Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21635 del 28/07/2021

Cassazione civile sez. II, 28/07/2021, (ud. 03/12/2020, dep. 28/07/2021), n.21635

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26055-2019 proposto da:

D.M., rappresentato e difeso dall’avvocato CLAUDINE PACITTI,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, PROCURATORE GENERALE CORTE SUPREMA

CASSAZIONE;

– intimati –

avverso il decreto di rigetto n. cronol. 6091/2019 del TRIBUNALE di

MILANO, depositato il 10/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/12/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

e’ stata impugnata da D.M., cittadino del Mali, il decreto n. 6091/2019 del Tribunale di Milano.

Il ricorso è fondato su un motivo e non è resistito con controricorso.

Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

L’odierna parte ricorrente formulava istanza, di cui in atti, alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento dello stato di rifugiato politico o di protezione sussidiaria o umanitaria.

La Commissione rigettava l’istanza.

L’odierno ricorrente impugnava, quindi, detto rigetto con ricorso innanzi al Tribunale di Milano.

Quest’ultimo respingeva l’impugnazione con il succitato provvedimento oggetto del ricorso in esame.

Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. con ordinanza in camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Con l’unico motivo di ricorso si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5″.

Viene, inoltre dedotta anche la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Il motivo non può essere accolto.

In ordine alla pretesa violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 deve osservarsi quanto segue.

Il vigente ordinamento processuale consente l’esperibilità del rimedio previsto dalla norma succitata esclusivamente quando non sia stato valutato uno specifico fatto, dato o documento, decisivo per il giudizio ed oggetto di contraddittorio, esclusa ogni possibilità di far valere eventuali mere carenze o insufficienze motivazionali.

Tanto alla stregua del noto e consolidato orientamento giurisprudenziale sorto a partire dalla nota pronuncia di Cass., S.U., Sent. 7 aprile 2014, n. 8053.

Orbene, nella fattispecie in esame, parte ricorrente – dopo una non breve e ripetuta citazione di precedenti giurisprudenziali, nulla dice con idonea specificità circa il fatto o atto o elemento in concreto non valutato da parte del provvedimento impugnato, fondato -peraltro – su non sintetica esposizione delle ragioni del decidere.

Con quelle ragioni parte ricorrente non si è confrontata.

Lo stesso preteso vizio di violazione di legge, allegato in assenza di specificazione delle norme sostanziali pretesamente violate, è svolto in base a generica esposizione.

Per di più ed in senso decisivo deve evidenziarsi che l’invocato “potere-dovere di indagine” genericamente invocato in ricorso è sostenuto sulla base di un generico “precetto di forte attenuazione del regime ordinatorio dell’onere della prova”.

Senonché, nella concreta ipotesi, non sussiste alcuna – pure inammissibilmente lamentata – violazione di legge o omessa motivazione.

In particolare nel ricorso viene del tutto, con citazioni e riferimenti generici, eluso l’insegnamento del più recente orientamento giurisprudenziale per cui “la domanda diretta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicché il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il Giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio” (Cass. n. ri 27336/2018 e 14621/2020).

Nella fattispecie nulla risulta aver, in concreto, allegato – quale fatto costitutivo – la parte ricorrente, così non potendo oggi invocare il detto principio istruttorio officioso.

Il motivo e’, quindi, non ammissibile.

2.- Deve, conseguentemente, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

3.- Nulla va statuito in relazione alle spese del giudizio stante il mancato svolgimento di attività difensiva ad opera della parte intimata.

4.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

LA CORTE

dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2021

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