Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21608 del 13/10/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 21608 Anno 2014
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: FRASCA RAFFAELE

ORDINANZA
sul ricorso 27316-2012 proposto da:
ALLEGRETTI FABIOLA LLGFBL75A41B9480, elettivamente
domiciliata in ROMA, presso la CORTE DI C ASSAZIONE,
rappresentata e difesa dall’avv. SPINA GIOVANNI, giusta procura
speciale in calce al ricorso;
– ricorrente contro
SARA ASSICURAZIONI SPA in persona del procuratore speciale
nella qualità di Impresa Designata per l’Umbria alla liquidazione dei
Sinistri a carico del Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LEULADA 38/A, presso lo
studio dell’avvocato MECHELL,I GIOVANNI (Studio Legale
Associato

L,ocatelli-Mechelli-Emili),

rappresentata

e

difesa

Data pubblicazione: 13/10/2014

dall’avvocato CAPPANNINI PIETRO, giusta mandato in calce à
controricorso;

– controricorrente nonché contro

ANDREI ELENA BEATRICE;

intimati

avverso la sentenza n. 113/2012 del TRIBUNALE di SPOLETO del
2.4.2012, depositata il 12/04/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/06/2014 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA.

Ric. 2012 n. 27316 sez. M3 – ud. 12-06-2014
-2-

CARIGE ASSICURAZIONI SPA, CUCCI FORTUNATO,

R.g.n. 27316-12 (c.c. 12.6.2014)
Ritenuto quanto segue:
§1. Fabiola Allegretti ha proposto ricorso per cassazione contro la Sara Assicurazioni
s.p.a., la Carige Assicurazioni s.p.a., Fortunato Cucci ed Elena Beatrice Andrei avverso la
sentenza del 12 aprile 2012, con cui il Tribunale di Spoleto ha parzialmente riformato la
sentenza resa in primo grado inter partes il 17 aprile 2007 dal Giudice di Pace di Spoleto.
§2. Al ricorso ha resistito con controricorso la Sara Assicurazioni s.p.a., mentre non
hanno svolto attività difensiva gli altri intimati.

§3. Prestandosi il ricorso ad essere deciso con il procedimento di cui all’art. 380-bis
c.p.c., è stata redatta relazione ai sensi di detta norma ed essa è stata notificata agli avvocati
delle parti costituite, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.
§4. Parte ricorrente ha depositato memoria.
Considerato quanto segue:
§1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. si sono svolte le seguenti
considerazioni:
«[…] §3. Il ricorso può essere deciso con il procedimento di cui all’art. 380-bis
c.p.c., in quanto appare manifestamente inammissibile.
La struttura del ricorso, infatti, si articola nel modo seguente:
a) dopo l’intestazione con l’indicazione delle parti, della sentenza pronunciata in
primo grado e della sentenza impugnata, nonché la riproduzione del suo dispositivo, a
partire dalla pagina quattro si riproduce — dopo che alla metà della pagina tre si è rubricato
il prosieguo come “fatto e svolgimento del processo” — l’atto di citazione di primo grado
nella sua integralità comprese le relate e gli avvisi della notificazione e ciò per sei pagine;
b) di seguito, si dice che la Carige assicurazioni si costituiva chiamando in causa in
garanzia la Sara Assicurazioni e sostenendo il proprio difetto di legittimazione «in virtù
dell’asserita falsità del certificato di assicurazione, e dell’inesistenza del rapporto
assicurativo, e, quindi, senza altro aggiungere si dice che il Giudice di Pace di Spoleto
definì il giudizio con la sentenza che, poi, si dichiara di riprodurre, come la si riproduce, in
copia fotostatica e che consta di sedici pagine;
c) dopo di che si dice, in una pagina indicata come quinta, che la sentenza venne
appellata dalla Allegretti e si dichiara di riprodurre, come la si riproduce, integralmente la
citazione in appello in copia fotostatica, che consta di quattordici pagine;
d) quindi, dopo che in una pagina indicata come sesta si è riferito che la Carige
Assicurazioni e la Sara Assicurazioni si costituivano chiedendo il rigetto dell’appello e che
il giudizio venne definito con la sentenza impugnata, si dichiara di riprodurre quest’ultima,
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Est. Cons. ffaele Frasca

R.g.n. 27316-12 (c.c. 12.6.2014)

come la si riproduce, in copia fotostatica, per le sue quattordici pagine, più una seguente di
attestazione di rilascio di copia.
Solo di seguito si passa ad enunciare l’unico motivo di ricorso
§4. Ora, nel solco di una consolidata pregressa giurisprudenza, simili forme di
adempimento dell’onere di cui all’art. 366 n. 3 c.p.c. sono state ritenute inidonee allo scopo
da Cass. sez. un. n. 5698 del 2012, secondo la quale «In tema di ricorso per cassazione, ai
fini del requisito di cui all’art. 366, n. 3, cod. proc. civ., la pedissequa riproduzione

dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non
essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda
processuale si è articolata; per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della
sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla
costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto
effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso.».
In base a tale principio di diritto, costantemente ribadito dalla giurisprudenza di
questa Corte (si vedano, da ultimo: Cass. (ord.) n. 10244 del 2013; (ord.) n. 17002 del
2013; (ord. n. 593 del 2013; (ord.) n. 594 del 2013; (ord.) n. 595 del 2013; Cass. n. 22039
del 2012, proprio in controversia avente ad oggetto vicenda similare a quella evocata dal
ricorso e nella quale si fornisce ulteriore indicazione delle numerosissime pronunce
precedenti; n. 19474 del 2012; n. 17447 del 2012) il ricorso appare inammissibile.».
§2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione.
2.1. Nella memoria si sostiene che l’orientamento richiamato dalla relazione
(riguardo al quale viene evocata la citata sentenza della Sezioni Unite e Cass. (ord.) n.
17002 del 2013 non riterrebbe che all’assemblaggio di atti consegua automaticamente
l’inammissibilità del ricorso ai sensi del n. 3 dell’art. 366 c.p.c. Quest’ultima
discenderebbe solo «dalla conseguenza che quella tecnica può tendenzialmente produrre,
e cioè di rendere poro chiara l’enunciazione delle censure che il ricorrente propone avverso
la sentenza impugnata.».
Nel caso di specie il motivo di ricorso risulterebbe invece «articolato in maniera
assai chiara».
§2.2. L’assunto della memoria si risolve nella postulazione che, nonostante
un’esposizione sommaria inidonea nei sensi di cui alla giurisprudenza evocata dalla
relazione, il ricorso sarebbe ammissibile se dall’esposizione del o dei motivi potesse
evincersi una cognizione del fatto sostanziale e processuale sufficiente.

4
Est. Cons. Rffae1e Frasca

R.g.n. 27316-12 (c.c. 12.6.2014)

In sostanza la prospettazione della ricorrente è che, in presenza di una parte
espressamente dedicata all’assolvimento del requisito dell’art. 366 n. 3 sotto la rubrica
“svolgimento del processo” e caratterizzata dalla riproduzione della congerie di atti indicati
nella relazione, la causa di inammissibilità individuata dalla giurisprudenza richiamata da
essa non si configurerebbe perché l’esposizione del fatto si dovrebbe ricercare
nell’esposizione del motivo e nella specie essa sarebbe all’uopo idonea.
Ora, è stato già osservato da Cass. (ord.) n. 784 del 2014 (oltre che da numerose altre

decisioni) che simile prospettazione ndta fondamento.
§2.2.1. In particolare la citata decisione si è così espressa:
«Nessuna spiegazione di come e perché una simile prospettazione dovrebbe
conciliarsi con il principio di diritto di cui alla giurisprudenza richiamata dalla relazione i
motivi ed invero ogni spiegazione sarebbe impossibile, perché si dovrebbe ritenere che la
Corte di cassazione, di fronte ad un ricorso caratterizzato da una parte dedicata
all’esposizione del fatto nei termini inutilmente riproduttivi di atti del giudizio di merito,
non dovrebbe rilevare che non si è assolto al requisito dell’art. 366 n. 3 c.p.c., ma
dovrebbe, nonostante una simile fattura del ricorso, passare alla lettura del o dei motivi, per
valutare se la relativa illustrazione soddisfi quel requisito.
Tale prospettazione, se fosse congrua, segnerebbe la negazione stessa della rilevanza
del principio di diritto di cui a Cass. sez. un. n. 5698 del 2012, perché si risolverebbe
semplicemente nella conclusione dell’irrilevanza della adozione da parte del ricorrente di
una tecnica di assolvimento del requisito del n. 3 mediante individuazione del fatto tramite
la riproduzione di atti del merito. Ne deriverebbe che il principio di diritto affermato dalle
Sezioni Unite non sarebbe mai applicabile. Né potrebbe predicarsene un’applicazione
condizionata all’esito della lettura dell’illustrazione dei motivi, perché ciò equivarrebbe a
ritenere che è la mancanza dell’esposizione del fatto in detta illustrazione ad assumere
rilievo decisivo e non l’assemblaggio o l’indiscriminata riproduzione degli atti del giudizio
di merito a costituire inosservanza dell’art. 366 n. 3 c.p.c.
Ne deriverebbe che la figura di inosservanza individuata dalla giurisprudenza di cui
Cass. sez. un. n. 5698 del 2012 costituisce l’approdo fmirebbe per essere del tutto virtuale.
Si deve, poi, osservare che, di fronte ad un ricorso nel quale il litigante in cassazione,
che deve avere un’assistenza tecnica particolarmente qualificata, affidi ad una parte
specifica del ricorso, secondo lo schema auspicato dall’art. 366 c.p.c., l’individuazione del
requisito di cui all’art. 366 n. 3 c.p.c., la Corte di cassazione non sembra legittimata a
ricercare, contro la scelta formale fatta dal medesimo, quel requisito aliunde e, dunque, nei
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Est. Con. Raffaele Frasca

R.g.n. 27316-12 (c.c. 12.6.2014)

motivi. E’ sufficiente osservare che tanto significherebbe non tenere conto dell’atteggiarsi
del potere di introdurre la domanda di impugnazione quanto al requisito dell’esposizione
del fatto, che si è espresso nel ricorso per cassazione in un certo modo, cioè con
l’indiscriminata riproduzione, e che implica che una ricerca di detta esposizione nei motivi
non risulterebbe giustificata secondo l’intenzione del ricorrente.
Ben diverso è il caso in cui manchi invece una parte del ricorso destinata
all’esposizione del fatto: in tal caso, essendosi la domanda di impugnazione articolata

formalmente con i motivi, è consentito ricercare se lo scopo cui avrebbe dovuto assolvere
una parte apposita del ricorso dedicata all’esposizione risulti raggiunto per il modo in cui
sono esposti i motivi e cioè o perché esso offre una informazione completa sul fatto
sostanziale e processuale.
Non altrettanto dicasi se nel ricorso il ricorrente ha inteso destinare una parte
apposita di esso all’esposizione e lo ha fatto con le indicate tecniche.
Quanto sostenuto è pienamente conforme a ciò che, con riguardo al problema, hanno
ritenuto le stesse Sezioni Unite, là dove, dopo avere individuato il principio di diritto per
cui non si può assolvere all’onere di cui al n. 3 dell’alt 366 tramite la riproduzione degli
atti del giudizio di merito e dopo avere osservato espressamente che «La riproduzione
totale o parziale della sentenza impugnata può dunque ritenersi idonea ad integrare il
requisito di cui all’alt 366 e.p.c., n. 3, soltanto quando se ne evinca una chiara esposizione
dei fatti rilevanti alla comprensione dei motivi di ricorso (Cass. n. 5836/2011).», hanno
affermato che «Per converso, il ricorso non può dirsi inammissibile quand’anche difetti
una parte formalmente dedicata all’esposizione sommaria del fatto, se l’esposizione dei
motivi sia di per sé autosufficiente e consenta di cogliere gli aspetti funzionalmente utili
della vicenda sottostante al ricorso stesso»: è palese che il riferimento alla mancanza di
una parte dedicata formalmente all’esposizione sommaria del fatto, sottende che le Sezioni
Unite hanno inteso limitare la possibilità di ricercare l’esposizione del fatto nei motivi al
solo caso in cui tale parte formale non vi sia e non estenderla al caso di esposizione
presente con la tecnica dell’assemblaggio o della riproduzione degli atti.
Prima di esaminare i motivi la Corte di cassazione dev’essere, invece, messa in
grado, attraverso una riassuntiva esposizione di percepire sia l’origine sostanziale della
vicenda di cui è processo, sia il suo dipanarsi nello svolgimento dei gradi di merito, in
modo da poter poi procedere allo scrutinio dei motivi con i dati indispensabili per valutare
se, in relazione all’atteggiarsi della detta vicenda ed allo svolgimento processuale i motivi
sono deducibili e pertinenti, valutazione che è possibile solo se chi li esamina è stato messo
6
Est. Cons 1.affae1e Frasca

R.g.n. 27316-12 (c.c. 12.6.2014)

al corrente della vicenda sostanziale e processuale in modo complessivo e non, come
invece, opina parte ricorrente, nei limiti di quanto, secondo la prospettazione del motivo,
fonda il motivo. Infatti, la sola percezione di quella parte dello svolgimento processuale
funzionale alla prospettazione del motivo potrebbe, se non esaminata al lume di una previa
percezione del fatto sostanziale e processuale nella sua interezza, risultare inidonea a
consentire alla Corte di apprezzare se, in relazione a detto fatto, il motivo ha possibilità di
D’altro canto, allorquando il ricorrente in cassazione rediga il ricorso in modi simili a
quello che presenta il ricorso in esame, cioè ritenendo di assolvere al requisito di cui
all’art. 366 n. 3 c.p.c. tramite la riproduzione di una congerie di atti, poiché è egli stesso
che ha indicato alla Corte la modalità di assolvimento dell’onere di enunciare detto
requisito, resta preclusa la possibilità di procedere alla lettura dei motivi per valutare se da
essi, in ipotesi emerga l’esposizione del fatto per quanto necessario al loro esame.
Non è senza rilievo, d’altronde, che un criterio come quello predicato dalla
ricorrente, cioè che di fronte ad un’esposizione assemblata o riproduttiva comunque si
debba procedere alla lettura dei motivi per vedere se in essi si coglie l’esposizione del
fatto, comporterebbe un dispendio di energie e di tempo da parte della Corte di cassazione
e ciò per un atteggiamento del ricorrente di mancato rispetto del modello legale del ricorso
che non è frutto di particolare rigore formalistico o di prescrizione legislativa
eccessivamente rigorosa, sì da poter incidere, anche nell’ottica della CEDU, sull’effettività
del rimedio del ricorso per cassazione, una volta ammesso dall’ordinamento, ma
semplicemente di una scelta che in modo palese contraddice una prescrizione legislativa
semplice e facilmente osservabile, qual è quella di riassumere il fatto sostanziale e
processuale e, quindi, collocare il giudizio di cassazione nella cornice della sua percezione.
Di fronte ad un ricorso che per l’adozione della nota tecnica non ha messo in grado la
Corte di percepire il fatto sostanziale e processuale, e, quindi non solo in una situazione di
conclamata mancanza formale di un idoneo requisito del n. 3 dell’art. 366 c.p.c., del resto
non impositivo di particolari difficoltà di adempimenti, bensì anche di fronte alla
percezione di un atteggiamento del ricorrente che ha ritenuto di adempiervi in modo
erroneo, cioè con tutti o una serie di atti integrali del giudizio invece che con una modesta
attività riassuntiva, si dovrebbe, del resto, procedere alla lettura dei motivi “alla cieca” e
contro la stessa volontà così manifestata dal ricorrente.
Va, d’altronde rilevato che, essendo il modello legale del contenuto del ricorso per
cassazione previsto con l’onere di redigere in una sua parte l’esposizione sommaria, una
Est. ConsRaffae1e Frasca

essere dedotto in Cassazione.

t,

R.g.n. 27316-12 (c.c. 12.6.2014)

volta che il ricorrente ha inteso assolvere a tale requisito con una simile parte, ma con una
modalità erronea, la stessa ricerca in altra parte del ricorso, come quella destinata secondo
lo schema legale all’enunciazione dei motivi, rappresenterebbe una manifesta
contraddizione della volontà del ricorrente, che, adempiendo in quel modo, ha inteso
assolvere con esso al requisito. E’ vero che la volontà riguardo all’atto processuale non ha
rilievo, ma ai fini della individuazione della sua efficacia e non già della stessa scelta della
Le svolte considerazioni sono sufficienti ad evidenziare l’infondatezza della
argomentazione della memoria, non senza che debba pure rilevarsi che nella specie, ove
fosse stato possibile desumere dal motivo l’esposizione, si sarebbe dovuto considerare che
i ricorrenti nella memoria non hanno dimostrato come e perché espressioni
dell’illustrazione del motivo dovrebbero assumere il carattere di quella esposizione, ma lo
hanno assunto del tutto apoditticamente facendo riferimento a parti dell’illustrazione del
motivo a carattere argomentativo o riproduttive della sentenza impugnata e non descrittive
del fatto.
Il principio di diritto che giustifica la conferma del rilievo di inammissibilità del
ricorso per inosservanza dell’alt. 366 n. 3 c.p.c. è il seguente: «In tema di ricorso per
cassazione, il principio per cui il requisito di cui all’art. 366, n. 3, cod. proc. civ. non è
rispettato ove il ricorrente abbia inteso assolvervi attraverso la pedissequa
riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali ed il ricorso
dev’essere conseguentemente considerato inammissibile per inidoneità di tale tecnica
ad assolvere detto requisito, dev’essere inteso nel senso che una simile struttura del
ricorso esclude che quel requisito possa desumersi per estrapolazione
dall’illustrazione del o dei motivi».
§3.2. 11 ricorso è dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del d.m. n. 55
del 2014.

P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione
alla resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in curo duemilaottocento, di
cui duecento per esborsi, oltre accessori e spese generali come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 12
giugno 2014.

forma da parte di chi lo compie.

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