Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21622 del 19/09/2017


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Cassazione civile, sez. un., 19/09/2017, (ud. 09/05/2017, dep.19/09/2017),  n. 21622

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez. –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20824-2016 proposto da:

SOCIOMANTIC LABS GMBH, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RASELLA 155, presso

lo studio dell’Avv. MICAEL MONTINARI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

6SICURO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MICHELE MERCATI 17/A, presso

lo studio dell’Avv. MARIA FRANCESCA QUATTRONE, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati SANTI MAURIZIO SPINA e GIOVANNI

MUSITANO;

– controricorrente –

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n.

16548/2016 del TRIBUNALE di MILANO.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/05/2017 dal Consigliere Dott. CARLO DE CHIARA;

lette le conclusioni scritte del PM in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE, il quale chiede che

la Corte dichiari che non sussiste la giurisdizione del giudice

italiano ed emetta i provvedimenti conseguenti per legge.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

la 6sicuro s.p.a. ha convenuto davanti al Tribunale di Milano, nel febbraio 2016, la società di diritto tedesco Sociomantic Labs GmbH chiedendone la condanna al risarcimento del danno derivante dall’inadempimento di un contratto stipulato mediante scambio di messaggi di posta elettronica;

la convenuta, non costituitasi davanti al Tribunale, ha proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione sostenendo che sia competente il giudice di Berlino, in forza di clausola di proroga della giurisdizione inserita nelle condizioni generali di contratto da essa predisposte ed accettate dalla controparte;

l’intimata 6sicuro s.p.a. si è difesa con controricorso sostenendo che il contegno tenuto dalla Sociomantic violi l’art. 10, paragrafo 3, della Direttiva sul commercio elettronico 2000/31/CE dell’8 giugno 2000, a mente del quale “le clausole e le condizioni generali del contratto proposte al destinatario devono essere messe a sua disposizione in un modo che gli permetta di memorizzarle e riprodurle”, e che la clausola di proroga della giurisdizione sia “inesistente”, non essendo state prodotte le condizioni generali vigenti all’epoca della stipulazione del contratto, perfezionatasi il 16 aprile 2014, e comunque nulla in quanto non oggetto di accordo delle parti e carente dei requisiti di forma e sostanza di cui all’art. 23 del regolamento 44/2001/CE del 22 dicembre 2000 (c.d. regolamento Bruxelles I), nonchè dell’identico – per quanto qui rileva – art. 25 del regolamento (UE) n. 1215/2012 del 12 dicembre 2012 (c.d. regolamento Bruxelles I bis), che l’ha sostituito;

il PM ha presentato conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 380-ter cod. proc. civ., chiedendo negarsi la giurisdizione del giudice italiano;

entrambe le parti private hanno anche presentato memorie;

Considerato che:

risulta dagli atti che una clausola di proroga della giurisdizione in favore dell’autorità giudiziaria di Berlino (“Place of jurisdiction is Berlin”), con carattere esclusivo in mancanza di diverse indicazioni (art. 23, par. 1, del regolamento Bruxelles I, cit., applicabile in considerazione della data del contratto, trovando applicazione il regolamento Bruxelles I bis a decorrere dal 10 gennaio 2015, ai sensi dell’art. 81 dello stesso), è contenuta al punto 10.3 delle condizioni generali di contratto predisposte dalla Sociomantic, espressamente richiamate nell’ordine di acquisto sottoscritto dalla committente 6sicuro ed accessibili a un indirizzo web specificato nel documento;

tali modalità di stipulazione dell’accordo di proroga della giurisdizione devono ritenersi valide in base al disposto dell’art. 23, par. 1, del richiamato regolamento Bruxelles I, a mente del quale la forma scritta, imposta per tali accordi, “comprende qualsiasi comunicazione con mezzi elettronici che permetta una registrazione durevole dell’accordo attributivo di competenza”: la Corte di giustizia dell’Unione Europea, infatti, ha statuito che, ove la clausola di proroga della giurisdizione sia contenuta in condizioni generali di contratto disponibili mediante accesso ad un sito internet, si è in presenza di “una comunicazione elettronica che permette di registrare durevolmente tale clausola, ai sensi di tale disposizione, allorchè consente di stampare e di salvare il testo di dette condizioni prima della conclusione del contratto” (sentenza 21 maggio 2015, C322/14, Cars on the web, richiamata nel ricorso);

la controricorrente contesta che controparte abbia fornito la prova della possibilità di stampare o salvare copia delle condizioni generali di contratto, o della disponibilità delle medesime sul web alla data della stipulazione, o della conformità del testo all’epoca eventualmente disponibile con quello prodotto in giudizio dalla ricorrente;

la contestazione non ha fondamento perchè la stessa società 6sicuro ha dichiarato, sottoscrivendo il modulo di ordine di acquisto predisposto dalla Sociomantic, “di aver preso conoscenza dei nostri termini e condizioni generali, sempre disponibili all’indirizzo (OMISSIS)” (dichiarazione della quale la controricorrente non può liberarsi semplicemente qualificandola, senza ragione, una clausola di stile); inoltre la ricorrente ha prodotto una lettera di contestazione inviatale il 30 ottobre 2014, nella quale di nuovo la 6sicuro fa espresso riferimento alle condizioni generali di contratto reperibili all’indicato sito internet; può, inoltre, presumersi che le condizioni generali che comparivano in quel sito fossero stampabili e salvabili come avviene generalmente, attesa l’estrema genericità della contestazione della controricorrente, la quale si limita a denunciare la mancanza di prova e non afferma nemmeno di aver tentato invano di stamparle o salvarle;

nè può ritenersi che il testo delle condizioni generali prodotto in giudizio dalla ricorrente fosse difforme, quanto alla clausola che qui interessa, da quello accessibile alla controricorrente alla data della stipula del contratto, considerato che quest’ultima neppure afferma espressamente – e tantomeno specifica – tale difformità, ma si limita a denunciare che l’attrice non abbia prodotto il testo delle condizioni generali che sarebbe stato vigente alla data del contratto (e che tuttavia neppure essa produce);

nè merita adesione il rilievo – su cui insiste la controricorrente – della mancanza di una specifica accettazione della clausola di proroga della giurisdizione, dato che tale requisito non è previsto dal regolamento UE, mentre l’accettazione delle condizioni generali è insita nel richiamo delle stesse, nell’ordine di acquisto, quali parte integrante del contratto; o, sempre per quest’ultima ragione, il rilievo che le condizioni generali erano redatte in lingua inglese, lingua del resto corrente nel commercio internazionale;

il richiamo, poi, del disposto dell’art. 10, paragrafo 3, della direttiva sul commercio elettronico 2000/31/CE, nel quale la controricorrente ritiene di cogliere la previsione della necessità di una apposita comunicazione individuale (mancante nella specie) delle condizioni generali di contratto, va superato in base all’assorbente considerazione che tale direttiva non trova qui applicazione, dato che essa stessa precisa espressamente e chiaramente che “non introduce norme supplementari di diritto internazionale privato, nè tratta delle competenze degli organi giurisdizionali” (art. 1, par. 4); e tale chiarezza testuale dispensa altresì dalla rimessione della questione interpretativa alla Corte di giustizia (v. sentenza Cilift del 6 ottobre 1982, C-283/81);

i rilievi, infine, che la clausola di proroga della giurisdizione sarebbe “nascosta” e formulata in termini ambigui in quanto “mischiata” con la scelta della legge applicabile e “con una clausola che sancisce l’esclusione della “legge commerciale Europea” (…), frutto di un evidente errore di traduzione dal tedesco” (questo il testo completo del richiamato punto 10.3 delle condizioni generali di contratto: “This contract is governed by German law. EU commerce law is excluded. Place of jurisdiction is Berlin”), e che per generare la schermata contenente le condizioni generali di contratto non bastava un semplice “click” sul link corrispondente, ma occorreva digitare l’indirizzo indicato, non sono sufficienti a far escludere la chiarezza della clausola stessa e della sua accettazione da parte del sottoscrittore dell’ordine di acquisto;

in presenza, pertanto, di una valida clausola di proroga della giurisdizione, di carattere esclusivo, in favore dell’autorità giudiziaria di un altro paese, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano;

le spese del giudizio di regolamento, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;

in mancanza di attività difensiva della attuale ricorrente nel giudizio di merito, non occorre provvedere anche sulle spese di tale giudizio (come sarebbe altrimenti necessario secondo il principio enunciato da queste Sezioni Unite nell’ordinanza 20/02/2007, n. 3841).

PQM

 

La Corte dichiara il difetto di giurisdizione del giudice italiano. Condanna la società controricorrente al pagamento, in favore della società ricorrente, delle spese del presente regolamento, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 %, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2017

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