Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21623 del 23/10/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 21623 Anno 2015
Presidente: DI BLASI ANTONINO
Relatore: ZOSO liana maria teresa

SENTENZA

sul ricorso 13664-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro
ZANINI MARIA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA
OSLAVIA 28, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO
DENTE, rappresentata e difesa dall’avvocato MICHELE
GUARINO giusta delega in calce;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 23/10/2015

nonchè contro
ESATRI ESAZIONE TRIBUTI SPA;
– intimato

avverso la sentenza n. 67/2009 della
COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST.

di

BRESCIA,

depositata il

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 06/10/2015 dal Consigliere Dott.

Liana

Skria -Ceresa zoso ;
udito per il ricorrente l’Avvocato ROCCHITTA che si
riporta agli atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

24/03/2009;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La commissione tributaria provinciale di Brescia, con sentenza pronunciata il 2 febbraio 2005,
respingeva il ricorso proposto da Zanini Maria avverso la cartella di pagamento notificatale

sentenza confermativa della revoca del beneficio dell’agevolazione prevista in materia di imposta di
registro per l’acquisto della prima casa, passata in cosa giudicata in data 2 giugno 2001. La
ricorrente aveva sostenuto che la cartella di pagamento avrebbe dovuto essere emessa entro e non
oltre il termine annuale decorrente dalla data di passaggio in giudicato della sentenza, mentre l’atto
impugnato era stato notificato nel corso del 2003. La commissione tributaria regionale di Milano,
sezione distaccata di Brescia, facendo richiamo alla sentenza della corte di cassazione numero
13869 dell’il dicembre 1999, accoglieva l’appello della contribuente affermando che, in materia di
riscossione, deve trovare applicazione il d.p.r. 43/88 per qualsiasi tributo e non solo per l’Iva, dato
che la normativa che disciplina la procedura di riscossione coattiva mediante ruoli è unitaria e vale
non solo per le tasse e le imposte indirette ma anche per i tributi locali e per le altre entrate, di talché
non può trovare applicazione la norma di cui all’articolo 78 del d.p.r. 131/86 che prevede il termine
di prescrizione decennale. Avverso la sentenza della commissione tributaria regionale ricorre per
cassazione l’agenzia delle entrate con un unico motivo.
Resiste Zanini Maria depositando controricorso con cui formula, a sua volta, un quesito di diritto.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La ricorrente deduce violazione di legge in relazione all’art. 76 del dpr 131/1986, all’art. 17 del
d.pr. 602/1973, all’art. 1, comma 5 bis e 5 ter D.L. 106/2005, convertito in legge 156/2005, e all’art.
25 dpr 602/73. Il quesito di diritto formulato è il seguente: ” Dica la suprema corte se sia affetta da
vizio di violazione e falsa applicazione dell’articolo 76 del d.p.r. 131/1986 e dell’articolo 17 del
d.p.r. 602/1973, nonché dell’articolo], comma 5 bis e 5 ter del decreto-legge 106/2005 (convertito,
i

dall’Esatri a mezzo della quale le era stato ingiunto il pagamento di euro 18.775,19 a seguito di

con modificazioni, nella legge 31 luglio 2005, numero 156) e dell’articolo 25 del d.p.r. 602/1973,
in relazione all’articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., la sentenza con la quale il giudice
tributario in relazione a cartella esattoriale notificata nell’anno 2003 ed emessa, in materia di
imposta di registro a seguito dell’intervenuto passaggio in giudicato ( il 2 giugno 2001 ) della

dell’imposta e irrogazione delle sanzioni ( riferito all’anno 1996 e notificato nell’anno 1999), abbia
ritenuto che l’amministrazione non avesse rispettato il termine, originariamente previsto
dall’articolo 17 del dp.r. 602/1973, e dunque ha annullato la cartella esattoriale oggetto di
giudizio; la stessa commissione tributaria regionale, per contro, nella descritte pacifica situazione
di fatto, avrebbe dovuto ritenere applicabile esclusivamente il termine triennale di decadenza di cui
all’articolo 76 del d.p.r. 131/1986, decorrente dalla data di passaggio in giudicato della sentenza
che aveva respinto l’originario ricorso del contribuente avverso l’avviso a suo tempo notificatogli,
termine che, nel caso di specie, era stato pacificamente rispettato, e non assumendo alcun rilievo
quello, originariamente previsto dall’articolo 17 del d.p.r. numero 602/1973, per l’iscrizione a
ruolo delle somme dovute dal contribuente ( trattandosi di disposizione non riferibile all’imposta di
registro, la cui disciplina è dettata dal d.p.r. 131/1986 e, in ogni caso, in quanto la fattispecie
sarebbe semmai rientrata, ratione temporis, nell’ambito applicativo del decreto legge 17 giugno
2005 numero 206 che, nell’abrogare il citato articolo 17 del dp.r. 602/1973, ha delineato un
sistema in cui rileva unicamente, anche per gli anni precedenti, il rispetto del termine per la
notifica della cartella esattoriale, come stabilito per la riscossione in generale dallo stesso articolo
1, comma 5 bis, del decreto-legge 106/2005 o dall’articolo 25 dp.r. 602/1972 e, rispetto all’imposta
di registro, secondo quanto previsto dalla speciale disposizione di cui all’articolo 76 del d.p.r.
131/1986) avrebbe dovuto ritenere legittima la cartella esattoriale impugnata”.
Osserva la corte che costituisce principio consolidato della corte di legittimità quello secondo cui,
nel caso in cui un atto impositivo venga impugnato in sede giurisdizionale, in tal modo
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sentenza che aveva respinto il ricorso proposto dal contribuente avverso l’avviso di liquidazione

instaurandosi una controversia sulla legittimità del pagamento di tributi, il credito erariale o il
credito restitutorio del contribuente accertato nella sentenza che definisce l’impugnazione dell’atto
impositivo soggiace al termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2953 c.c., anche nel caso in
cui l’accertamento riguardi sanzioni per violazioni tributarie (Cass. Sez. Un. n. 25790/2009; Cass.

essere l’atto (che, essendo stato tempestivamente impugnato, non è mai divenuto definitivo) e
diventa la sentenza che, pronunciando sul rapporto, ne ha confermato la legittimità. Ne deriva che la
riscossione del credito erariale accertato dalla sentenza non soggiace al termine di decadenza di cui
all’art. 17 (ora trasfuso nell’art. 25) del D.P.R. n. 602 del 1973, giacché tale termine concerne la
messa in esecuzione dell’atto amministrativo e presidia la esigenza di certezza dei rapporti giuridici
e l’interesse del contribuente alla predeterminazione del tempo di soggezione all’iniziativa
unilaterale dell’ufficio. La riscossione delle somme conseguenti al passaggio in giudicato delle
sentenze che hanno definito il giudizio non è, dunque, soggetta a decadenza alcuna, ma unicamente
alla prescrizione. La sentenza gravata, alla luce di tali principi, appare dunque affetta dal denunciato
vizio di legittimità in quanto la commissione tributaria regionale ha richiamato ( peraltro citando
erroneamente una sentenza riguardante diverso argomento ) l’orientamento, da ritenersi ormai
superato, espresso con la sentenza n. 13333 del 10/06/2009, secondo la quale, in tema di riscossione
delle imposte sul reddito, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, nel prevedere che le imposte, le
maggiori imposte e le ritenute alla fonte liquidate in base agli accertamenti degli uffici devono
essere iscritte in ruoli formati e consegnati all’Intendenza di Finanza, a pena di decadenza, entro il
31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, non si
riferisce soltanto agli avvisi di accertamento non impugnati dal contribuente, ma riguarda anche la
riscossione conseguente a decisioni delle commissioni tributarie sull’impugnazione dell’avviso di
accertamento divenute definitive, con la conseguente inapplicabilità del termine decennale di
prescrizione previsto dal l’art. 2946 c.c., riferibile all’actio iudicati.
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1967/2005, 1965/1966,5777/1989,2085/1979). Ciò in quanto il titolo della pretesa tributaria cessa di

Nel caso che occupa, ove l’avviso di liquidazione dell’imposta era stato notificato il 9.2.1999 ed era
relativo all’anno 1996, era vigente il termine di decadenza di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17,
ora art. 25, a seguito della modifica del sistema di riscossione coattiva introdotto con il D.P.R. n. 43
del 1988, il cui art. 67, contemplava espressamente l’imposta di registro ma tale termine era riferito

impugnazione e non alla riscossione dei crediti del Fisco accertati da sentenze che avessero
rigettato, in tutto o in parte, impugnative di atti impositivi. Neppure, peraltro, risulta applicabile il
termine triennale previso dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, comma 2, lett. b), come modificato
dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, comma 135, lett. f).
Invero, come già ripetutamente affermato dalla corte di legittimità ( cfr. Cass. n. 13179 del
11/06/2014; Cass. n. 20153 del 24/09/2014) a tale disposto non può attribuirsi un significato tale da
scardinare il principio generale secondo il quale la riscossione di un credito tributario accertato con
sentenza soggiace non ai termini di decadenza che scandiscono l’esercizio dell’azione
amministrativa ma al solo termine di prescrizione; una simile interpretazione differenzierebbe
irragionevolmente, perché in mancanza di qualunque specifica ragione, la disciplina della
riscossione dell’imposta di registro da quella di tutte le altre imposte. Al contrario, va privilegiata
una interpretazione che, lungi dall’attribuire alla disposizione in esame un significato disarmonico
rispetto al sistema generale dei termini di riscossione dei tributi, la coordini con tale sistema. Deve
allora ritenersi che la disposizione di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, comma 2, lett. b), va
interpretata nel senso che la decadenza triennale ivi prevista – decorrente dalla data di notificazione
o di definitività della sentenza che abbia deciso sul ricorso del contribuente avverso l’avviso di
rettifica e liquidazione – si applica solo nei casi in cui, a seguito della sentenza, l’Amministrazione
sia tenuta a procedere ad un ulteriore accertamento d’imposta, per avere il giudice accolto solo
parzialmente il ricorso avverso l’atto impositivo senza, tuttavia, provvedere esso stesso a
determinare l’imposta dovuta e limitandosi a definire i criteri della corretta liquidazione,
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alla riscossione di crediti del Fisco accertati da atti impositivi divenuti definitivi per mancata

demandando quest’ultima all’Ufficio. Il termine decadenziale di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art.
76, comma 2, lett. b), va dunque inteso come termine acceleratorio, non dell’attività di riscossione,
ma dell’ulteriore attività amministrativa di determinazione dell’imposta che in ipotesi risulti ancora
necessaria dopo la pronuncia giurisdizionale. Nei casi in cui, per contro, dopo la sentenza non sia

interamente il ricorso avverso l’atto impositivo o per avere, in caso di accoglimento parziale di detto
ricorso, provveduto essa stessa a tale determinazione – il credito erariale potrà essere riscosso
nell’ammontare risultante dalla sentenza senza alcun termine di decadenza, ma solo nel rispetto del
termine prescrizionale decennale, decorrente dalla data di passaggio in giudicato della sentenza,
risultante dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 78. Poiché, come emerge dal ricorso e dalla sentenza
impugnata, la decisione della commissione tributaria a cui ha fatto seguito la cartella impugnata nel
presente giudizio aveva respinto il ricorso della contribuente avverso un avviso di rettifica e
liquidazione, cosicché il credito erariale risultava compiutamente accertato dal giudice nell’importo
indicato in tale avviso, senza necessità di ulteriore attività amministrativa di determinazione
dell’imposta, la fattispecie non rientra nel campo di operatività del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76,
comma 2, lett. b) ma in quello dell’art. 78.
Il ricorso va dunque accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ.,
e il ricorso originario della contribuente va rigettato. Le spese dell’intero giudizio si compensano in
considerazione dei discordi precedenti.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso dell’Agenzia delle entrate, cassa la sentenza d’appello e, decidendo nel
merito, rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.
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necessaria alcuna ulteriore attività di determinazione dell’imposta – per avere la sentenza rigettato

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 20

Il Consigliere estensore

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