Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21615 del 07/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 07/10/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 07/10/2020), n.21615

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19463-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.A. nella qualità di erede di P.C.R.,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso

lo studio dell’avvocato ALBERTO BOER, che la rappresenta e difende.

– controricorrente –

contro

P.C.C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 7934/14/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 20/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ENZA

LA TORRE.

 

Fatto

RITENUTO

che:

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR Lazio, dep. il 20 dicembre 2017, che in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per Irpef anno 2008 ha dichiarato inammissibile l’appello dell’Ufficio, contenendo una domanda nuova, non proposta in primo grado. In particolare, con l’atto di appello, era stata eccepita la mancata determinazione della plusvalenza imponibile, derivante dalla vendita di terreno edificabile, sulla base del corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita.

La CTR, premesso che non è consentito al giudice di appello estendere la propria indagine all’esame di circostanze nuove, ha rilevato la novità della domanda volta all’accertamento della plusvalenza in ipotesi di mancata dichiarazione della stessa da parte del contribuente, nonchè quella sulla quantificazione della plusvalenza in base al corrispettivo indicato nell’atto di vendita.

C.A., nella qualità di erede di P.C.R., si costituisce con controricorso e deposita memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con l’unico motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere la CTR erroneamente qualificato quale motivo nuovo la diversa quantificazione della plusvalenza imponibile, pur essendo oggetto della controversia l’omessa indicazione della plusvalenza nella dichiarazione dei redditi.

La ricorrente Agenzia riproduce l’atto di appello ove è stata contestata la mancata dichiarazione della plusvalenza, respinta dal giudice di primo grado, lamentando la mancata quantificazione di “quella determinabile sulla base del corrispettivo indicato nell’atto di vendita”; ribadisce che la plusvalenza de qua “non è stata indicata dal contribuente nella propria dichiarazione dei redditi”; ritiene evidente che fin dal primo grado di giudizio il thema decidendum della controversia risiedeva nella individuazione del corretto calcolo della plusvalenza imponibile.

Il ricorso è fondato.

Questa Corte ha qualificato il processo tributario quale processo di “impugnazione-merito”, in quanto diretto ad una decisione sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente sia dell’accertamento dell’Ufficio, sicchè il giudice, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi al suo annullamento, ma deve esaminare nel merito la pretesa e ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (Cass. n. 13294/2016).

E’ stato altresì statuito che il processo tributario non è diretto alla mera eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma ad una pronuncia di merito, sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’ufficio. Ne consegue che il giudice tributario, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi di ordine sostanziale (e non meramente formali), è tenuto ad esaminare nel merito la pretesa tributaria e a ricondurla, mediante una motivata valutazione sostitutiva, alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (Cass. n. 27560/2018).

Da ultimo Cass. n. 12597/2020 ha ribadito che il processo tributario è a cognizione piena e tende all’accertamento sostanziale del rapporto controverso, con la conseguenza che solo quando l’atto di accertamento sia affetto da vizi formali a tal punto gravi da impedire l’identificazione dei presupposti impositivi e precludere l’esame del merito del rapporto tributario – come nel caso in cui vi sia difetto assoluto o totale carenza di motivazione – il giudizio deve concludersi con una pronuncia di semplice invalidazione, ostandovi altrimenti il principio di economia dei mezzi processuali, che consente al giudice di avvalersi dei propri poteri valutativi ed estimativi ai fini della decisione e, in forza dei poteri istruttori attribuiti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, di acquisire “aliunde” i relativi elementi, prescindendo dagli accertamenti dell’Ufficio e sostituendo la propria valutazione a quella operata dallo stesso.

Dalla citata giurisprudenza emerge che è chiaramente consentito al giudice tributario, in un giudizio che non è solo “sull’atto”, da annullare, ma anche e principalmente sul rapporto sostanziale tra amministrazione finanziaria e contribuente, la valutazione della pretesa avanzata dalla prima con l’atto impositivo.

Non è pertanto conforme ai superiori principi la sentenza della CTR, laddove ha dichiarato inammissibile l’appello dell’Ufficio ritenendo domanda nuova la contestazione al contribuente dell’omessa dichiarazione di plusvalenze imponibili, in ipotesi di mancata dichiarazione della plusvalenza in relazione alla vendita di un terreno edificabile.

La sentenza va conseguentemente cassata, con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR del Lazio, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2020

 

 

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