Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21612 del 19/10/2011
Cassazione civile sez. II, 19/10/2011, (ud. 21/09/2011, dep. 19/10/2011), n.21612
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.S., S.G., MA.Do.,
C.A., G.G., J.M., MA.
V., I.V., CA.Gi., S.
D., F.E., SA.Ma., M.
R., rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale in
calce al ricorso, dagli Avv. Domenico Alvaro e Vincenzo Blaga,
elettivamente domiciliati in Roma, via degli Scipioni, n. 132, presso
lo studio dell’Avv. Francesco Curro;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato e presso
gli Uffici di questa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte dr appello di Milano n. 154 del 20
gennaio 2009;
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 21
settembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;
udito, per i ricorrenti, l’Avv. Ida Cardarelli, per delega;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che C.A. ed altri hanno convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano il Ministero della difesa, chiedendo che fosse accertato in loro favore l’acquisto per usucapione del diritto di proprietà su porzioni di terreno, catastalmente identificate nelle particelle nn. 10 e 12 del foglio 374, partita 3250000, del Comune di (OMISSIS), possedute per oltre un ventennio;
che il Ministero convenuto si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto della domanda per l’inusucapibilità dei beni, in quanto rientranti nel demanio, non essendo intervenuti atti dell’Amministrazione idonei a far venir meno il carattere della demanialità;
che il Tribunale di Milano, con sentenza in data 16 febbraio 2006, ha rigettato la domanda, atteso il carattere demaniale dei lotti di terreno in questione;
che la Corte d’appello di Milano, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 20 gennaio 2009, ha rigettato il gravame;
che per la cassazione della sentenza della Corte d’appello M. S. e gli altri consorti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso, con atto notificato il 3 marzo 2010, sulla base di un motivo;
che l’intimata Amministrazione ha resistito con controricorso.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;
che l’unico mezzo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1158 cod. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;
che il motivo è privo del quesito di diritto, prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366-bis cod. proc. civ., ratione temporis applicabile;
che questa Corte ha in più occasioni chiarito che i quesiti di diritto imposti dall’art. 366-bis cod. proc. civ. – introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 secondo una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimità – rispondono all’esigenza di soddisfare non solo l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo stesso e con più ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto applicabile alla fattispecie, collaborando alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione; i quesiti costituiscono, pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti, inadeguata e, quindi, non ammissibile l’investitura stessa del giudice di legittimità (tra le tante, Cass., Sez. Un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass., Sez. Un., 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., Sez. Un., 29 ottobre 2007, n. 22640);
che il quesito di diritto non può essere desunto per implicito dalle argomentazioni a sostegno della cen-sura, ma deve essere esplicitamente formulato, diversamente pervenendosi ad una sostanziale abrogazione della norma (Cass., Sez. Un., 17 aprile 2009, n. 9153);
che non rileva che il ricorso sia stato notificato quando la L. 18 giugno 2009, n. 69, era già stata pubblicata ed entrata in vigore;
che invero, alla stregua del principio generale di cui all’art. 11 preleggi, comma 1, secondo cui, in mancanza di un’espressa disposizione normativa contraria, la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo, nonchè del correlato specifico disposto della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5 in base al quale le norme previste da detta legge si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge (4 luglio 2009), l’abrogazione dell’art. 366-bis cod. proc. civ. (intervenuta ai sensi della citata L. n. 69 del 2009, art. 47) è diventata efficace per i ricorsi avanzati con riferimento ai provvedimenti pubblicati successivamente alla suddetta data, con la conseguenza che per quelli proposti – come nella specie – contro provvedimenti pubblicati antecedentemente (e dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40) tale norma è da ritenere ancora applicabile (Cass., Sez. 1^, 26 ottobre 2009, n. 22578; Cass., Sez. 3^, 24 marzo 2010, n. 7119);
che pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute dal Ministero controricorrente, liquidate in complessivi Euro 3.000,00, oltre alle spese eventualmente prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione seconda civile della Corte suprema di Cassazione, il 21 settembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2011