Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21611 del 23/10/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 21611 Anno 2015
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: NAPOLITANO LUCIO

SENTENZA

sul ricorso 21700-2010 proposto da:
CALVANESE ANGELO, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA E.Q. VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato
ANGELO PETRONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
LUCIO MODESTO MARIA ROSSI con studio in CASERTA C.SO
TRIESTE 63 (avviso postale ex art. 135) giusta delega
a margine;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI
CASERTA in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

Data pubblicazione: 23/10/2015

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,

che lo

rappresenta e difende;

resistente con atto di costituzione

avverso la decisione n. 951/2009 della
TRIBUTARIA CENTRALE di NAPOLI,

COMM.

depositata il

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/09/2015 dal Consigliere

Dott. LUCIO

NAPOLITANO;

per questo ricorso il Pres. ANTONIO MERONE si astiene
per incompatibilità e subentra nel Collegio in veste
di Presidente il Cons. DOMENICO CHINDEMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato ROSSI

chiesto l’accoglimento e condanna

che ha

l’Amministrazione

dello Stato alle spese del giudizio;
udito il

P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

15/06/2009;

R.G.N.

Svolgimento del processo

21700/10

Nel corso di perquisizione domiciliare presso l’abitazione del sig. Angelo
Calvanese, tra documentazione varia, furono rinvenute diverse scritture
private non autenticate relative a distinte promesse di vendita di immobili
dal Calvanese a terzi.

finanziaria, l’allora Ufficio del Registro di Caserta notificò al Calvanese
diversi avvisi di liquidazione con i quali furono richieste l’INVIM e
l’imposta di registro dovute in relazione alle indicate scritture.
Il Calvanese impugnò gli atti dinanzi alla Commissione tributaria di 10
grado di Santa Maria Capua Vetere, deducendo come motivi di ricorso
l’illegittimità del possesso dei documenti da parte dell’Amministrazione
finanziaria e l’intervenuta decadenza dell’Amministrazione medesima dalla
pretesa impositiva.
Il ricorso fu accolto dal giudice tributario adito e la decisione del giudice di
primo grado, appellata dall’Ufficio, fu confermata dalla Commissione
tributaria di 2° grado di Caserta.
Proposto ricorso avverso detta decisione dall’Ufficio dinanzi alla
Commissione tributaria centrale, — quest’ultima, sezione di Napoli, con
sentenza n. 951 depositata il 15 giugno 2009, accolse il ricorso, affermando
che la scrittura privata sequestrata dovesse intendersi come valido mezzo di
prova e che nella fattispecie non si era verificata l’eccepita decadenza
dell’Amministrazione dalla pretesa impositiva, stante la sospensione dei
termini di prescrizione e decadenza dal 14 luglio 1982 al 31 dicembre 1984,
disposta dall’art. 32 6° comma del D.L. n. 429/1982, convertito nella legge
n. 516/1982 e successive modificazioni.
1

Trasmessi i relativi documenti dalla Polizia tributaria all’Amministrazione

Avverso detta decisione ricorre per cassazione il Calvanese, affidando il
ricorso a tre motivi.
L’intimata Agenzia delle Entrate ha dichiarato di costituirsi al solo fine di
partecipare all’udienza di discussione della causa.
Motivi della decisione

“divieto di proposizione di domanda nuova, rilevabile d’ufficio. Violazione
art. 26 D.P.R. 26.10.72 n. 636; art. 345 c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1,
n. 3 c.p.c.”, deducendo che solo con il ricorso dinanzi alla CTC l’Ufficio
avrebbe introdotto a fondamento della legittimità della propria pretesa
impositiva una diversa

causa petendi,

costituita dalla legittimità

dell’utilizzazione, a fini probatori, delle succitate scritture, dell’occultamento
del corrispettivo effettivamente convenuto dal Calvanese con i diversi
contraenti, laddove il thema decidendum era stato incentrato nei precedenti
gradi di giudizio sulla questione della legittimità del possesso delle succitate
scritture in capo all’Amministrazione finanziaria, che ne consentisse la
registrazione d’ufficio.
Lamenta quindi il ricorrente che la decisione impugnata, senza rilevare
l’inammissibilità della relativa domanda come domanda proposta per la prima
volta dinanzi alla CTC, abbia accolto il ricorso dell’Amministrazione fondato
sulla anzidetta diversa causa petendi.
2. Con il secondo motivo il ricorrente, insistendo comunque sull’illegittimità
del possesso da parte dell’Amministrazione finanziaria della scrittura privata
sottoposta a registrazione d’ufficio, censura la sentenza impugnata per
“violazione, errata interpretazione e applicazione dell’art. 15, co. 1, n. 2

D.P.R. 26.10.1972, n. 634, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.”,
2

1. Con il primo motivo il ricorrente censura la decisione impugnata per

essendo incontrovertibile che l’acquisizione del documento è avvenuta
nell’ambito di un’indagine di natura penale disposta dalla Procura della
Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e non già in
applicazione di norme di natura tributaria e che, quantunque nei gradi di
merito fosse stata espressamente contestata dal contribuente l’esistenza di un

della documentazione sequestrata, esso non era mai stato versato in atti
dall’Amministrazione finanziaria.
3. Con il terzo motivo, infine, il ricorrente formula eccezione di giudicato
esterno, deducendo la “violazione dell’art. 2909 cod. civ., con riferimento

all’art. 111 Costituzione, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.”.
Rileva in proposito il ricorrente che, successivamente al deposito della
sentenza della CTC in questa sede impugnata, è intervenuta diversa decisione
della stessa CTC — sezione di Napoli — n. 1196/09 depositata il 7 luglio 2009,
passata in giudicato, che ha ritenuto infondato il ricorso dell’Ufficio,
osservando, per quanto qui rileva, che “la scrittura in oggetto è stata

acquisita durante indagini disposte per accertare l’eventuale commissione del
reato di cui all’art. 416 c.p. e non per accertare reati o irregolarità fiscali.
Tali acquisizioni illegittime e i conseguenti atti sono perciò avvenuti in
violazione dell’art. 15 lett. B del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131”.
Assume quindi il ricorrente che a detta decisione debba attribuirsi, riguardo
alla presente controversia, efficacia di giudicato esterno, trattandosi di
accertamento compiuto in ordine alla deduzione di questioni di fatto e di
diritto relativo ad un punto fondamentale, comune ad entrambe le cause.
4. Deve essere prioritariamente esaminato il terzo motivo, con il quale il
ricorrente invoca l’applicazione del giudicato esterno, che si sarebbe formato,
3

provvedimento della suddetta autorità giudiziaria autorizzativo a fini fiscali

secondo il suo assunto, successivamente al deposito della sentenza in questa
sede impugnata, per la sopravvenienza di altra decisione della stessa CTC —
sezione di Napoli — n. 1196/09 depositata il 7 luglio 2009, passata in
giudicato.
Osserva la Corte che, se l’eccezione è ammissibile sotto il profilo temporale,

impugnata, che ne consente, per la prima volta, la deduzione in sede di
legittimità, essa, nondimeno, è infondata.
Oltre, infatti, a riferirsi la menzionata sentenza a giudizio, tra le stesse parti,
originato dall’impugnazione, da parte del Calvanese, di avviso di liquidazione
afferente a diversa scrittura, sia pure acquisita con le stesse modalità
nell’ambito della medesima perquisizione domiciliare, è evidente come nella
fattispecie non possa parlarsi di effetto preclusivo, proprio del giudicato, in
ragione dell’accertamento del medesimo fatto, atteso che lo stralcio
dell’indicata pronuncia, come innanzi riportato, attiene unicamente alla
qualificazione giuridica in termini di ritenuta illegittimità del possesso del
documento da parte dell’Amministrazione, ritenuta in detta pronuncia
preclusiva della registrazione d’ufficio. Sicché, nella fattispecie in esame, si è
al di fuori della possibilità d’invocare il giudicato esterno, secondo i principi
indicati dalla pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte 16 giugno 2006,
n. 13916, impropriamente richiamata da parte ricorrente, con riferimento al
presente giudizio.
5. Il primo motivo deve ritenersi inammissibile, essendo stato erroneamente
ricondotto il vizio denunciato di violazione degli artt. 345 c.p.c. e 26 del
D.P.R. n. 636/1972 all’art. 360 1° comma n. 3 c.p.c., anziché all’art. 360 1°
comma n. 4. c.p.c. senza che, di là dell’erroneo riferimento in rubrica,
4

in conseguenza del sopravvenire del giudicato alla decisione in questa sede

l’illustrazione del motivo possa consentire il corretto riferimento all’ipotesi di
nullità della sentenza per violazione della norma processuale indicata (cfr.
Cass. civ. sez. unite 24 luglio 2013, n. 17931; Cass. civ. sez. I 31 ottobre
2013, n. 24553).
5.1. Ove poi si ponga, comunque, in correlazione detta doglianza con il

sentenza impugnata per violazione di legge, nella parte in cui avrebbe
ritenuto, in contrasto con le norme di diritto indicate nella rubrica di detto
motivo, come innanzi riportate, la legittimità del possesso della scrittura
privata da parte da parte dell’Amministrazione finanziaria per procedere alla
registrazione d’ufficio, ne appare evidente l’intrinseca contraddittorietà.
Se la sentenza, come si assume nel primo motivo, ha pronunciato, solo, senza
rilevarne in rito l’inammissibilità, trattandosi di domanda nuova concernente
questione rimasta estranea al thema decidendum nei precedenti gradi di
giudizio, atteso che in essi non si discuteva affatto dell’utilizzabilità ai fini di
prova dell’occultazione del prezzo della scrittura privata acquisita per mezzo
del sequestro di P.G. effettuato nel corso della perquisizione domiciliare a
carico del Calvanese, ne consegue che la sentenza impugnata, diversamente
da quanto prospettato dal ricorrente con il secondo motivo, non ha proprio
statuito, neanche implicitamente, sulla questione di legittimità del possesso da
parte dell’Amministrazione finanziaria, tale da giustificare la registrazione
d’ufficio; ciò che poteva legittimarne l’impugnazione per omessa pronuncia e
non già per l’assenta violazione di legge come illustrata dal ricorrente nel
secondo motivo.
Alla stregua delle considerazioni esposte il ricorso è infondato e va, per
l’effetto, rigettato.
5

secondo motivo, con il quale il ricorrente censura come erronea in diritto la

6. Nulla va statuito in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità,
non essendosi l’Amministrazione intimata costituita con controricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 10 settembre 2015
Il Presidente

Il Insiglip estensgre

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