Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2162 del 25/01/2022

Cassazione civile sez. I, 25/01/2022, (ud. 23/11/2021, dep. 25/01/2022), n.2162

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SERRAO Eugenia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27786/2016 proposto da:

Istituto Diagnostico Varelli S.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Largo

Arrigo VII n. 4, presso lo studio dell’avvocato Borraccino Antonio,

rappresentato e difeso dall’avvocato Ricigliano Maurizio, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Asl Napoli (OMISSIS) Centro;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1874/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 09/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/11/2021 dal cons. Dott. TRICOMI LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

L’Istituto Diagnostico Varelli SRL, soggetto accreditato, agì in via monitoria nei confronti della ASL NA (OMISSIS) per conseguire il pagamento di prestazioni sanitarie svolte nel mese di (OMISSIS). La richiesta venne accolta con emissione del decreto ingiuntivo avverso il quale propose opposizione la ASL.

Il Tribunale accolse l’opposizione e revocò il decreto ingiuntivo, compensando le spese di lite.

La Corte di appello di Napoli, con la sentenza in epigrafe indicata, investita del gravame proposto dall’Istituto, lo ha accolto parzialmente ed ha condannato la ASL NA (OMISSIS) al pagamento della somma di Euro 47.580,24=, oltre interessi legali, compensando le spese di lite.

La società ha proposto ricorso per cassazione con due mezzi, seguiti da memoria. L’ASL NA (OMISSIS) è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Con il primo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 125 c.p.c. e D.L. n. 35 del 2013, art. 11, comma 8 bis, introdotto dalla L. n. 64 del 2013, che lo ha convertito con modifiche.

La ricorrente sostiene che sia riscontrabile, in riferimento al procedimento in esame, il deficit di ius postulandi da parte dell’avvocatessa appartenente all’Avvocatura Regionale che si era costituita per conto dell’ASL NA 1, in base alla convenzione stipulata ai sensi della L.R. Campania n. 1 del 2009, art. 29 norma dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 91 del 2013, durante la pendenza del processo, senza che alcuna sanatoria potesse essere ritenuta possibile ex D.L. n. 35 del 2013, come mod. e conv.

1.2. Il motivo è infondato perché, come già affermato da questa Corte con principio qui confermato, “L’attività processuale posta in essere sulla base di procura alle liti non formalmente revocata, ma conferita in base a legge successivamente dichiarata costituzionalmente illegittima (nella specie, la L.R. Campania n. 1 del 2009, che aveva autorizzato gli enti collegati alla regione ad avvalersi dell’avvocatura della Giunta regionale) non diviene invalida “ab origine” poiché la decisione della Corte costituzionale non incide sullo “ius postulandi”, stante la sua autonomia dal negozio di patrocinio.” (Cass. n. 23335 del 19/09/2019).

2.1. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa degli artt. 112,345 e 346 c.p.c.

La ricorrente sostiene che la Corte di appello ha esorbitato dai propri compiti decisori.

Segnatamente, deduce che la decurtazione della pretesa creditoria, operata in conseguenza dell’applicazione dello sconto di cui alla L. n. 296 del 2006, non aveva costituito oggetto del giudizio di primo grado, né in termini di domanda, né di eccezione, né era stato devoluto in appello, ma desunto – per ammissione della stessa Corte di appello – da un provvedimento di liquidazione dell’ASL; quanto al diniego dell’importo corrispondente alla RTU (regressione tariffaria unica) in ragione del superamento del tetto di spesa per l’anno (OMISSIS), espone di avere rinunciato al motivo di appello, circostanza che ritiene sia stata immotivatamente disattesa dalla Corte partenopea;

ancora si duole che la sentenza in esame configuri una reformatio in peius, inibita in assenza di appello incidentale; infine critica la statuizione adottata in merito alla decorrenza degli interessi perché la questione non era stata devoluta alla Corte territoriale.

2.2. Il motivo è inammissibile.

2.3. Giova premettere che secondo principio consolidato “In tema di pretese creditorie della struttura sanitaria provvisoriamente accreditata per le prestazioni erogate nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, il superamento della capacità operativa massima (C.O.M.) costituisce un fatto impeditivo della remunerazione delle prestazioni erogate dalla struttura privata, della cui prova è onerato il debitore. Il mancato superamento del tetto di spesa, fissato secondo le norme di legge e nei modi da esse previsti, non integra un fatto costitutivo, la cui prova deve essere posta a carico della struttura accreditata, ma rileva come fatto impeditivo il suo avvenuto superamento, con conseguente onere della prova a carico della parte debitrice.” (Cass. n. 5661 del 02/03/2021; Cass. n. 3403 del 13/02/2018) e, ove la ASL, debitrice, adempia a tale onere ex art. 2697 c.c. non è possibile configurare alcun diritto della struttura accreditata ad ottenere il pagamento di prestazioni eseguite oltre tale limite (Cass. n. 10182 del 16/04/2021).

Nel caso di specie la Corte di merito si è discostata in thesi da tale principio ed ha errato, assumendo che l’onere probatorio gravasse sulla società creditrice: sotto questo profilo la critica svolta dalla ricorrente risulta, senza dubbio, condivisibile, anche se non sufficiente a mutare l’esito del giudizio, se non per la necessità di procedere alla correzione della motivazione sul punto, nei sensi indicati dai precedenti di legittimità prima rammentati, perché, in tali evenienze, il giudizio di legittimità – in ragione della funzione nomofilattica, nonché dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111 Cost., comma 2, – va comunque definito, previa correzione ex art. 384 c.p.c. della motivazione assunta.

2.4. Invero, la decisione impugnata, nonostante l’erronea premessa in merito alla ripartizione dell’onere probatorio, dà conto che, nel caso di specie, la Delib. 30 marzo 2010, n. 609 versata in atti dalla ASL, era idonea a comprovare la sussistenza del credito vantato dalla società ed a fondare la statuizione: dall’esame di tale delibera la Corte partenopea ha, infatti, evinto che la C.O.M. era stata rispettata, mentre era stato dimostrato lo sforamento del tetto di spesa, sia pure in relazione ad una sola parte del credito, ed ha chiarito che la questione dell’onere probatorio, nella fattispecie in esame, era priva di diretto rilievo “essendo pacificamente dimostrato se ed in che misura è stato superato il tetto di spesa in forza della documentazione richiamata (ed in assenza di contestazioni al riguardo da parte dell’Istituto Varelli)” (fol. 14 e ss. della sent. imp.) con statuizione non impugnata e che risulta assunta in conformità ai principi prima enunciati.

2.5. Ne consegue l’inammissibilità del motivo, che non ha colto la reale ratio decidendi.

Va soggiunto che gli argomenti spesi dalla ricorrente nel motivo sono privi di decisività, perché: la mancata contestazione della documentazione prodotta dalla ASL, come accertato dalla Corte distrettuale, non è stata smentita; la questione del tetto di spesa, a prescindere dalla rinuncia o meno al relativo motivo di appello, rientrava nella complessiva domanda, rispetto alla quale la ASL aveva diritto a provare l’eventuale fatto impeditivo, come ha fatto; nessuna reformatio in peius si ravvisa, avendo l’appello riformato, con un parziale accoglimento, la prima decisione del tutto sfavorevole alla società; quanto alla decorrenza degli interessi, ricorre l’effetto devolutivo pieno, a seguito dell’accoglimento dell’opposizione in primo grado con revoca del decreto ingiuntivo, con potere valutativo ex novo su spettanza e decorrenza degli interessi da parte del giudice del gravame.

3. In conclusione, il ricorso va rigettato, previa correzione ex art. 384 c.p.c. della motivazione nei sensi indicati sub 2.3.

Non si provvede sulle spese, in assenza di attività difensiva dell’intimata.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

PQM

– Rigetta il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2022

 

 

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