Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21638 del 19/09/2017


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Cassazione civile, sez. II, 19/09/2017, (ud. 14/06/2017, dep.19/09/2017),  n. 21638

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21400/2013 proposto da:

G.I., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

DELLA LIBERTA’ 20, presso lo studio dell’avvocato MAURO VAGLIO, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 16091/2012 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 09/08/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/06/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Il tribunale di Roma in composizione monocratica, adito su impugnazione di G.I. avverso pronuncia del giudice di pace di Roma concernente violazione delcodice della strada, con sentenza depositata il 09/08/2012 ha accolto l’appello avente a oggetto l’omissione di disposizioni sulle spese processuali e, in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato l’ente Roma capitale alla rifusione delle spese di detto grado all’uopo liquidate; ha compensato le spese del grado di appello.

1.1. Nell’esaminare l’appello, il giudice monocratico del tribunale ha considerato che “quanto alle spese del presente giudizio, la condotta processuale tenuta da parte appellata costituisce giusto motivo per disporne la compensazione”. La parte appellata, come risulta dalla sentenza, si era rimessa al giudicante ai fini della valutazione dell’appello.

2. – Avverso tale sentenza G.I. propone ricorso per cassazione su tre motivi. L’ente Roma capitale non svolge difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con i primi due motivi, rispettivamente in relazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, il ricorrente deduce sia violazione di legge sostanziale sia vizi motivazionali, sostenendo che non sia congruente la decisione di compensare le spese di secondo grado con le disposizioni degli artt. 91,92 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 2, art. 118 disp. att. c.p.c., comma 2, nonchè art. 111 Cost., che impongono limitate ipotesi di deroga al principio della soccombenza, che debbono formare oggetto di motivazione da parte del giudice; motivazione che non si rinverrebbe nel riferimento alla condotta della controparte.

2. Con il terzo motivo, la censura è reiterata dal punto di vista dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in riferimento all’art. 1 prot. n. 1 alla CEDU, al punto 31 del cap. 1 del Parere del CCJE del 17.11.2010 e al punto 15 della Magna carta dei giudici europei.

3. E’ fondata e va accolta la censura per insufficienza della motivazione di cui al secondo motivo, con assorbimento degli altri motivi. Invero, con riferimento al testo dell’art. 92 c.p.c., comma 2, sia anteriore sia posteriore alla riforma introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11, che ha imposto la ricorrenza di “gravi ed eccezionali ragioni” in luogo di “giusti motivi” (da indicarsi nella motivazione per i procedimenti posteriori al 1 marzo 2006) per la compensazione delle spese, va data continuità alla giurisprudenza di questa corte secondo cui la mera mancata opposizione alle ragioni della controparte non costituisce idoneo parametro motivazionale per l’esonero dal carico delle spese processuali al soccombente (v. Cass. n. 901 del 23/01/2012), posto che l’istante è stato comunque costretto ad adire il giudice per ottenere il riconoscimento del diritto (v. Cass. n. 23632 del 17/10/2013); a diversa conclusione potendosi arrivare, ad esempio, qualora detta non opposizione sia stata formulata o direttamente all’appellante prima dell’iscrizione a ruolo della causa (così eliminando la costrizione all’adizione della giustizia) o, previa costituzione, nella causa stessa; e ciò offrendo concretamente, nel primo caso, il ristoro del diritto ritenuto violato con la sentenza appellata (nel caso di specie, il pagamento delle spese di prime cure) e, nel secondo caso, anche degli oneri sostenuti per la proposizione del gravame (arg. a fortiori ex art. 91 c.p.c., comma 1, per i procedimenti retti dalla riforma di cui alla L. n. 69 del 2009).

4. Alla cassazione della sentenza non deve seguire rinvio, potendo questa corte, non essendo necessari accertamenti di fatto, pronunciare nel merito riconoscendo le spese del giudizio di appello (governate dalla tariffa forense del 2004, in relazione a sentenza resa il 9 agosto 2012) come in dispositivo.

5. Le spese anche del giudizio di cassazione, secondo i parametri vigenti, seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

PQM

 

La Corte accoglie il secondo motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e – pronunciando nel merito – condanna l’ente Roma capitale alla rifusione a favore della parte ricorrente delle spese processuali, che liquida, per il grado d’appello, in Euro 50 per esborsi, Euro 318 per diritti ed Euro 200 per onorari e, per il giudizio di legittimità, in Euro 200 per esborsi ed Euro 500 per compensi, oltre spese forfettarie rispettivamente nella misura del 12,5% e del 15% e accessori di legge, con attribuzione al difensore antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 14 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2017

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