Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21619 del 22/08/2019

Cassazione civile sez. lav., 22/08/2019, (ud. 17/04/2019, dep. 22/08/2019), n.21619

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3883/2015 proposto da:

ANSA AGENZIA NAZIONALE STAMPA ASSOCIATA SOCIETA’ COOPERATIVA, in

persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio

dell’avvocato ENZO MORRICO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.N.P.G.I. ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA GIORNALISTI ITALIANI

GIOVANNI AMENDOLA, in persona del legale rappresentante pro tempore

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso

lo studio dell’avvocato PAOLO BOER, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

A.D.M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

BASENTO 37, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PIZZUTI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 9522/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA, ROMA,

depositata il 10/02/2014 R.G.N. 5322/2011.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza 10 febbraio 2014, la Corte d’appello di Roma condannava l’agenzia Ansa a corrispondere a A.D.M.A. un’indennità risarcitoria pari a 4 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre rivalutazione ed interessi dalla cessazione del rapporto e rigettava la domanda di condanna della stessa al versamento dei contributi in favore di Inpgi, per il periodo anteriore all’effettiva ricostituzione del rapporto: in riforma della sentenza di primo grado, di accertamento della nullità del termine apposto al contratto stipulato il 20 ottobre 2006 (con decorrenza dal 2 novembre 2006 e scadenza al 31 ottobre 2007), di conversione del rapporto di lavoro subordinato tra le parti da tempo determinato a tempo indeterminato dal 20 ottobre 2006 (dichiarata la cessazione del rapporto fino ad allora, intrattenuto con precedenti contratti a termine, per mutuo consenso tra le parti) e di condanna della società datrice al pagamento, in favore del lavoratore a titolo risarcitorio, delle retribuzioni maturate dal 23 maggio 2008 (data di ricostituzione del rapporto) e in favore dell’Inpgi dei contributi obbligatori e relative sanzioni dalla stessa data;

2. avverso tale sentenza l’Ansa ricorreva per cassazione con tre motivi, cui resistevano l’Inpgi e il lavoratore con distinti controricorsi, contenente quest’ultimo anche ricorso incidentale con unico motivo;

3. tutte le parti comunicavano memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. l’Ansa deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2, per la specificità della causale, non più tipizzata nè caratterizzata da esigenze temporanee nè specifiche dell’impresa, ma esigente l’indicazione di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, ricorrente nella sua individuazione nella realizzazione del progetto Asmamed, essendo irrilevante il suo avvio nell’anno 2004 (primo motivo); violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2, per erronea esclusione di dimostrazione del nesso di causalità necessaria e dell’effettività delle esigenze temporanee, sulla scorta delle prove orali assunte (secondo motivo); omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, quale l’effettiva ragione di assunzione del lavoratore, consistente nello svolgimento di attività redazionale e non in quelle diverse indicate al punto 24 della memoria di costituzione della società, invece effettuate dai Sigg.ri T. e G. (terzo motivo);

2. il lavoratore a propria volta deduce, in via di ricorso incidentale, nullità per omessa o apparente motivazione in violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c., ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in riferimento alla concreta valutazione dei criteri assunti alla base della liquidazione dell’indennità risarcitoria (unico motivo);

3. il primo motivo è infondato;

3.1. l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa; spettando al giudice di merito accertare – con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità – la sussistenza di tali presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni specificamente indicate con atto scritto ai fini dell’assunzione a termine, ivi compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel contratto costitutivo del rapporto (Cass. 27 aprile 2010, n. 10033; Cass. 12 gennaio 2015, n. 208; Cass. 15 gennaio 2019, n. 840);

3.2. la Corte capitolina ha fatto esatta applicazione dei suenunciati principi, con accertamento in fatto congruamente argomentato (ai primi due capoversi di pg. 3 della sentenza), pertanto insindacabile in sede di legittimità;

4. il secondo motivo è inammissibile;

4.1. il denunciato difetto di prova del nesso di causalità necessaria e dell’effettività delle esigenze temporanee, costituisce un’autonoma ratio decidendi (“anche a prescindere da quanto sopra esposto e passando all’esame… difetta la prova…”: primo periodo p.to 3 di pg. 3 della sentenza) rispetto alla prima, di difetto di specificità della causale, rigettata: sicchè, su di essa si è formato un giudicato, che priva il ricorrente dell’interesse allo scrutinio del mezzo;

4.2. è, infatti, noto il principio secondo cui, qualora la decisione di merito si fondi su una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza (o addirittura mancanza di specifica formulazione) delle censure mosse ad una delle rationes decidendi renda inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. 3 novembre 2011, n. 22753; Cass. 14 febbraio 2012, n. 210; Cass. 29 marzo 2013, n. 79318; Cass. 19 febbraio 2016, n. 3307; Cass. 23 agosto 2018, n. 21043);

5. il terzo motivo è assorbito dal rigetto dei precedenti;

6. l’unico motivo incidentale è infondato;

6.1. è principio consolidato nell’insegnamento di questa Corte, meritevole di continuità per la sua condivisa correttezza, che, in tema di contratto a termine, la determinazione tra il minimo e il massimo della misura dell’indennità prevista dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5 (che richiama i criteri indicati dalla L. n. 604 del 1966, art. 8) spetti al giudice di merito e sia censurabile in sede di legittimità solo per motivazione assente, illogica o contraddittoria (Cass. 17 marzo 2014, n. 6122; Cass. 25 settembre 2018, n. 22661): il che non ricorre nel caso di specie, avendo la Corte capitolina adeguatamente argomentato al riguardo, nel riferimento in particolare al “l’unico contratto dichiarato illegittimo” (secondo capoverso di pg. 6 della sentenza);

7. pertanto entrambi i ricorsi devono essere rigettati, con la compensazione integrale delle spese di giudizio tra tutte le parti, per reciproca soccombenza tra Ansa e lavoratore ed assenza di soccombenza in senso proprio tra Ansa e Inpgi.

PQM

La Corte rigetta entrambi i ricorsi principale e incidentale; dichiara interamente compensate le spese del giudizio tra tutte le parti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 agosto 2019

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