Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21618 del 26/10/2016


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Cassazione civile sez. trib., 26/10/2016, (ud. 05/10/2016, dep. 26/10/2016), n.21618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6723/2011 proposto da:

S.M.N., Soc.tà SIMON SRL in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA

VIA G. ANTONELLI 4, presso lo studio dell’avvocato MARCO TORTORELLA,

rappresentati e difesi dall’avvocato SILVIA ANGELA GENELETTI giusta

delega a margine;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI MILANO (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 99/2010 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 23/07/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/10/2016 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GENELETTI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato ROCCHITTA che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia concerne l’impugnazione dell’avviso di liquidazione relativo alla registrazione di una sentenza con la quale la contribuente è stata dichiarata proprietaria per usucapione abbreviata di un’unità immobiliare. I ricorrenti deducevano che per mero errore di trascrizione, nell’atto di compravendita dell’immobile, al posto del subalterno 5, veniva erroneamente indicato il subalterno 4. La sentenza del Tribunale di Milano, per la cui registrazione è stato emesso l’avviso di liquidazione oggi impugnato, aveva ad oggetto il riconoscimento dell’usucapione abbreviata, ex art. 1159 c.c., per il medesimo immobile ma relativamente al subalterno 5.

La CTP rigettava il ricorso e la sentenza veniva confermata dalla CTR.

Avverso quest’ultima pronuncia, la parte contribuente propone ricorso davanti a questa Corte di Cassazione sulla base di un unico motivo, illustrato da memoria, mentre l’ufficio non ha spiegato difese scritte.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso, i ricorrenti denunciano il vizio di violazione e falsa applicazione di una norma di diritto, nonchè insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, censurando le ragioni del rigetto dell’appello, fondate sulla considerazione che il gravame si sarebbe limitato a riproporre le argomentazioni difensive già spese in primo grado e perchè i motivi dello stesso non sarebbero stati specifici.

Il motivo è inammissibile, innanzitutto, per la mancata indicazione della norma violata, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, ovvero per mancata esposizione del momento di “sintesi” del vizio di motivazione denunciato, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che sono irrilevanti e determinano l’inammissibilità della censura irritualmente formulata (Cass. n. 21152/14). E’, infatti, insegnamento di questa Corte, quello secondo cui “Il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicchè è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleata dal codice di rito (Cass. ord. n. 19959/14, 21165/13, 17037715). Nel caso di specie, non sono state indicate le norme ovvero evidenziati i fatti controversi, alla stregua dei quali si denuncia il vizio proposto.

Nel merito, il motivo sarebbe, comunque, infondato, in quanto non viene aggredita la specifica ratio decidendi della sentenza impugnata che si basa sulla considerazione che l’atto di compravendita aveva ad oggetto un subalterno, mentre la sentenza che dichiara l’usucapione aveva ad oggetto un subalterno diverso dal primo. E’, infatti, insegnamento di questa Corte, quello che “Il ricorso per cassazione che contenga mere enunciazioni di violazioni di legge o di vizi di motivazione, senza consentire, nemmeno attraverso una sua lettura globale, di individuare il collegamento di tali enunciazioni con la sentenza impugnata e le argomentazioni che la sostengono, nè quindi di cogliere le ragioni per le quali se ne chieda l’annullamento, non soddisfa i requisiti di contenuto fissati dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile” (Cass. ord. n. 187/14, sez. un. 24148/2013, 17125/2007).

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Condanna il contribuente a pagare all’Agenzia delle Entrate in persona del Direttore in carica, le spese di lite del presente giudizio, che liquida nella somma di Euro 1.300,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2016

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