Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2161 del 01/02/2021

Cassazione civile sez. lav., 01/02/2021, (ud. 14/07/2020, dep. 01/02/2021), n.2161

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13668/2016 proposto da:

GE.SA. S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIULIO RUBINI 48/D, presso lo

studio dell’avvocato RAFFAELE GULLO, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANNA PARRETTA;

– ricorrente –

contro

L.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato CATERINA FLORA RESTUCCIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1228/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 26/11/2015, R.G.N. 635/2009.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Il Tribunale di Lamezia Terme, con sentenza del 17.12.08, accoglieva parzialmente il ricorso proposto da L.P.M., con il quale la ricorrente deduceva di avere lavorato alle dipendenze della GE.SA. s.r.l., presso la gioielleria da questa gestita in (OMISSIS), dal 10.4.95 all’aprile del 2004, senza alcuna regolare assunzione fino al giorno 11.4.99 e venendo poi regolarizzata con l’attribuzione della qualifica di II livello del CCNL di settore e chiedeva la condanna di parte convenuta al pagamento della complessiva somma di Euro 108.929, oltre accessori, per i crediti maturati nel decorso rapporto di lavoro.

Deduceva, in particolare, di avere svolto mansioni proprie del II livello sino al 31.12.96 e, dal 1.1.97, mansioni di responsabile di negozio (I livello); chiedeva pertanto le relative differenze retributive lamentava nonchè quanto dovuto per straordinario, ferie, permessi non goduti ed indennità di cassa e t.f.r..

La convenuta si costituiva resistendo al ricorso.

Il Tribunale riteneva che dalla prova testimoniale fosse emersa la conferma sia della pregressa attività lavorativa non regolarizzata che dello svolgimento delle mansioni di gestore di negozio dal 1.1.97. Escludeva però che tale prova fosse stata fornita per il periodo successivo alla regolarizzazione (ovvero dal 12.4.99).

Disposta c.t.u. contabile per calcolare le somme dovute solo per le mansioni superiori, limitatamente al detto minore arco temporale, il Tribunale ha condannato la convenuta al pagamento della somma pari ad Euro 54.316,34, scorporando dal totale indicato dal CTU il t.f.r., sul presupposto che non fosse oggetto della originaria domanda.

Proponeva appello la L. contestando che la domanda non contenesse la richiesta del t.f.r., lamentando poi il mancato riconoscimento di qualifica (o livello) superiore dal 12.4.99, mentre rinunciava ai compensi per straordinario.

Resisteva la società, proponendo appello incidentale con cui chiedeva l’integrale rigetto della domanda.

Con sentenza depositata il 26.11.15, la Corte d’appello di Catanzaro rigettava l’appello incidentale ed in parziale accoglimento del principale, condannava la GESA al pagamento della complessiva somma di Euro 87.782,67 (di cui Euro 6.239,99 per t.f.r.), oltre accessori. Per la cassazione di quest’ultima propone ricorso la soc. Gesa, affidato a tre motivi, cui resiste la L. con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, comma 1, n. 3) nonchè nullità della sentenza o del procedimento (art. 360, comma 1, n. 4) in relazione all’art. 112 c.p.c., nella parte in cui la Corte d’Appello di Catanzaro ha riconosciuto alla L.P. differenze retributive mai richieste inerenti l’inquadramento nel II livello del c.c.n.l. per il periodo 10.4.95-31.12.96.

Il motivo è infondato posto che, come risulta dallo storico di lite riportato dalla sentenza impugnata e sopra trascritto, non impugnato dalla società ricorrente se non mediante mere contrarie asserzioni, la lavoratrice dedusse in ricorso di aver svolto mansioni proprie del II livello sino al 31.12.96 e, dal 1.1.97, mansioni di responsabile di negozio corrispondenti al I livello; del resto, come ammette la stessa società ricorrente, in tali termini venne formulato il quesito al c.t.u. contabile da parte dei giudici di appello (quesito peraltro reiterato in più occasioni, come ammette l’odierna ricorrente), senza alcuna (neppure dedotta) opposizione da parte della società.

2.- Con secondo motivo denuncia la violazione e falsa e/o errata applicazione di norme di diritto (art. 360, comma 1, n. 3) in relazione all’art. 112 c.p.c., ed all’art. 345 c.p.c., nella parte in cui la Corte di merito ha riconosciuto alla sig.ra L.P.M. la corresponsione del trattamento di fine rapporto.

Lamenta al riguardo che la Corte di merito, pur rilevando che la relativa domanda non era esplicitamente contenuta nella parte espositiva del ricorso, ciò non di meno attribuì alla P. il relativo importo.

Il motivo è inammissibile, avendo la Corte d’appello ritenuto che tale domanda doveva ritenersi contenuta nel ricorso in quanto i relativi importi erano chiaramente presenti nei conteggi allegati al ricorso e di questo facenti parte integrante.

Considerato che l’interpretazione della domanda è compito riservato al giudice di merito, contenente un accertamento in fatto (tutt’altro che illogico) non sindacabile in questa sede, il motivo risulta in sostanza inammissibile.

3.- Con terzo motivo la soc. GESA denuncia la violazione e/o errata applicazione di norme di diritto e dei contratti ed accordi collettivi nazionali di lavoro (art. 360, comma 1, n. 3) nonchè nullità della sentenza o del procedimento (art. 360, comma 1, n. 4) in relazione all’art. 112 c.p.c., all’art. 2103 c.c., all’art. 36 Cost. ed all’art. 2967 c.c., stante l’omessa pronuncia sulla domanda dispiegata dalla Ge.sa s.r.l. nell’appello incidentale con cui chiedeva il rigetto di ogni domanda attorea.

Il motivo è infondato posto che la Corte di merito, pur non avendo menzionato esplicitamente il gravame incidentale, di esso ha tenuto ampio conto, verificando alla luce dell’istruttoria svolta la durata del rapporto e le mansioni svolte, mentre sono inammissibili le censure della GESA, inerenti accertamenti di fatto del giudice di merito, in ordine alle mansioni svolte dalla P. nel regime di cui dell’art. 360 c.p.c., novellato n. 5.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e, liquidate come da dispositivo, debbono distrarsi in favore del difensore della controricorrente dichiaratosi anticipante.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la GESA s.r.l. ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a., da distrarsi in favore dell’avv. C.F. Restuccia. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 14 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2021

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