Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21609 del 19/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/09/2017, (ud. 18/07/2017, dep.19/09/2017),  n. 21609

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1819/2016 proposto da:

S.A., S.M.G., O.C., S.L.,

S.A.R., S.M.G., elettivamente domiciliati

in ROMA, LARGO DI TORRE ARGENTINA, 11, presso lo studio

dell’avvocato ANDREA LAZZARETTI, rappresentati e difesi

dall’avvocato GIOVANNI CAPRIOLI giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

M.A., M.G., M.R., MA.AN., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA TERENZIO, 21 SC. C, presso lo studio

dell’avvocato GAETANO CARLETTI, rappresentati e difesi dagli

avvocati MARCELLO MARCUCCIO, ROSSELLA MARCUCCIO in virtù di procura

a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

M.L., M.A.C., M.C., MA.AS.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 527/2015 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 16/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/07/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Lette le memorie depositate dalle parti.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

M.L., con atto notificato il 10 maggio 1984 convenne S.G. dinanzi al Tribunale di Lecce e, premesso che con scrittura privata del 19 giugno 1976 aveva acquistato dal convenuto al prezzo di Lire 10.000.000 un immobile in (OMISSIS) e che il venditore non aveva ottemperato all’invito di stipulare il rogito notarile di compravendita, domandò la declaratoria dell’avvenuto trasferimento della proprietà del bene e la condanna dello S. al suo immediato rilascio.

Il Tribunale, con sentenza del 18 febbraio 1998, accolse la domanda del M. e dichiarò M.G., M.M., Ma.An., M.A. e M.R., che, in qualità di suoi eredi, avevano riassunto il giudizio dopo il decesso dell’attore, proprietari pro indiviso dell’immobile e debitori solidali verso lo S. del residuo del prezzo di Lire 1.690.000, oltre interessi legali su detta somma dell’1 aprile 1982 al saldo. La decisione, gravata dallo S. e, in via incidentale dai M., venne riformata il 17 febbraio 2003 dalla Corte di Appello di Lecce, che rigettò l’impugnazione incidentale e, in accoglimento per quanto di ragione di quella principale, respinse le domande del defunto attore.

Osservò il giudice di secondo grado che con la scrittura privata del 19 giugno 1976 le parti non avevano trasferito l’immobile, ma avevano soltanto assunto l’obbligo di provvedere al suo trasferimento entro il 31 dicembre 1976, e che, avendo l’attore esercitato in giudizio esclusivamente un’azione ricognitiva di detto trasferimento, all’obbligo assunto dai contraenti di concludere la compravendita non poteva essere data esecuzione specifica, a norma dell’art. 2932 c.c..

Con sentenza n. 14306/2007 la Corte di Cassazione confermò la decisione della Corte distrettuale.

Quindi, con ricorso del 18 ottobre 2007, gli eredi dello S. chiesero al Tribunale di Lecce di accertare che M.G., Ma.An., M.A. e M.R. detenevano sine titulo il bene, e che pertanto fossero condannati all’immediato rilascio.

Con distinto atto di citazione M.G., Ma.An., M.A. e M.R. chiedevano accertarsi l’avvenuta usucapione del medesimo bene, ovvero in subordine che fosse pronunciata sentenza ex art. 2932 c.c..

Disposta la riunione dei giudizi, il giudice adito con la sentenza n. 237 del 29/6/2012 rigettava la domanda dei M., ed in accoglimento di quella degli S. condannava i primi al rilascio del bene.

La Corte d’Appello di Lecce con la sentenza n. 527 del 16 luglio 2015, in riforma della decisione gravata, confermato il rigetto della domanda di usucapione, ha accolto la domanda ex art. 2932 c.c., trasferendo la proprietà degli immobili oggetto di causa dagli eredi di S.G. in favore di M.G., Ma.An., M.A. e M.R., subordinatamente al pagamento della residua parte di prezzo pari ad Euro 827,81.

La Corte leccese in primo luogo riteneva corretto il rigetto della domanda di usucapione atteso che i M. erano stati sempre solo detentori del bene, giusta il contatto di locazione inizialmente concluso dal loro dante causa, ed atteso che il godimento era avvenuto, successivamente alla scadenza del contratto, in virtù della detenzione collegata al contratto preliminare ad esecuzione anticipata.

Quanto alla domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre, che il Tribunale aveva ritenuto inammissibile, in quanto proposta solo da alcuni degli eredi del promissario acquirente, la sentenza rilevava che anche solo alcuni degli eredi potevano agire per l’adempimento del preliminare, tenuto conto altresì del fatto che gli altri coeredi del M. erano stati regolarmente citati in giudizio, restando contumaci in primo grado, e costituendosi in appello (ad eccezione di M.A.C.), al solo fine di aderire alla domanda degli altri eredi.

In tal senso, pur affermata la natura indivisibile dell’obbligazione scaturente dal preliminare, tuttavia non può ravvisarsi alcun concreto interesse del promittente venditore a che il trasferimento della proprietà avvenga a favore di uno ovvero di un altro degli eredi della controparte contrattuale, potendosi quindi procedere alla disamina nel merito della domanda.

In tale prospettiva andava poi rigettata l’eccezione di prescrizione sollevata dagli appellati, tenuto conto che il termine de quo decorreva non dalla data della conclusione del contratto (risalente al 19/6/1976), ma dalla diversa data fissata per la stipula del definitivo, e quindi dalla raccomandata con la quale era stato chiesto l’adempimento (1982).

Inoltre tale termine risultava interrotto a seguito del giudizio promosso nel 1984, e sospeso sino a quando su quella domanda si era pronunciata la Corte di Cassazione nel 2007, con la conseguenza che alla data di introduzione del giudizio in esame, la prescrizione sicuramente non era maturata.

Nel merito quindi, attesa la validità del preliminare, si riteneva sussistente l’inadempimento del promittente venditore che si era rifiutato di addivenire alla conclusione del definitivo senza alcun giustificato motivo, subordinandosi tuttavia il trasferimento della proprietà al versamento della parte di prezzo ancora dovuta, tenuto conto dei vari versamenti documentati in atti.

O.C., S.A., S.M.G., S.M.G., S.A.R. e S.L. hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello sulla base di tre motivi.

M.G., Ma.An., M.A. e M.R. hanno resistito con controricorso.

M.L., M.A.C., Ma.As.Cr. e M.C.L. non hanno svolto difese in questa fase.

Il primo motivo di ricorso denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2932 e 565 c.c. e segg., nella parte in cui la Corte d’Appello ha ritenuto possibile disporre il trasferimento coattivo della proprietà del bene in favore solo di alcuni dei coeredi della parte promissaria acquirente.

In realtà ognuno degli eredi può pretendere solo la quota del patrimonio relitto di sua competenza, così che, attesa la natura indivisibile del bene, non era possibile trasferire la proprietà dell’immobile solo ad alcuni dei coeredi.

Il secondo motivo denunzia invece la violazione e falsa applicazione degli artt. 344 c.p.c. e segg., laddove il giudice di appello ha ravvisato che fosse possibile per gli altri coeredi del M., che non avevano agito in primo grado, intervenire in appello ad adiuvandum, e ciò in palese violazione di quanto precisato dall’art. 344 c.p.c..

I due motivi che possono essere congiuntamente esaminati per la loro connessione sono infondati.

Ed, invero quanto alla possibilità di emettere sentenza ex art. 2932 c.c., solo in favore di alcuni degli aventi diritto, la sentenza ha fatto corretta applicazione dei principi di recente seguiti da questa Corte che ha appunto affermato che (cfr. Cass. n. 5776/2014) la “parte negoziale”, quale entità soggettiva di imputazione delle posizioni attive e passive nascenti dal contratto, è insensibile alle proprie mutazioni interne, sicchè, qualora un promissario acquirente receda dal preliminare di compravendita, l’altro può pretendere la stipula del definitivo e agire ai sensi dell’art. 2932 c.c., facendosi carico dell’intero prezzo.

In senso conforme si veda anche Cass. n. 7287/2005, secondo cui poichè tra obbligazioni indivisibili rientra la promessa di più soggetti di acquistare in comune un immobile considerato nella sua interezza, l’impossibilità che gli effetti del contratto si producano (o non si producano) pro quota o nei confronti soltanto di alcuni dei promissari comporta che il diritto di ciascuno dei creditori di chiedere l’adempimento dell’intera obbligazione, comune alla disciplina delle obbligazioni solidali, richiamata in materia dall’art. 1317 c.c., non sia oggettivamente suscettibile dell’effetto liberatorio parziale nei confronti degli altri creditori previsto dall’art. 1301 c.c., nell’ipotesi di remissione di uno dei creditori.

Per l’effetto anche la remissione di uno dei creditori non determina la liberazione del debitore nei confronti degli altri creditori e il loro diritto di domandare la prestazione indivisibile è condizionato, in tal caso, unicamente all’addebito o al rimborso del valore della parte di colui che ha fatto la remissione (nella specie è stato ritenuto che, a seguito della rinuncia all’adempimento del contratto preliminare da parte di uno dei promissari acquirenti, l’altro aveva diritto ad ottenere il trasferimento dell’ immobile promesso in vendita nella sua interezza).

Trattasi di principi che appaiono evidentemente suscettibili di trovare applicazione anche al caso in cui, subentrati una pluralità di eredi nel diritto ad ottenere il trasferimento del bene in adempimento del preliminare concluso dal de cuius, solo alcuni di essi agiscano ex art. 2932 c.c., non avendo gli altri manifestato interesse all’acquisto.

Inoltre appare del tutto improprio il richiamo alla violazione dell’art. 344 c.p.c., avendo la sentenza appurato che anche gli altri eredi M., diversi da quelli che avevano agito ex art. 2932 c.c., erano stati resi partecipi del giudizio sin dal primo grado, e che tutti, tranne la sola M.A.C., si erano anche costituiti in appello mostrando di aderire alla domanda degli altri successori, confermando in tal modo il loro disinteresse al conseguimento della comproprietà dell’immobile.

Tuttavia, la mancata proposizione di una loro autonoma domanda, sia in primo grado che in appello, e soprattutto la circostanza che si tratta di soggetti presenti nel giudizio sin dal primo grado, esclude che possa prospettarsi la dedotta violazione dell’art. 344 c.p.c..

Il terzo motivo di ricorso lamenta l’erroneo rigetto dell’eccezione di prescrizione, assumendosi che non poteva attribuirsi efficacia interruttiva alla domanda proposta nel diverso giudizio definito da questa Corte con la sentenza del 2007, posto che in quella sede la domanda degli attori era volta ad ottenere l’accertamento del già avvenuto acquisto della proprietà del bene sul presupposto che la scrittura privata del 1976 avesse carattere definitivo.

Il motivo è infondato, occorrendo rilevare che la questione relativa alla prescrizione del diritto azionato in questo giudizio era ormai preclusa, non avendo i ricorrenti proposto appello incidentale avverso la statuizione del Tribunale che aveva rigettato l’eccezione de qua, sebbene pervenendo poi nel merito al rigetto della domanda ex art. 2932 c.c..

A tal fine si rileva che il giudice di primo grado aveva in via preliminare rigettato quanto meno implicitamente l’eccezione di prescrizione, pervenendo alla decisone nel merito circa la domanda di esecuzione in forma specifica, e cioè ritenendo che la proposizione del primo giudizio costituiva atto idoneo ad interrompere la prescrizione anche del diritto all’esecuzione in forma specifica del preliminare.

In presenza di un rigetto dell’eccezione proposta sin dal primo grado dai ricorrenti, deve farsi richiamo a quanto di recente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, che a composizione di un contrasto giurisprudenziale, hanno precisato che (cfr. Cass. SS.UU. n. 11799/2017) qualora un’eccezione di merito sia stata ritenuta infondata nella motivazione della sentenza del giudice di primo grado o attraverso un’enunciazione in modo espresso, o attraverso un’enunciazione indiretta, ma che sottenda in modo chiaro ed inequivoco la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione da parte sua dell’appello incidentale, che è regolato dall’art. 342 c.p.c., non essendo sufficiente la mera riproposizione di cui all’art. 346 c.p.c.. Viceversa, l’art. 346 c.p.c., con l’espressione eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, nell’ammettere la mera riproposizione dell’eccezione di merito da parte del convenuto rimasto vittorioso con riguardo all’esito finale della lite, intende riferirsi all’ipotesi in cui l’eccezione non sia stata dal primo giudice ritenuta infondata nella motivazione nè attraverso un’enunciazione in modo espresso, nè attraverso un’enunciazione indiretta, ma chiara ed inequivoca.

Poichè l’eccezione de qua era stata disattesa dal Tribunale, la possibilità per il giudice di appello di riesaminarla, trattandosi peraltro di eccezione in senso stretto, era condizionata alla proposizione di uno specifico motivo di appello incidentale da parte dei ricorrenti, che però non risulta che lo abbiano proposto, con la conseguenza che sul rigetto della medesima deve ritenersi ormai formato il giudicato.

Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Nulla per le spese per gli intimati che non hanno svolto attività difensiva.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

 

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese in favore dei controricorrenti che liquida in complessivi Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% sui compensi, ed accessori come per legge;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2017

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