Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2163 del 01/02/2021

Cassazione civile sez. lav., 01/02/2021, (ud. 09/09/2020, dep. 01/02/2021), n.2163

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18931/2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNOLO;

– ricorrente –

contro

D.P.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 7/2015 del TRIBUNALE di VICENZA, depositata il

20/01/2015 R.G.N. 552/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/09/2020 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

con sentenza n. 7 del 20 gennaio 2015, il Tribunale di Vicenza ha accolto il ricorso, ex art. 442 c.p.c. e art. 445 bis c.p.c., comma 6, proposto da D.P.G. nei confronti dell’INPS al fine di ottenere il ripristino dell’indennità di accompagnamento che le era stata revocata sul presupposto di un miglioramento delle condizioni di salute;

a fondamento della decisione, il giudicante ha ritenuto infondata l’eccezione dell’INPS di inammissibilità del ricorso, intervenuto dopo l’omologa dell’accertamento tecnico preventivo conclusosi negativamente per l’istante senza che fosse mossa formale opposizione alle dette conclusioni pur avendo il giudice concesso, sin dalla data di conferimento dell’incarico, il relativo termine; il Tribunale, pur convenendo con l’INPS sulla mancanza di formale opposizione alle conclusioni della c.t.u. (non potendosi ritenere tale la nota di richiesta di chiarimenti rivolta al c.t.u.) ha ritenuto che l’omologa, legittimamente intervenuta sulla base di una c.t.u. che aveva escluso la sussistenza del requisito sanitario della indennità di accompagnamento, dovesse ritenersi di fatto inutiliter emessa, con la conseguenza che alla parte non potesse inibirsi il ricorso alla giustizia per far valere il diritto ritenuto leso; dunque, non condivisa la conclusione cui era giunto il c.t.u., ha ritenuto mai venuti meno i requisiti sanitari necessari al fine di fruire dell’indennità di accompagnamento e ne ha dichiarato il ripristino dalla data della revoca, con compensazione delle spese;

avverso tale sentenza, ricorre l’INPS sulla base di un unico motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 445 bis c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4,; in particolare, si denuncia che l’aver omesso la presentazione del dissenso entro il termine di trenta giorni aveva determinato la legittima omologazione della c.t.u., con conseguente inammissibilità del ricorso in opposizione, proposto ai sensi dell’art. 445 c.p.c., comma 6, essendo il decreto di omologa non impugnabile, nè modificabile;

D.P.G. è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

il motivo è fondato;

ad avviso dell’Istituto ricorrente la mancata formalizzazione del dissenso da parte dell’assistita nel termine di trenta giorni dal deposito della relazione del consulente, cui è seguita l’omologa della consulenza tecnica d’ufficio, renderebbe inammissibile la proposizione del ricorso di cui dell’art. 445 bis c.p.c., comma 6;

il ricorso è rivolto a sentenza, come emerge dalla stessa pronuncia impugnata, resa ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., comma 6, all’esito del procedimento per accertamento tecnico preventivo obbligatorio intrapreso dalla odierna intimata al fine di far riconoscere la permanenza dello stato di invalidità necessario ad ottenere l’indennità di accompagnamento che le era stata revocata;

a seguito della presentazione del ricorso per l’accertamento tecnico preventivo obbligatorio, il Tribunale già al momento del conferimento dell’incarico al c.t.u. (11 dicembre 2013) aveva assegnato termine per il deposito della perizia di 40 giorni ed aveva individuato il successivo termine (evidentemente per la formalizzazione di eventuale dissenso da parte degli interessati) del 19 marzo 2014;

a seguito del deposito tempestivo della relazione di c.t.u., l’istante, in data 14 marzo 2014, depositò osservazioni provenienti dal consulente di parte ma non formalizzò alcun atto di contestazione rispetto alle conclusioni della c.t.u., ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., comma 4, per cui venne pronunciato decreto di omologa in data 20 marzo 2014;

il successivo 14 aprile 2014, D.P.G. ha depositato il ricorso ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., comma 6, chiedendo l’accertamento delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa alla corresponsione dell’indennità di accompagnamento, spiegando di non aver formulato formale contestazione in ragione del fatto che il Tribunale non aveva fissato il termine con apposito decreto;

in sostanza, la vicenda processuale si caratterizza per la proposizione del ricorso previsto dell’art. 445 bis c.p.c., comma 6, in ipotesi in cui la parte non ha formulato espressa e formale contestazione alle conclusioni della c.t.u. ed il giudice ha emesso il decreto di omologa;

il decreto di omologa risulta, dunque, emesso in presenza dei relativi presupposti processuali (ivi compresa la concessione del termine per la formalizzazione della contestazione), nè risulta inficiato da discrasia tra il contenuto dell’omologa e le conclusioni del c.t.u., ipotesi nella quale dovrebbe darsi corso al procedimento di correzione materiale per emendare tale vizio;

esso non è, quindi, inutiliter dato, come sostiene la sentenza impugnata, solo perchè la parte istante, che non ha ottenuto l’accertamento auspicato, non ha osservato l’onere di formulare la contestazione; si è invece realizzata pienamente la previsione dell’art. 445 bis c.p.c., comma 5, con la conseguenza che lo stesso decreto non è impugnabile, nè modificabile;

la stabilità dell’accertamento realizza la finalità del procedimento che Corte Costituzionale n. 243 del 2014 ha indicato ” (…) a) nell’interesse generale alla riduzione del contenzioso assistenziale e previdenziale nelle ipotesi in cui il conseguimento della prestazione è subordinato all’accertamento del requisito sanitario; b) nel contenimento della durata dei processi in materia assistenziale e previdenziale in termini ragionevoli (infatti, il decreto di omologazione potrebbe chiudere il procedimento se l’ente previdenziale pagasse spontaneamente dopo aver verificato la sussistenza degli altri requisiti costitutivi del diritto fatto valere); c) nel conseguimento della certezza giuridica in ordine all’accertamento del requisito medico-sanitario”;

la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha confermato tali indicazioni ribadendo in molteplici occasioni (ex multis Cass. n. 12332 del 2015; Cass. n. 28459 del 2019; Cass. n. 19267 del 2019) che in assenza di contestazioni, viene emesso il decreto di omologa, espressamente definito non impugnabile giacchè il rimedio concesso a chi intenda precludere la ratifica delle conclusioni del consulente tecnico officiato nel giudizio sommario si colloca esclusivamente in un momento anteriore, ossia prima dell’omologa e nel termine fissato dal giudice per contestare la consulenza tecnica;

risulta, dunque, certamente incompatibile con tale esplicita previsione normativa e con la ratio del regime di stabilità dell’accertamento omologato la tesi sostenuta in sentenza, secondo la quale anche a fronte dell’avvenuta omologa per assenza di contestazione sia ammissibile il ricorso finalizzato a contestare le conclusioni del c.t.u.;

la sentenza impugnata va, dunque, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto da D.P.G.;

le spese dell’intero processo vanno compensate atteso che solo in epoca successiva alla proposizione del ricorso si è consolidata, nella giurisprudenza di questa Corte di cassazione, l’interpretazione delle disposizioni contenute nell’art. 445 bis c.p.c., applicate alla concreta fattispecie.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile il ricorso proposto da D.P.G.; dichiara compensate tra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2021

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