Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21640 del 26/10/2016


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Cassazione civile sez. lav., 26/10/2016, (ud. 11/05/2016, dep. 26/10/2016), n.21640

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23597-2012 proposto da:

D.M., C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI BONINO, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

INDUSTRIA GRAFICA EUROSTAMPA S.P.A., (P.I. (OMISSIS)), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo studio dell’avvocato GERARDO

VESCI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati RUGGERO

(Ndr: testo originale non comprensibile), MARCO GUASCO, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 705/2012 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 16/07/2012 r.g.n. 859/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/05/2016 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito l’Avvocato VESCI LEONARDO per delega verbale VESCI GERARDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERNARDINO Paola, che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 16 luglio 2012, la Corte d’Appello di Torino, confermava la decisione del Tribunale di Mondovì di accoglimento dell’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto da D.M. nei confronti dell’opponente Industria Grafica Eurostampa S.p.A. in relazione al credito per differenze retributive con esso azionato, comprensivo dell’indennità sostitutiva della reintegrazione L. n. 300 del 1970, ex art. 18, comma 5, poi richiesta anche in via riconvenzionale dal lavoratore in sede di opposizione e rigettava integralmente la domanda del medesimo.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto estinto per intervenuto pagamento (salve le trattenute operate in relazione agli oneri fiscali e contributivi a carico del dipendente) il credito ingiunto con il precetto notificato alla Società, insussistente il credito vantato per le somme maturate successivamente al 30 aprile 2006 e comunque non fatta oggetto di gravame la statuizione di rigetto della relativa domanda di pagamento, non dovuta l’indennità sostitutiva della reintegrazione per essere stato il rapporto legittimamente risolto per motivi disciplinari, avendo D.M. opposto un immotivato rifiuto alla richiesta della Società di sottoporsi agli accertamenti sanitari di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, senza che il medesimo avesse tempestivamente formulato la relativa richiesta.

Per la cassazione di tale decisione ricorre D.M., affidando l’impugnazione a quattro motivi cui resiste, con controricorso la Società.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, denunciando il vizio di insufficiente motivazione, il ricorrente lamenta l’incongruità logica della pronunzia della Corte territoriale dichiarativa della legittimità della risoluzione del rapporto intimato al ricorrente in data 5.9.2006 per motivi disciplinari in ragione dell’inosservanza dell’obbligo di sottoporsi alla visita di idoneità richiesta dalla Società quale condizione della ripresa del servizio cui era tenuta per effetto dell’ordine di reintegra emanato a seguito della declaratoria di nullità del licenziamento intimatogli il 23.2.2004, per essere stata accertata in via definitiva, sempre nel precedente giudizio, l’insussistenza a carico del lavoratore di quell’obbligo ed in ogni caso non potendo il medesimo essere onerato dell’effettuazione della visita presso la struttura sanitaria prescelta dal datore, conseguendone l’irrilevanza dell’inadempimento imputatogli e dello stesso invito alla ripresa del servizio, inidoneo a costituire ottemperanza all’ordine di reintegrazione fonte degli effetti che la legge vi riconnette in termini di decadenza dalla facoltà di opzione per l’indennità sostitutiva della reintegrazione e della legittimazione alla risoluzione del rapporto da parte del datore, da ritenersi dunque non operanti nella specie. Il secondo motivo ripropone la medesima censura sotto il profilo della violazione di legge e, segnatamente, degli artt. 1206, 1175 e 1375 c.c., sostenendosi che l’aver posto l’illegittima richiesta di sottoposizione a visita quale condizione per la ripresa del servizio integri a carico della Società una situazione di mora credendi e, comunque, la violazione degli obblighi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto.

Il terzo motivo riconduce al vizio di omesso omessa o insufficiente motivazione il rilievo per il quale la Corte territoriale erroneamente avrebbe ritenuto non censurata la statuizione di prime cure di rigetto della domanda relativa alle differenze retributive maturate dal 30.4.2006 al 19.8.2006, per essere stata quella domanda espressamente ribadita nelle conclusioni dell’atto d’appello, implicando perciò la pronunzia sul punto.

Con il quarto motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, in relazione all’aver la Corte territoriale ritenuto l’obbligo alla reintegrazione, cui il datore è tenuto per ordine del giudice, suscettibile di essere sottoposto a condizione, per di più ammettendo che ad essa il datore possa dare un contenuto che lo stesso sarebbe libero di determinare (il riferimento è all’imposizione al lavoratore di sottoporsi a visita presso la struttura sanitaria da lui arbitrariamente prescelta), errore che, a dire del ricorrente, riverbera sul diritto in questa sede azionato, che, peraltro, andrebbe comunque riconosciuto almeno nei limiti delle differenze retributive maturate, per effetto dell’originario ordine di reintegrazione, per il periodo successivo al 30.4.2006, data cui faceva riferimento la quantificazione dell’analogo credito di cui al precetto, e fino al 19.8.2006, data di scadenza del termine per l’effettuazione dell’opzione in quanto successiva di 30 giorni a quella in cui, a volerlo considerare efficace, la Società aveva formulato l’invito alla ripresa del servizio.

I primi due motivi, che, in quanto strettamente connessi possono essere qui trattati congiuntamente, risultano infondati, dovendo ritenersi ineccepibile la pronunzia della Corte territoriale che ricollega la risoluzione del rapporto intercorso tra le parti alla mancata adesione del ricorrente all’invito alla ripresa del servizio conseguente all’ordine giudiziale di reintegrazione in precedenza emanato, al quale, a prescindere dalla legittimità o meno dell’invito medesimo, contestata dal ricorrente a motivo dell’essere stato questo condizionato all’effettuazione di una visita medica in un specifica struttura sanitaria arbitrariamente scelta dal datore, il ricorrente stesso avrebbe dovuto far fronte con la tempestiva comunicazione dell’opzione per l’indennità sostitutiva della reintegrazione, L. n. 300 del 1970, ex art. 18, comma 5, viceversa non effettuata e conseguentemente nega la spettanza della predetta indennità.

Il che determina l’assorbimento della questione relativa alla legittimità del recesso intimato a motivo della mancata ripresa del servizio, sollevata dal ricorrente con il quarto motivo.

Viceversa, inammissibile si rivela il terzo motivo risultando violato il principio di autosufficienza del ricorso, per non essere il mero richiamo operato dal ricorrente alle conclusioni rassegnate nell’atto d’appello idonee a dimostrare l’effettiva impugnazione in sede di gravame del capo della sentenza di prime cure di rigetto della domanda relativa al credito per differenze retributive azionato con il ricorso introduttivo del presente giudizio ulteriore rispetto a quello recato nel decreto ingiuntivo in precedenza ottenuto ed estinto con il pagamento da parte della Società.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 100,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2016

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