Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21634 del 08/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/10/2020, (ud. 07/07/2020, dep. 08/10/2020), n.21634

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32514-2018 proposto da:

S.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTI DI

CRETA 53, presso lo studio dell’avvocato BILOTTA MARIA ASSUNTA,

rappresentato e difeso dall’avvocato MIGLIACCIO MARIA;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI

CLEMENTINA, MASSA MANUELA, CIACCI PATRIZIA;

– controricorrente

avverso la sentenza n. 5058/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

13/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

il Tribunale di Roma ha rigettato la domanda di S.L., proposta ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., comma 6, per l’accertamento del requisito sanitario relativo all’indennità di accompagnamento;

quanto alle spese, la Corte territoriale ha liquidato le stesse in base al principio di soccombenza, in quanto la condizione reddituale, pur invocata nelle conclusioni dell’atto introduttivo ai fini dell’esenzione dal pagamento delle spese medesime, non era documentata da alcuna autocertificazione ed “il richiamo effettuato dal difensore” non era a tale fine idoneo, dovendo la dichiarazione provenire dalla parte personalmente;

avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione S.L., affidato a due motivi;

ha depositato controricorso l’INPS;

è stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RILEVATO

che:

con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, è dedotta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c. per erronea applicazione del criterio della soccombenza;

il motivo è inammissibile;

deve premettersi che, secondo i principi di questa Corte, ai fini dell’esenzione dal pagamento di spese, competenze e onorari, nei giudizi per prestazioni previdenziali, la dichiarazione sostitutiva di certificazione delle condizioni reddituali, da inserire nelle conclusioni dell’atto introduttivo ex art. 152 disp. att. c.p.c., sostituito dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, conv. nella L. n. 326 del 2003, è inefficace “se non sottoscritta dalla parte, poichè a tale dichiarazione la norma connette un’assunzione di responsabilità non delegabile al difensore, stabilendo che “l’interessato” si impegna a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito” (v., ex multis, Cass. n. 22952 del 2016); la Corte ha, però, anche chiarito, che la disposizione (id est: l’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, conv. con modif. nella L. n. 326 del 2003), laddove fa carico alla parte ricorrente, che versi nelle condizioni reddituali per poter beneficiare dell’esonero degli oneri processuali in caso di soccombenza, di rendere apposita dichiarazione sostitutiva “nelle conclusioni dell’atto introduttivo” debba interpretarsi nel senso che della ricorrenza delle condizioni di esonero deve essere dato conto nell’atto introduttivo del giudizio, cosicchè va ritenuta “efficace la dichiarazione sostitutiva che, pur materialmente redatta su foglio separato, sia espressamente richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e ritualmente prodotta con il medesimo” (v., ex plurimis, Cass. n. 16616 del 2018);

nella fattispecie in esame, a fronte della esplicita statuizione di insussistenza delle condizioni per ottenere l’esonero delle spese processuali, parte ricorrente, per un verso, non ha trascritto, nell’odierno ricorso, nè le conclusioni dell’atto introduttivo del giudizio ex art. 445 bis c.p.c., onde verificare il rituale rinvio alla dichiarazione sostitutiva in atti, nè, tanto meno, ha riportato il contenuto integrale di quest’ultima dichiarazione; per altro verso, non ha specificamente dedotto che la condizione reddituale invocata nelle conclusioni fosse stata sottoscritta personalmente dalla parte;

è il caso di ribadire che, anche in presenza di errori di attività del giudice (quale sarebbe quello di specie, benchè denunciato sotto il profilo della violazione di legge anzichè sotto quello del error in procedendo), seppure la Corte di Cassazione sia giudice del fatto ed abbia il “potere-dovere” di esaminare direttamente gli atti di causa, è necessario che la parte ricorrente indichi puntualmente gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui si invoca il riesame e, quindi, è indispensabile che la censura presenti tutti i requisiti di ammissibilità e contenga, per il principio di specificità del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (ex plurimis, Cass., sez. un., n. 8077 del 2012; Cass. n. 896 del 2014);

con il secondo motivo è dedotta carenza, erroneità e illogicità della motivazione;

anche il secondo motivo è inammissibile;

come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. un., n. 19881 del 2014; Cass., sez. un., n. 8053 del 2014), e la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. del 2012, art. 54, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione; è pertanto denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un “error in procedendo” e comporta la nullità della sentenza solo nel caso di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”; non è, invece, più consentita la formulazione di censure per il vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione (Cass., sez. un., n. 14477 del 2015; ex multis, tra le sezioni semplici, Cass. n. 31543 del 2018);

è stato, anche, chiarito che di “motivazione apparente” o di “motivazione perplessa e incomprensibile” può parlarsi laddove essa non renda “percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talchè essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice” (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016);

nella fattispecie di causa, non è denunciata una situazione di anomalia motivazionale: a fondamento del decisum, il Tribunale ha richiamato il contenuto e le conclusioni della consulenza tecnica ed espresso adesione alla stessa attraverso un percorso argomentativo comprensibile; può discutersi della plausibilità e condivisibilità della motivazione ma non della sua esistenza;

le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, in difetto di dichiarazione ex art. 152 disp. att. c.p.c. ritualmente sottoscritta dalla parte, e si liquidano come da dispositivo;

deve, altresì, darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, se dovuto.

PQM

La corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 1.500,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori, come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso, nell’adunanza camerale, il 7 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2020

 

 

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