Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21626 del 08/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/10/2020, (ud. 12/06/2020, dep. 08/10/2020), n.21626

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14471-2019 proposto da:

D.F.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

GIOVANNA COGO;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE SPA, (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso lo

studio dell’avvocato SALVATORE TRIFIRO’, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ANNA MARIA CORNA;

– controricorrente

avverso la sentenza n. 1583/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 06/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIA

ESPOSITO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’appello di Milano, in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione, determinava in tre mensilità la misura dell’indennità L. n. 183 del 2010, ex art. 32, spettante a D.M., dipendente di Poste Italiane s.p.a. in virtù di contratto a tempo determinato di cui era stata accertata l’illegittimità;

a fondamento della quantificazione risarcitoria la Corte osservava che tra le parti era intercorso un unico contratto a termine della durata inferiore a due mesi e che il lavoratore aveva ottenuto la declaratoria giudiziale di conversione in un arco temporale di soli 11 mesi;

avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il lavoratore sulla base di tre motivi;

Poste Italiane s.p.a. resiste con controricorso;

entrambe le parti hanno prodotto memorie;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata notificata alla parte costituita, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, e della L. n. 604 del 1966, art. 8, per avere la Corte d’appello determinato l’indennità utilizzando soltanto due dei cinque parametri previsti al riguardo dalla legge, pur essendo richiesta una valutazione complessiva della situazione dedotta in giudizio, che tenga anche conto del numero dell’organico aziendale;

con il secondo motivo deduce omesso esame di fatti decisivi e motivazione apparente, per avere trascurato, nella quantificazione dell’indennità risarcitoria, parametri previsti per legge e ulteriori rispetto a quelli considerati, pur essendo il giudice di merito tenuto a motivare circa le ragioni che l’hanno indotto a scegliere, a fondamento della decisione, alcuni criteri piuttosto che altri;

con il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 91,112,336 e 385 c.p.c., nonchè omesso esame di fatto decisivo in relazione alla richiesta di liquidazione delle spese dell’intero giudizio (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), rilevando che il giudice remittente aveva rinviato tale liquidazione al giudice del rinvio, assorbito il ricorso incidentale del lavoratore, mentre quest’ultimo si era limitato a liquidare le spese del giudizio di legittimità e di quello di rinvio;

il primo e il secondo motivo sono infondati, poichè gli elementi indicati a sostegno della determinazione dell’indennità (numero e durata dei contratti a termine, oltre alla durata del processo per ottenere l’accertamento dell’illegittimità del termine) sono congrui e sufficienti a giustificare l’entità della quantificazione, ben potendo il giudice di merito valorizzare solo alcuni dei parametri della L. n. 604 del 1966, art. 8, integrati dall’indicazione, come nella specie, di ulteriori circostanze, quali la durata del processo, e risultando il percorso motivazionale del tutto coerente, sì da smentire ogni rilievo di apparenza, intendendosi per motivazione apparente quella che, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento (Cass. S.U. n. 22232 del 03/11/2016);

il terzo motivo è fondato in forza del principio secondo cui “Il giudice del rinvio, al quale la causa sia rimessa dalla Corte di cassazione anche perchè decida sulle spese del giudizio di legittimità, è tenuto a provvedere sulle spese delle fasi di impugnazione, se rigetta l’appello, e su quelle dell’intero giudizio, se riforma la sentenza di primo grado, secondo il principio della soccombenza applicato all’esito globale del giudizio, piuttosto che ai diversi gradi dello stesso ed al loro risultato.(Cass. 13/6/2018 n. 15506, conforme Cass. n. 20289 del 09/10/2015);

in sede di rinvio, pertanto, la Corte d’appello, avendo riformato la sentenza di primo grado, avrebbe dovuto liquidare le spese dell’intero giudizio e non limitarsi alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità e di quello di rinvio.

in base alle svolte argomentazioni vanno rigettati i primi due motivi di ricorso e accolto il terzo, con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, affinchè, in applicazione del principio di diritto prima enunciato, provveda alla liquidazione delle spese dei gradi di merito in funzione dell’esito globale della lite, liquidando anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta i primi due motivi, accoglie il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2020

 

 

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