Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21637 del 19/09/2017


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Cassazione civile, sez. II, 19/09/2017, (ud. 31/05/2017, dep.19/09/2017),  n. 21637

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9020/2013 proposto da:

B.A., (OMISSIS), domiciliato in ROMA, VIA CESIRA FIORI

studio dell’avvocato ORAZIO LICCIARDELLO, e difeso dall’avvocato

ANGELO CONVERTINI;

– ricorrente –

contro

B.L. (OMISSIS), B.G. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE TRASTEVERE 259, presso lo

studio dell’avvocato GAETANO PATTA, rappresentati e difesi

dall’avvocato ENRICO BARTOLINI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 403/2012 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 23/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

31/05/2017 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.A., premesso di aver acquisto unitamente alla moglie S.M. e al padre Ba.Gi. un terreno sito in (OMISSIS), mappali (OMISSIS), che detto terreno a seguito di frazionamento era stato assegnato a Ba.Gi., al padre, mentre a lui e alla moglie veniva assegnato il terreno di cui ai mappali (OMISSIS), ma poichè tale divisione era rimasta solo formale ed egli aveva mantenuto il possesso dei mappali (OMISSIS) esercitando sullo stesso tutti i diritti spettanti al proprietario, convocava in giudizio davanti al Tribunale di Mantova gli eredi di Ba.Gi. ( B.L. e G.) chiedendo che venisse accertato il suo acquisto per usucapione del terreno suddetto.

Si costituivano i convenuti, i quali contestavano la domanda dell’attore e assumevano che, pendente il giudizio di divisione ereditaria avente ad oggetto anche il terreno di cui si dice, lo stesso con sentenza del Tribunale di Mantova era stato assegnato loro in comproprietà, senza alcuna contestazione da parte di B.A.. Nel merito eccepivano la mancanza dell’animus possidendi ai fini di ritenere sussistente l’acquisto a titolo di usucapione.

Esperita la fase istruttoria il Tribunale di Mantova con sentenza n. 90 del 2006 rigettava la domanda e compensava le spese di lite. Secondo il Tribunale in base alla sentenza che aveva avuto ad oggetto la divisione ereditaria doveva ritenersi intervenuto il giudicato implicito sull’esistenza della comunione ereditaria tra essi eredi di Ba.Gi. in ordine al terreno oggetto del giudizio. Nel merito, il Tribunale rilevava l’assenza dei requisiti per l’eventuale acquisto per usucapione, dato che attesa la contitolarità del terreno in capo a tutti i coeredi per l’acquisto per usucapione sarebbe stato necessario un mutamento del titolo a possedere e non era sufficiente il fatto che A. aveva coltivato il terreno de qua personalmente ed esclusivamente perchè tale attività non era incompatibile con il compossesso degli altri coeredi.

La Corte di Appello di Brescia, pronunciandosi su appello di B.A., presenti in giudizio B.G. e L., con sentenza n. 403 del 2012 rigettava l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese giudiziali relative al secondo grado del giudizio. Secondo la Corte distrettuale, non essendo stato dimostrato che la sentenza relativa alla divisione ereditaria sia passata in giudicato, l’acquisto per usucapione da parte del B.A., andava escluso per ragioni di merito e cioè sia perchè risultando che B.A., nel giudizio di divisione, non aveva eccepito un acquisto per usucapione, il suo comportamento doveva intendersi quale rinuncia di avvalersi dell’acquisto per usucapione e soprattutto perchè B.A. non ha dimostrato di aver esercitato un possesso che rendeva impossibile il possesso degli altri coeredi.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da B.A. con ricorso affidato a due motivi: 1) per violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Secondo il ricorrente la Corte distrettuale avrebbe desunto, erroneamente, la rinuncia a far valere l’acquisto per usucapione del bene oggetto del giudizio, dal comportamento tenuto da B.A. nel giudizio di divisione ereditaria, non solo perchè quel giudizio è ancora pendente ma, soprattutto, perchè il comportamento tenuto in quel giudizio non era idoneo ad escludere il dedotto possesso ad usucapionem, dovendo considerare che B.A. non ha ritenuto di far valere in quel giudizio un’avvenuta usucapione perchè non era stata accertata e dichiarata giudizialmente, come sarebbe dovuto essere. 2) per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio. Secondo il ricorrente avrebbe errato la Corte distrettuale nel ritenere che nel caso in esame fosse necessaria una interversione nel titolo a possedere posto che anche il comproprietario che voglia usucapire al proprietà esclusiva dell’intero bene comune è necessario che eserciti sulla cosa comune un potere di fatto uti dominus in modo che lo stesso risulti incompatibile con la possibilità di un godimento comune.

B.L. e B.G. hanno resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

In via preliminare, il ricorso va dichiarato inammissibile perchè non contiene l’esposizione sommaria dei fatti di causa.

Giova osservare che è principio consolidato quello secondo cui “Il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è volto a garantire la regolare e completa instaurazione del contraddittorio e può ritenersi soddisfatto, senza necessità che esso dia luogo ad una premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi, laddove il contenuto del ricorso consenta al giudice di legittimità, in relazione ai motivi proposti, di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto dell’impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata” (Cass. sez. un. n. 11653 di) Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione avevano, d’altro canto, già osservato che “Il disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa, risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato” (Cass. sez. un. n. 2602 del 2003).

Nel caso in esame la constatazione che l’esplosione del fatto si risolve nelle deduzioni contenute nella pagina due del ricorso e manca del tutto l’esposizione, anche sommaria, del contenuto e dell’oggetto della domanda, delle ragioni svolte a sostegno ed in opposizione della stessa, delle ragioni della decisione parziale di prime cure, del tenore dell’appello delle stesse ragioni della pronuncia gravata (non essendo mendata la lacuna della modalità di esposizione nel corpo del motivo. (cfr. Cass. n. 16103 del 2016 e SU n. 11653 del 2006) impongono la declaratoria di inammissibilità.

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio che vengono liquidate con il dispositivo. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condanna i ricorrenti in solido a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 3.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali pari al 15% dei compensi ed accessori come per legge, dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile di questa Corte di Cassazione, il 31 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2017

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