Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21617 del 20/09/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 21617 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: LAMORGESE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 17417-2009 proposto da:
GIARDINA

CARMELA

GRDCML70B43H1630,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 74, presso lo studio
dell’avvocato

IACOBELLI

GIANNI

EMILIO,

che

rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente 2013
1637

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la

Data pubblicazione: 20/09/2013

rappresenta e difende giusta delega in atti;

controricorrente

avverso la sentenza n. 751/2008 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 22/07/2008 R.G.N. 2677/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

LAMORGESE;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega FIORILLO
LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI, che ha concluso
per accoglimento del ricorso.

udienza del 09/05/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO

Svolgimento del processo
Con sentenza depositata il 22 luglio 2008 la Corte d’appello di Roma
ha confermato la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda
avanzata da Carmela Giardina nei confronti della s.p.a. Poste Italiane,
diretta ad ottenere la declaratoria di nullità del termine apposto ai due

contratti di lavoro intercorsi con quella società, l’uno per il periodo dal 9
marzo 1998 al 30 aprile 1998, poi prorogato al 30 maggio 1998, e l’altro per
il periodo 18 luglio/17 agosto 2000.
Per quanto qui ancora interessa, il giudice del gravame ha ritenuto
che le causali addotte dall’azienda, a giustificazione del termine,
legittimavano l’apposizione della relativa clausola, anche con riferimento
alla proroga del primo rapporto.
La lavoratrice soccombente ha richiesto a questa Corte la cassazione
della indicata pronuncia con ricorso articolato in tre motivi, poi illustrati
con memoria.
L’intimata ha resistito con controricorso.
Il Collegio ha autorizzato la redazione di motivazione semplificata.
Motivi della decisione
Incontroverse secondo l’accertamento del giudice del merito sono le
causali in base alle quali furono stipulati fra le parti i due contratti di lavoro
a tempo, e precisamente il primo per esigenze eccezionali conseguenti alla

fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso,
quale condizione della trasformazione della natura giuridica dell’Ente ed in
ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di

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sperimentazione di nuovi servizi ed in attesa dell’attuazione del progressivo e
completo equilibrio sul territorio delle risorse umane, il secondo per la
necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie
nel periodo giugno-settembre.
La sentenza impugnata, richiamate le causali ora esposte, nonché la

disciplina dettata dall’art. 23 della legge 28 febbraio 1987 n. 56, l’art. 8 ccnl
26 novembre 1994, quindi l’accordo integrativo 25 settembre 1997, poi i
successivi accordi attuativi del 16 gennaio 1998 e del 27 aprile 1998, infine

l’addendum del luglio 1998, si è riportata ai principi elaborati dalla
giurisprudenza di legittimità in materia di assunzione a tempo determinato
di dipendenti postali e con riferimento al sistema vigente anteriormente al
ccnl del 2001 ed al D.Lgs. 6 settembre 2001 n. 368 del 2001, concludendo,
per quanto riguarda il primo contratto, per la legittimità del termine, in
quanto “nell’ambito temporale segnato dai riferiti accordi collettivi – e
quindi fino al 30 aprile 1998 – la soc. Poste pote(va) concludere validamente
contratti a termine a tempo pieno e pote(va) altresì validamente prorogare
fino al 30 maggio 1998 quelli con scadenza prevista al 30 aprile 1998,
essendo a ciò autorizzata dalle parti sociali”.
La lavoratrice ha censurato questa statuizione, denunciando vizio di
motivazione e violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. cod. civ.,
dell’accordo integrativo 27 aprile 1998, degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.,
dell’art. 2697 cod. civ. in relazione agli artt. 2, primo comma, e 3 legge 18
aprile 1962 n. 230 (primo motivo). Addebita al giudice del merito di avere
ritenuto la disposta proroga del contratto svincolata dal rispetto delle

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prescrizioni del denunciato art. 2 legge n. 230 del 1962, omettendo di
verificare le condizioni contingibili ed imprevedibili, circostanze che, ad
avviso della ricorrente, “dovevano essere ontologicamente diverse da quelle
che avevano giustificato l’originaria apposizione del termine ..”
Il motivo è infondato.

La ricorrente, che pure ha lamentato la violazione dell’accordo
integrativo 27 aprile 1998, non ha però tenuto conto delle argomentazioni
svolte dalla sentenza impugnata, né ha spiegato le ragioni della dedotta
violazione del predetto accordo.
Il testo dell’accordo del 27 aprile 1998 riportato in sentenza, prodotto
dalla ricorrente, come ha sottolineato il giudice del gravame
(sostanzialmente coincidente nell’ultimo comma con quello prodotto dalla
società Poste, anch’esso riportato in sentenza alle pagg. 7 e 8), è il seguente:
“Con riferimento al disposto di cui all’art. 8 CCNL del 26.11.94 ed ai
successivi accordi integrativi sottoscritti con le 00.SS. stipulanti lo stesso
contratto collettivo, le parti prendono atto che l’Azienda, dopo l’avvenuta
trasformazione in s.p.a. si trova a fronteggiare esigenze eccezionali scaturite
dai processi di ristrutturazione e riorganizzazione in atto, che hanno
comportato, tra l’altro il mancato godimento delle ferie negli anni
precedenti.”
“Ciò posto, al fine di consentire di smaltire le ferie maturate non
godute nel corso degli anni precedenti, le parti convengono che il periodo di
ferie di cui al comma 2 dell’art. 8 CCNL del corrente anno è esteso al mese
di maggio.”

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”Le parti convengono, altresì che nelle more delle procedure attuative
delle predette assunzioni e fmo ad un massimo di trenta giorni l’azienda
disporrà la proroga dei rapporti di lavoro a termine in scadenza al 30.4.98
così come previsto dalla normativa vigente in materia.”
La sentenza impugnata, che nell’interpretazione dell’accordo si è

attenuta al suo tenore letterale, ha rimarcato che la proroga stabilita nel
terzo comma, ora trascritto, era riconducibile non nella disciplina di cui
all’art. 2, comma 1, legge n. 230 del 1962 sebbene questa fosse stata
richiamata nelle lettere inviate da Poste Italiane ai lavoratori, ma “nell’alveo
della autorizzazione concessa (… l’azienda disporrà la proroga) dalle parti
sociali a fronte del registrato aumento del processo di riorganizzazione”.
Queste deduzioni non sono affatto considerate dalla ricorrente, se
non per escludere che la conclusione cui è pervenuto il giudice del gravame,
perché essa “non trova conforto nel chiaro tenore letterale dell’accordo del
27.4.98 …, così come previsto dalla normativa vigente in materia”.
Né a supportare la tesi della ricorrente può valere il precedente
giurisprudenziale costituito da Cass. 12 novembre 1992 n. 12166, che
concernente la proroga di contratto stagionale stipulato da lavoratrice con
industria conserviera, non poteva tenere conto, anche perché posteriori nel
tempo, né del CCNL 1994 per i dipendenti postali né dei successivi accordi
integrativi.
La ricorrente poi tralascia non solo il precedente specifico di Cass. 24
settembre 2007 riferito alla proroga di analogo contratto a tempo con Poste
Italiane (stipulato ai sensi dell’art. 8 CCNL 1994 e successivi accordi, per il

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periodo 9 febbraio/30 aprile 1998, prorogato anch’esso al 30 maggio 1998),
citato dalla resistente, ma pure altre sentenze di questa Corte in fattispecie
sovrapponibili, tra cui la n. 23699 del 23 novembre 2010, la n. 4520 del 24
febbraio 2011 e la 13228 del 26 luglio 2012. In tali recenti pronunce si è
ribadita la legittimità della specifica proroga in esame, prevista dall’accordo

del 27 aprile 1998, per i contratti in scadenza al 30 aprile 1998, e si è
inoltre precisato che “non giova, in senso contrario sottolineare che la legge
n. 56 del 1987, art. 23 nel delegare all’autonomia collettiva la previsione di
ipotesi diverse ed ulteriori di apposizione del termine al contratto di lavoro,
nulla ha disposto in materia di proroga; l’accordo sopra citato, infatti, non
prevede una nuova e diversa disciplina della proroga ma contiene una mera
presa d’atto delle parti sociali relativamente all’esistenza delle condizioni
(esigenze contingenti ed imprevedibili) previste dalla legge (L. n. 230 del
1962, art. 2) per legittimare la proroga; una presa d’atto che rileva
unicamente sotto il profilo probatorio esentando il datore di lavoro
dall’onere di provare ulteriormente la sussistenza delle suddette
circostanze”.
Poiché la sentenza impugnata ha deciso in linea con tali statuizioni, il
primo motivo deve essere rigettato.
Neppure fondati sono gli altri due motivi, che, in relazione al secondo
contratto intercorso dal 18 luglio al 17 agosto 2000 e stipulato per la

necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie
nel periodo giugno-settembre, censurano la sentenza impugnata perché ha
ritenuto che in base alla convenzione intervenuta fra le parti collettive il

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datore di lavoro era esonerato dal provare la sussistenza dei presupposti
richiesti per l’assunzione a tempo con la causale indicata e che non dovesse
essere dimostrata la connessione fra l’esigenza indicata in contratto e
l’assunzione della lavoratrice, odierna ricorrente, connessione nella specie
da escludere dato che nell’ufficio in cui la stessa aveva lavorato non si erano

verificate assenze del personale in organico per ferie.
L’orientamento della giurisprudenza di questa Corte in tema di
contratti a termine stipulati ai sensi dell’art. 8 ceni del 1994 per necessità
di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo
giugno-settembre, è consolidato non solo nell’escludere che dovesse essere
indicato il nominativo del lavoratore ma anche l’ipotesi di contratto a
termine introdotta dalla contrattazione collettiva del tutto autonoma
rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti
assenti per ferie. In numerosissime decisioni in proposito si è perciò
ritenuta corretta l’interpretazione fornita dai giudici di merito in ordine
all’autorizzazione conferita in proposito dal contratto collettivo nel senso che
l’unico presupposto per la sua operatività fosse costituita dall’assunzione
nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie (v. fra le più
recenti, Cass. 31 gennaio 2013, in motivazione, Cass. 28 dicembre 2011 n.
29294). Si è inoltre affermato (v. in motivazione Cass. 28 marzo 2008 n.
8122, ed altre successive, tra cui Cass. 30 novembre 2009 n. 25225, Cass.
7 aprile 2011 n. 7945) che “l’unica interpretazione corretta della norma
collettiva in esame (art. 8 ccnl 26 novmbre1994) è quella secondo cui,
stante l’autonomia di tale ipotesi rispetto alla previsione legale del termine

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apposto per sostituire dipendenti in ferie, l’autorizzazione conferita dal
contratto collettivo non prevede come presupposto per la sua operatività
l’onere, per il datore di lavoro di provare le esigenze di servizio in concreto
connesse all’assenza per ferie di altri dipendenti nonché la relazione causale

all’unità organizzativa alla quale lo stesso è stato destinato.”
Intendendo il Collegio dare continuità all’accennato orientamento,
anche il secondo e il terzo motivo devono essere disattesi, per cui il ricorso
va rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo,
seguono la soccombenza.
P. q. m.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in
favore della società resistente, delle spese del presente giudizio, liquidate in
euro 50,00 (cinquanta/00) per esborsi e in euro 3.500,00
(tremilacinquecento/00) per compensi professionali, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 maggio 2013.

fra dette esigenze e l’assunzione del lavoratore con specifico riferimento

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