Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21626 del 22/08/2019

Cassazione civile sez. lav., 22/08/2019, (ud. 30/04/2019, dep. 22/08/2019), n.21626

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6849/2015 proposto da:

R.F., domiciliato ope legis presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dagli Avvocati STEFANO

PILO, FRANCESCO DESSANTI;

– ricorrente –

contro

A.GE.CO. S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

domiciliato ope legis presso la Cancelleria della Corte di

Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato VITTORIO PERRIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 224/2014 della CORTE D’APPELLO CAGLIARI – SEZ.

DIST. DI SASSARI, depositata il 20/08/2014 R.G.N. 205/2013.

Fatto

RILEVATO

che:

– con sentenza in data 20 agosto 2014, la Corte d’Appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, in riforma della decisione del giudice di primo grado, ha revocato il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Sassari, sul presupposto dell’intervenuta decadenza maturatasi per effetto della mancata produzione nel termine di rito, nel, giudizio di opposizione, della documentazione afferente al ricorso per decreto ingiuntivo;

– in particolare, la Corte d’appello ha ritenuto non esercitabile, trattandosi di rito del lavoro, il potere officioso di cui all’art. 421 c.p.c., ritenendo configurarsi due diverse fasi non riconducibili ad unità;

– per la cassazione della sentenza propone ricorso R.F., affidandolo ad un motivo diversamente articolato cui ha opposto difese l’intimata A.GE.CO. s.r.l..

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 416,421,345 e 645 c.p.c., allegandosi l’erronea determinazione del giudice di merito che ha ritenuto di non poter utilizzare per la decisione la documentazione prodotta dalla parte opposta – e allegata al ricorso per decreto ingiuntivo – in quanto tardivamente costituitasi;

– il motivo è fondato;

– per costante interpretazione di legittimità, (cfr., ex plurimis, Cass. n. 8693 del 04/04/2017) in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, in considerazione della mancanza di autonomia tra il procedimento che si apre con il deposito del ricorso monitorio e quello originato dall’opposizione ex art. 645 c.p.c., i documenti allegati al primo, rimasti a disposizione della controparte, agli effetti dell’art. 638 c.p.c., comma 3, ed esposti, pertanto, al contraddittorio tra le parti, benchè non prodotti nella fase di opposizione nel termine di legge, non possono essere considerati “nuovi”, talchè, ove depositati nel giudizio di appello, devono essere ritenuti ammissibili, non soggiacendo la loro produzione alla preclusione di cui l’art. 345 c.p.c., comma 3 (nel testo introdotto dalla L. n. 353 del 1990, art. 52);

– sul punto, già nel 2015, (SU, n. 4066 del 12/05/2015) le Sezioni Unite della Corte avevano affermato che la norma del codice fissa il principio generale per cui in appello non sono ammessi nuovi mezzi di prova e tale divieto vale anche per i documenti. Il giudice d’appello dovrà pertanto vagliare se i documenti che vengono allegati al ricorso oggetto del suo esame siano o meno “nuovi”;

– nondimeno, la formula ampia scelta dal legislatore induce a ritenere che i documenti devono essere nuovi rispetto all’intero processo: ciò significa che non devono essere mai stati prodotti in precedenza; una conferma di tale assunto la Corte la individua nell’inciso dell’art. 345 comma 3, in cui si ammette la possibilità di produrre documenti in appello qualora la parte dimostri di non averli potuti produrre nel giudizio di primo grado;

– deve pertanto ritenersi, secondo le Sezioni Unite, che, documenti prodotti in allegato alla richiesta di decreto ingiuntivo e rimasti a disposizione della controparte (quanto meno) sino alla scadenza del termine per proporre opposizione (in base a quanto disposto dall’art. 638 c.p.c., comma 3) e quindi esposti al contraddittorio delle parti, non possono essere qualificati nuovi nei successivi sviluppi del processo;

– in particolare, deve ritenersi che un’interpretazione restrittiva che escluda, in caso di giudizio di primo grado bifasico, documenti prodotti nella prima fase e non prodotti ex novo nell’opposizione, comporterebbe una modifica del contenuto della norma non consentita all’interprete;

– la soluzione imposta da una piana interpretazione letterale trova conferma sul piano teleologico e sistematico: sul primo in quanto il divieto di proporre prove nuove in appello mira a limitare a situazioni del tutto circoscritte, e idonee a giustificare il ritardo, la produzione di documenti sino a quel momento mai sottoposti al contraddittorio delle parti ed alla valutazione del giudice; sul piano sistematico, i principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata implicano, come sottolineano le Sezioni Unite, che le prove acquisite al processo lo siano in via definitiva;

– ciò vale anche per i documenti, una volta prodotti ed acquisiti ritualmente al processo, devono essere conservati alla cognizione del giudice;

– il principio, che può essere definito “di non dispersione della prova” una volta che questa sia stata acquisita al processo, implica, con specifico riferimento al procedimento per decreto ingiuntivo, che i documenti allegati al ricorso, in base ai quali sia stato emesso il decreto, devono rimanere nella sfera di cognizione del giudice anche nella, eventuale, fase di opposizione, che completa il giudizio di primo grado, in un’ottica funzionale alla ragionevole durata del processo;

– inconferente, in tale contesto, il richiamo alle preclusioni di cui all’art. 416 c.p.c., nell’ambito del processo del lavoro, nonchè ai poteri officiosi del giudice ex art. 421 c.p.c., atteso che, nel caso di specie, sì verte sulla produzione tardiva per effetto della ritardata costituzione – di documenti comunque già a disposizione del giudizio per effetto dell’avvenuto deposito in sede di ricorso per decreto ingiuntivo e già nel pieno contraddittorio, non rilevando, invece, le preclusioni tipiche del rito del lavoro che attengono ad altro aspetto;

– alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere accolto, la sentenza cassata e la causa rinviata allo stesso giudice, in diversa composizione, perchè provveda anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia come alla Corte d’Appello di Cagliari, in diversa composizione, anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 30 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 agosto 2019

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