Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21609 del 28/07/2021

Cassazione civile sez. II, 28/07/2021, (ud. 18/03/2021, dep. 28/07/2021), n.21609

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11029-2016 proposto da:

B.C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

ANGELICO n. 36-B, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO SCARDIGLI,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.E.M., B.M.G., e

B.L., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIAN GIACOMO PORRO n.

8, presso lo studio dell’avvocato ANSELMO CARLEVARO, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUIGI MURATORI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4628/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 02/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/03/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 7.10.2009. B.E.M. evocava in giudizio innanzi il Tribunale di Milano il fratello B.C.M. e le sorelle B.M.M. e M.G., invocando lo scioglimento della comunione ereditaria derivante dalla successione della madre R.F., da disporsi in quote uguali tra i coeredi, nella misura di 1/4 cadauno. Si costituivano i convenuti aderendo alla domanda di divisione.

Con sentenza n. 8556/2012, all’esito di C.T.U., il Tribunale scioglieva la comunione, formando le quote e ponendo a carico di B.C.M. un conguaglio di Euro 156.047,50 a favore delle tre sorelle, le quali avevano dichiarato di voler proseguire la comunione tra loro.

Interponeva appello avverso detta decisione B.C.M. e si costituivano in seconde cure le sorelle, resistendo al gravame.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 4628/2015, la Corte di Appello di Milano rigettava il gravame.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione B.C.M., affidandosi a undici motivi.

Resistono con controricorso B.E.M., M.G. e L..

La parte ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 713 e 1111 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, perché la sentenza della Corte di Appello non avrebbe considerato che, in presenza di masse plurime, la divisione unitaria può farsi nel solo caso in cui vi sia l’espresso accordo delle parti.

La censura è fondata.

La causa ha ad oggetto due distinte divisioni, derivanti da altrettante vicende successorie. In particolare, la prima divisione trae origine dal decesso prima del padre dei quattro fratelli B., V., e poi della madre, R.F.; in relazione a detta successione, i condividenti vantano pari diritti e quindi le quote vanno formate nella misura di 1/4 per ciascuno di essi. La seconda divisione, invece, trae origine dal decesso di R.T., sorella di R.F., e comproprietaria in ragione del 50% del totale di alcuni beni in comunione con la sorella. R.T. ha istituito erede soltanto B.C.M..

Dalla lettura della sentenza impugnata, con la quale la Corte di Appello ha confermato la decisione assunta dal Tribunale di Milano, si comprende che la C.T.U. esperita in prime cure non aveva esaminato il profilo della diversità delle due masse, ma innanzitutto le esigenze agricole manifestate da B.C.M., che aveva chiesto di avere tutti i fondi agricoli e le due cascine, L. e B., incluse nella comunione, e il desiderio, manifestato dalle tre sorelle, di ricevere, oltre agli immobili urbani, anche un terreno distinto da quello del fratello. Sulla base di dette esigenze, l’ausiliario aveva proposto una soluzione, poi condivisa dai due giudici di merito, che prevede l’attribuzione alle sorelle anche un terreno e una cascina, fissando un conguaglio di Euro 156.047,50 a carico di B.C.M.. Quest’ultimo aveva proposto specifico motivo di gravame contestando l’esistenza di due distinte masse divisionali (cfr. in particolare il terzo motivo di appello; pag. 8 della sentenza impugnata). Detta censura è stata rigettata dalla Corte distrettuale perché B.C.M. “a)… non si è opposto ed anzi ha formalmente aderito alla domanda di divisione, che necessariamente comprendeva anche una quota di particelle della cui restante superficie egli era già proprietario esclusivo per effetto della successione della sia R.T.; b) nella memoria dep. il 26 marzo 2010 la difesa di B.C.M. ha espressamente dichiarato di non aver mai inteso opporsi allo scioglimento di comunioni forzose (al plurale, il che lascia intendere che si riferisse a tutte e due le comunioni e non solo a quella ereditaria materna, NDE) neppure ad esso ormai gradite; c) nella lettera 8 giugno 2011 la difesa di B.C.M. ha formalizzato le sue osservazioni di tipo legale rispetto alla relazione del CTU d.P.S., e, dichiarando di agire in nome e per conto del cliente, ha effettivamente evidenziato il problema dell’esistenza di masse plurime e della necessità del consenso del suo assistito, ma ha tuttavia contestualmente ammesso che la determinazione del valore delle quote ereditate dalla madre era gravata dalla “contitolarità che inevitabilmente ne causava il deprezzamento”, così finendo egli stesse per assumere una posizione analoga a quella del CTU che, come già prima riportato, aveva ritenuto di escludere – nell’interesse di tutti – il frazionamento a mosaico delle particelle, a maggior ragione di quelle originariamente già in comunione fra le due sorelle R.”.

Il passaggio della decisione impugnata appena riportato è erroneo, perché valorizza il comportamento processuale dell’avvocato del ricorrente, attribuendogli una sorta di effetto concludente; nel far ciò, dimostra, indirettamente, che non vi era assenso della parte alla divisione unitaria delle due masse.

Sul punto, il Collegio ritiene di dover dare continuità a quanto affermato da questa Corte, secondo cui è richiesto uno specifico negozio che, quando ha ad oggetto immobili, deve risultare da atto scritto ad substantiam (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 25756 del 15/10/2018, Rv. 650835; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 314 del 09/01/2009, Rv. 606113; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5798 del 15/05/1992, Rv. 477236).

Va dato atto dell’esistenza di un recente precedente (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18910 del 11/09/2020, Rv. 659124), la cui massima -“In tema di giudizio divisorio avente ad oggetto masse plurime ereditarie provenienti da titoli diversi, la divisione unitaria può avvenire per effetto del consenso comunque manifestato dai condividenti e quello tra essi che la contesti deve risultare portatore di un concreto ed effettivo interesse leso da tale tipo di procedimento unitario divisionale” – si pone in apparente contrasto con l’orientamento consolidato dianzi richiamato. La motivazione di tale ultima sentenza, tuttavia, non contiene l’affermazione della sufficienza di un consenso, comunque manifestato, alla divisione unitaria delle due masse, ma soltanto della necessità che il condividente che si opponga alla divisione unitaria debba essere portatore di un interesse concreto all’opposizione.

Va quindi confermato l’orientamento consolidato, secondo cui la divisione unitaria di masse distinte è possibile soltanto in presenza di accordo tra le parti. Trattandosi di manifestazione di volontà necessariamente proveniente dalla parte, essa non può comunque essere sostituita da quella dell’avvocato, a meno che quest’ultimo non sia stato nominato procuratore speciale, il che – nel caso di specie – non risulta dalla sentenza impugnata. Men che meno appare possibile valorizzare, come ha invece fatto la Corte distrettuale, la semplice condotta processuale del procuratore.

L’accoglimento del primo motivo implica l’assorbimento di tutti gli altri, con i quali il ricorrente contesta, rispettivamente, la determinazione del conguaglio (secondo motivo), la stima di alcuni beni (terzo, quarto, quinto, sesto e settimo motivo), la mancata considerazione delle osservazioni mosse dal ricorrente alla C.T.U. (ottavo motivo), l’omessa considerazione del fatto che il ricorrente è in possesso della qualifica di coltivatore diretto (nono motivo), l’erronea valutazione dell’immobile sito in (OMISSIS) e compreso nella massa ereditaria di R.F. (decimo motivo), ed infine la mancata redazione del progetto divisionale (undicesimo motivo).

La sentenza va quindi cassata, in relazione alla censura accolta, e la causa rinviata alla Corte di Appello di Milano, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

la Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata, in relazione alla censura accolta, e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Milano, in differente composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 18 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2021

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