Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21611 del 22/08/2019

Cassazione civile sez. lav., 22/08/2019, (ud. 16/01/2019, dep. 22/08/2019), n.21611

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28701-2014 proposto da:

D.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VINCENZO

BRUNACCI 19 PL A, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO CASCIO

GIOIA, rappresentato e difeso dall’avvocato LANDO FERRADINI;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO DI BONIFICA MEDIO VALDARNO 3, quale ente incorporante il

Consorzio di Bonifica dell’Area Fiorentina in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A

BERTOLONI 44/46, presso lo studio dell’avvocato LORENZO PARRONI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANDREA VANNINI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 663/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 18/09/201 R.G.N. 795/2013.

LA CORTE, esaminati gli atti e sentito il consigliere relatore:

Fatto

RILEVA

che:

il giudice del lavoro di Firenze con sentenza n. 726 in data 20 giugno 2013 dichiarava l’illegittimità del termine finale apposto al contratto di lavoro stipulato da D.G. in data 1 luglio 2008 con il Consorzio di Bonifica Area Fiorentina, applicando di conseguenza il regime risarcitorio di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32 in aggiunta al ripristino del rapporto di lavoro;

la Corte d’Appello di Firenze con sentenza n. 663 in data 18 settembre 2014, notificata il 30 settembre 2014, riformava la gravata pronuncia, con il rigetto delle domande del D., dichiarando, per l’effetto, cessato il rapporto di lavoro alla data della prevista scadenza naturale 31 dicembre 2010. Dichiarava, altresì, tenuto l’appellato D. alla restituzione, in favore del Consorzio appellante, delle somme percepite in esecuzione dell’impugnata pronuncia di primo grado, nonchè per intero compensate tra le parti le spese relative al doppio grado del giudizio;

secondo la Corte fiorentina, all’epoca dell’assunzione a tempo determinato era in essere un rapporto convenzionale con la Provincia Firenze, che assegnava al Consorzio un segmento di attività di manutenzione dei corsi di acqua, ulteriore rispetto a quello gestito direttamente dallo stesso Consorzio, ovvero in esecuzione di altre convenzioni con altri enti. L’ente convenuto aveva dedotto, già in primo grado, le modalità con le quali l’intero lavoro, anche al di fuori della convenzione con la Provincia, era gestito con i propri dipendenti, organizzati in squadre operanti ciascuna con determinati mezzi meccanici, secondo un sistema “a catena”, riguardante le singole fasi dell’attività di manutenzione. La ricostruzione delle modalità organizzative del rapporto di lavoro, così come pure specificamente operata dalla Corte di merito, non aveva formato oggetto di contestazioni. Neppure era stato contestato che la lunghezza degli argini dei corsi d’acqua, rientranti nella convenzione con la Provincia, avesse comportato un aumento di circa 44 km. della lunghezza degli argini che il Consorzio avrebbe dovuto gestire, complessivamente (in ragione di 180 km. circa), e che aveva gestito già in precedenza – in forza di analoghe precedenti convenzioni con la stessa amministrazione – sino ad allora. Documentalmente, inoltre, era provato che il Consorzio aveva operato con un numero di unità lavorative, che si era ridotto a otto dipendenti, però insufficiente come da Decreto Dirigenziale 12 giugno 2008, n. 54. Ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 l’inerenza all’attività ordinaria dimostrava, appunto, che la struttura, siccome esistente, non era in grado di farvi fronte. Pertanto, l’assunzione del D., insieme a quella di altro lavoratore a tempo determinato, in ragione della concreta articolazione del lavoro trovava una coerente giustificazione nel rinnovo temporaneo della convenzione. La gravata pronuncia, che aveva invece ritenuto illegittimo il contratto, andava pertanto riformata nei sensi anzidetti, con il rigetto della domanda di parte attrice, donde l’obbligo restitutorio, da parte del lavoratore, delle somme eventualmente già percepite in esecuzione della sentenza appellata ex cit. art. 32;

D.G. ha proposto ricorso per cassazione avverso la pronuncia di appello come da atto del 28 novembre 2014, affidato ad un solo articolato motivo, cui ha resistito il CONSORZIO di BONIFICA MEDIO VALDARNO 3, quale incorporante il Consorzio di Bonifica dell’Area Fiorentina, giusta la relata di notifica a mezzo posta raccomandata in data 31 dicembre 2014 (avviso di ricevimento pervenuto al destinatario il 1 febbraio 2015).

Diritto

CONSIDERATO

che:

il ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, assumendo che la Corte distrettuale non aveva considerato il dato testuale costituito da decreto del Consorzio n. 54 del 12 giugno 2008, con il quale il direttore del consorzio aveva disposto di assumere con contratto a tempo determinato esso D., richiamando in motivazione il programma delle esigenze organico del personale per l’anno 2008, il carico della struttura operativa attualmente composta da soli 8 operatori. Da tale documento in cui si evinceva, inequivocabilmente, a dire di parte ricorrente, che l’assunzione in parola era riconducibile ad esigenze di reintegra dell’organico preesistenti alla stipula della convenzione tra il Consorzio e la Provincia di Firenze, dunque per esigenze diverse da quelle indicate nel contratto di lavoro a tempo determinato in questione, laddove si era fatto riferimento ad una convenzione con la Provincia di Firenze relativa alla manutenzione ordinaria dei corsi d’acqua classificati in 2a categoria, di competenza della stessa Provincia. In altre parole, secondo il D., dal documento non esaminato dalla Corte territoriale emergeva che l’assunzione in argomento era stata decisa e deliberata dagli organi amministrativi del Consorzio due mesi prima dell’approvazione della convenzione, ma con riferimento ad esigenze ad essa preesistenti, ossia la necessità di reintegrare un organico oggettivamente insufficiente, prescindere dalla convenzione, visto che la Delib. Deputazione amministrativa del Consorzio risaliva al febbraio 2008, mentre la Delib. (n. 25), con la quale era stata approvata la convenzione da stipulare con la Provincia per l’esecuzione di lavori di manutenzione ordinaria ivi indicati, recava la data del successivo 16 aprile 2008. Di conseguenza, ad avviso del ricorrente, l’assunzione de qua non era ricollegabile ad un evento, ossia la stipula della convenzione, successivo alla decisione di assumere un operatore di macchina e agli atti consequenziali, laddove detta assunzione risultava in effetti collegata ad esigenze di organico, di natura strutturale affatto preesistenti alla convenzione. Da queste incontrovertibili evidenze, non esaminate dalla Corte territoriale, discendeva la non veridicità delle ragioni che avrebbero giustificato l’apposizione del termine al contratto in argomento. Infatti, era emerso per tabulas che le esigenze produttive e organizzative, cui la prestazione era stata chiamata a soddisfare, non avevano affatto natura temporanea (connessa al dichiarato incremento di attività conseguente all’approvazione della convenzione), bensì carattere strutturale permanente, al fine di reintegrare un organico sottodimensionato. Dunque, nel caso di specie non vi era alcun nesso causale tra le ragioni dell’assunzione, emerse dal documento non esaminato, e quelle temporanee enunciate nel contratto di lavoro a tempo determinato. Per contro, la richiamata giurisprudenza di legittimità (Cass. lav. 11-07-2014 n. 16010) evidenziava la necessità di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità delle esigenze, nonchè la loro immodificabilità nel corso del rapporto, le circostanze caratterizzanti una particolare attività, tali da giustificare la prestazione a tempo determinato, così da rendere evidente la specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e l’utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa;

il ricorso va dichiarato inammissibile in relazione al vizio denunziato, in difetto di pertinenti ed esaurienti allegazioni, dovendosi nella specie inoltre applicare l’art. 360 c.p.c., comma 10, n. 5 nuovo testo, attualmente vigente, con riferimento alla pronuncia de qua pubblicata il 18 settembre 2014, avendo la Corte di merito espressamente in motivazione richiamato il suddetto Decreto Dirigenziale 12 giugno 2008, n. 54 ossia il medesimo provvedimento di cui il D. lamenta però l’omesso esame, la cui valutazione di contenuto spetta invece al solo giudice di merito, il cui accertamento, nei termini indicati nella precedente narrativa e meglio ancora precisati nelle stesse argomentazioni della sentenza impugnata, non sono assolutamente sindacabili in questa sede di legittimità, nella quale, come è noto, non sono ammesse ricostruzioni fattuali diverse da quelle operate in sede di merito (cfr. Cass. VI civ. – 5 n. 29404 del 07/12/2017: con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poichè la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità. In senso analogo, v. tra le altre Cass. nn. 9097 del 2017, 19011 del 2017, 16056 del 2016 e 19547 del 2017. In part. Cass. VI civ. – 5 n. 9097 del 07/04/2017: con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione. Conforme Cass. n. 7921 del 2011.

V. parimenti Cass. III civ. n. 11892 del 10/06/2016, secondo cui pure il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio -, nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante. Conforme Cass. I civ. n. 23153 del 26/09/2018.

(Cfr. similmente anche Cass. sez. un. civ. nn. 8053 e 8054 del 2014);

nel caso di specie, premesso tra l’altro che non risultano per intero riprodotti (in part. ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) i documenti sui quali il ricorrente fonda le proprie doglianze (soprattutto l’anzidetto contratto a tempo determinato del primo luglio 2008, stipulato in base al succitato Decreto Dirigenziale 12 giugno 2008, n. 54), la Corte di Appello ha, ritualmente e correttamente, riportato in sintesi le ragioni della sentenza di primo grado, l’unitario motivo addotto a sostegno del gravame (erronea valutazione delle concrete modalità di svolgimento dell’attività lavorativa prestata dal D., che aveva condotto all’erroneo disconoscimento della connessione tra l’assunzione, a termine, di costui e le esigenze enunciate nel contratto in data primo luglio 2008), nonchè le difese svolte dall’appellato D. (non provato il preteso incremento di attività lavorativa, causale peraltro nemmeno indicata in contratto), richiamata la tesi di parte attrice a sostegno dell’originaria domanda (illegittimità del termine per il fatto di aver lavorato solo in minima parte nell’ambito dei servizi oggetto della convenzione relativa alla manutenzione dei corsi d’acqua di II categoria di competenza della Provincia); accertato che detta convezione con la Provincia fu stipulata nel giugno 2008 (quindi appena prima del contratto in questione) con durata prevista sino al 31-12-2010 (cioè lo stesso termine finale indicato nell’assunzione a tempo determinato) e che il D. aveva comunque lavorato, ancorchè non esclusivamente, nell’ambito delle specifiche competenze oggetto della convenzione, questa già operante perciò all’epoca dell’assunzione in parola; che in sostanza nessuno dei dipendenti del Consorzio lavorava esclusivamente per un solo determinato tratto fluviale, operando invece tutti, nell’ambito delle rispettive squadre, di volta in volta sul tratto bisognoso del loro specifico intervento in sequenza, rispetto all’attività in precedenza effettuata da altra squadra, ovvero che sarebbe stato svolto in successione da altra squadra coi macchinari diversi; accertato altresì che non era in discussione la lunghezza degli argini dei corsi d’acqua rientranti nella convenzione; che il personale, in pianta stabile, ridottosi ad otto unità, risultava insufficiente, giusta l’anzidetto decreto in data 12-06-2008 (con il quale, si ribadisce, era stata disposta l’assunzione in questione dal successivo primo luglio), visto il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 la Corte fiorentina riteneva dunque provato come in ordine all’ordinaria attività la struttura esistente (cioè l’attuale personale stabile, di otto unità) non fosse sufficiente a supportarla, sicchè l’assunzione del D. e dell’altro lavoratore, assunto contestualmente, a tempo determinato, risultava giustificata;

dunque, a fronte di tali motivati accertamenti in punto di fatto – e per cui tra l’altro nessuno specifico errore in diritto, segnatamente in base alla normativa di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, è stato denunciato da parte ricorrente – la suddetta censura, peraltro alquanto carente ai sensi dell’art. 366, co. codice di rito, si palesa inammissibile, siccome in contrasto con quanto complessivamente nonchè diversamente accertato ed apprezzato in termini fattuali dalla Corte territoriale, in proposito competente in via esclusiva, per giunta senza alcuna rilevante e decisiva pretermissione;

atteso l’esito negativo dell’impugnazione qui proposta, il soccombente va condannato alle relative spese, risultando peraltro anche in presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

la Corte dichiara INAMMISSIBILE il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida a favore di parte controricorrente in complessivi Euro =4000,00= per compensi ed in Euro =200,00= per esborsi, oltre spese generali al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge, in relazione a questo giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuti per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 agosto 2019

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