Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21607 del 19/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/09/2017, (ud. 07/07/2017, dep.19/09/2017),  n. 21607

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22160/2016 proposto da:

R.B. e B.M., elettivamente domiciliati in

Roma, Via degli Scipioni 110, presso lo studio dell’avvocato Marco

Machetta, rappresentati e difesi dall’avvocato Luciano Guerrini;

– ricorrenti –

contro

M.G., elettivamente domiciliata in Roma, Via F.

Confalonieri 5, presso Io studio dell’avvocato Luigi Manzi, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Marina Rebesani;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 370/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 24/02/2016;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/07/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

– R.B. e B.M. hanno proposto due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza di cui in epigrafe, con la quale – per quanto in questa sede ancora rileva – la Corte territoriale, in riforma della pronuncia di primo grado, accertò il confine tra il loro fondo e quello di M.G. (attrice in primo grado) e li condannò al rilascio del terreno occupato, respingendo la domanda rinconvenzionale con la quale i medesimi avevano chiesto l’accertamento dell’acquisto della proprietà del detto terreno per usucapione;

– M.G. ha resistito con controricorso;

– la parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– sia il primo motivo (proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte territoriale ritenuto che l’attrice aveva esercitato il possesso del terreno conteso fino al 1997, anno di costruzione della recinzione) che il secondo motivo (proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione alla mancata valutazione del documento n. 9 prodotto nel giudizio di primo grado) sono manifestamente infondati;

– nella specie, invero, secondo la ricostruzione del fatto compiuta dai giudici di merito, l’attuale muro di recinzione presente sui luoghi è stato realizzato nell’anno 1997, cosicchè fino a quella data si era in presenza di una incertezza del confine di carattere “oggettivo”, connotata dalla promiscuità del possesso della zona confinaria;

– secondo la giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio ritiene di ribadire, l’eccezione di usucapione sollevata da parte del convenuto con l’azione del regolamento di confini non è ammissibile nel caso in cui l’incertezza del confine abbia carattere oggettivo, ossia nell’ipotesi in cui vi sia promiscuità del possesso nella zona confinaria, essendo tale situazione di per sè incompatibile con l’esclusività del possesso quale requisito necessario per usucapire, ma è proponibile soltanto nel caso di incertezza soggettiva, riscontrabile laddove l’attore sostenga che il confine apparente non è quello esatto, per avere il vicino usurpato ai suoi danni la zona confinaria adiacente (cfr., Cass., Sez. 2, n. 27413 del 13/12/2005; Sez. 2, n. 2283 del 27/02/1995);

– sono inammissibili le censure relative all’accertato esercizio del possesso da parte dell’attrice fino al 1997, risolvendosi tali censure in doglianze di merito relative alla valutazione delle prove;

– è inammissibile la censura di cui al secondo motivo, relativa alla mancata valutazione di un documento, essendo la doglianza non specifica per difetto di autosufficienza, non essendo stato trascritto il contenuto del richiamato documento e non consentendosi così alla Corte di vagliarne la decisività;

– la memoria depositata dal difensore non offre argomenti nuovi rispetto ai motivi di ricorso;

– il ricorso va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo;

– ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

PQM

 

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 (duemilatrecento) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 7 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2017

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