, l’illegittimità della occupazione il principale aspetto su cui si fondavano le doglianze dello stesso Comune appellante, la Corte territoriale, sulla base di tale dato ormai acquisito (del resto, un’eventuale violazione, da parte del Tribunale, dell’art. 112 c.p.c., che, com’è noto, si converte in motivo di impugnazione ai sensi dell’art. 116 c.p.c., non avrebbe potuto essere rilevata d’ufficio), ha esaminato la questione della titolarità passiva del rapporto sollevata dal Comune per aver “adottato il provvedimento di occupazione temporanea e posto materialmente in essere gli scavi e le opere di sbancamento”.

Per il vero, dalle deduzioni del Comune appellante, opportunamente trascritte, emerge che tale ente ebbe a censurare la sentenza di primo grado sotto il duplice profilo: a) dell’assenza di nesso causale fra il decreto di occupazione e i danni subiti dai proprietari del fondo; b) della tempestività del proprio decreto di occupazione.

Devesi osservare, quanto al primo aspetto, che esso attiene ai rapporti fra i soggetti ritenuti responsabili, e, implicando in ogni caso l’avvenuto accertamento dell’illegittimità dell’occupazione, rimane assorbito, come si dirà, dall’accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale.

Quanto all’aspetto relativo alla tempestività del decreto di occupazione, che implica, per certi versi, la disapplicazione del provvedimento di proroga 7 agosto 1991, devesi osservare che, non avendo la Corte di appello esaminato tali questioni, verrebbe a verificarsi, piuttosto che la dedotta violazione dei principi di cui agli artt. 112 e 345 c.p.c., un vizio di omessa pronuncia, come tale non censurato. Per altro, esso sarebbe del tutto privo di decisività, dal momento che la sentenza di primo grado aveva affermato l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, e quindi l’illegittimità del decreto di occupazione, in quanto intervenuto – al pari del provvedimento di proroga emesso dall’assessorato in data 7 agosto 1991 – quando il termine biennale indicato nel decreto di approvazione del progetto era ormai scaduto, mentre l’appello si fondava sulla vigenza del termine triennale previsto dalla L. n. 3 gennaio 1978, art. 1.

2.3 – Devesi a questo punto rilevare come assuma priorità sul piano logico-giuridico l’esame del ricorso proposto in via incidentale, con il quale si deduce, in primo luogo, violazione dell’art. 334 c.p.c., in relazione, all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.

Si sostiene che erroneamente la Corte d’appello avrebbe ritenuto ammissibile l’impugnazione incidentale proposta dall’Assessorato soltanto nei confronti dell’appellante principale, e quindi non avverso le parti non costituite, postulando, quanto a queste ultime, la notifica del relativo atto.

In realtà, si aggiunge, emergendo dalla stessa decisione impugnata che l’atto era stato notificato alle parti non costituite – giusta ordinanza collegiale del 14 giugno 2002 – il tema non riguardava l’ omessa notifica dell’impugnazione incidentale alle suddette parti non costituite, bensì la proponibilità nei confronti delle parti diverse dall’appellante principale dell’impugnazione incidentale tardiva.

2.4 – La censura è fondata.

Vale bene premettere che, secondo un orientamento consolidato di questa Corte, nel giudizio di risarcimento del danno, la controversia insorta tra più convenuti coobbligati in solido circa l’individuazione del soggetto responsabile in via esclusiva o prevalente dell’illecito dal quale l’attore assume di avere risentito ragione di danno, si configura, sul piano processuale, come causa dipendente dalla controversia concernente la definizione dei rapporti che legano detti condebitori solidali al creditore comune, e, come tale, assoggettata al regime della conservazione necessaria del litisconsorzio instaurato nella precedente fase di giudizio, in virtù di quanto stabilito dall’art. 331 cod. proc. civ., il cui ambito di applicazione non è circoscritto alle cause “inscindibili”, ma si estende anche a quelle “tra loro dipendenti” (Cass., Sez. Un., 3 marzo 2003, n. 3074; Cass., 23 settembre 2005, n. 18674; Cass. 16 novembre 2006, n. 24372; Cass., 10 ottobre 2007, n. 21132). In tali casi, pertanto, l’impugnazione incidentale tardiva della parte contro cui è stata proposta l’impugnazione può essere diretta anche contro persona diversa dall’impugnante principale (cfr 1 citata Cass. n. 3074 del 2003; Cass., 24 marzo 2003, n. 6524; Cass., 24 gennaio 2006, n. 1315).

D’altra parte, a prescindere dall’evidenziato rapporto di dipendenza fra le cause, non può omettersi di richiamare il recente orientamento di questa Corte secondo cui l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte che l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza: ne deriva che l’impugnazione incidentale è ammissibile, sia quando rivesta la forma della controimpugnazione rivolta contro il ricorrente principale, sia quando rivesta le forme della impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell’impugnazione principale, anche se fondata sugli stessi motivi fatti valere dal ricorrente principale, atteso che, anche nelle cause scindibili, il suddetto interesse sorge dall’impugnazione principale, la quale, se accolta, comporterebbe una modifica dell’assetto delle situazioni giuridiche originariamente accettate dal coobbligato solidale (Cass., Sez. Un., 27 novembre 2007, n. 24627).

2.5 – L’accoglimento di tale motivo, assorbente rispetto alle rimanenti censure, con esclusione, beninteso, del primo motivo del ricorso principale, comporta la cassazione dell’impugnata decisione, con rinvio alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione che, applicherà il principio testè indicato, provvedendo, altresì, al regolamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il primo motivo del ricorso principale ed accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, assorbiti gli altri, incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 9 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2011

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