Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21605 del 26/10/2016


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Cassazione civile sez. trib., 26/10/2016, (ud. 04/10/2016, dep. 26/10/2016), n.21605

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BOTTA Raffaele – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 28036/11 proposto da:

Sicurella S.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Mazzini n. 142,

presso lo Studio dell’Avv. Vincenzo Pennisi, rappresentata e difesa

dall’Avv. Sergio Cacopardo, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n.

12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 296/18/10 della Commissione Tributaria

Regionale della Sicilia sez. staccata di Catania, depositata il 30

settembre 2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 4

ottobre 2016 dal Consigliere Dott. Ernestino Bruschetta;

udito l’Avv. Vincenzo Pennisi, per delega dell’Avv. Sergio Cacopardo,

per la ricorrente;

udito l’Avv. dello Stato Giovanni Palatiello, per la

controricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

Con l’impugnata sentenza n. 296/18/10 depositata il 30 settembre 2010 la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia sez. staccata di Catania accoglieva l’appello dell’Agenzia delle Entrate e – in riforma della decisione n. 570/07/07 della Commissione Tributaria Provinciale di Catania – respingeva il ricorso promosso da Sicurella S.r.l. avverso la cartella di pagamento emessa ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1972, n. 600, art. 36 bis con la quale veniva recuperato un “credito d’imposta indebitamente compensato relativo all’anno (OMISSIS)”.

Per quanto rimasto d’interesse la CTR spiegava il rigetto del ricorso della contribuente avverso la cartella osservando che la stessa era “stata emessa nel rispetto dei dettami di cui al D.P.R. n. 633 del 1972 D.P.R. n. 600 del 1973 e alla L. n. 212 del 2000” poichè l’iscrizione a ruolo conseguiva a un “controllo automatizzato Mod. Unico 2002 per l’anno d’imposta (OMISSIS) – ex art. 36 bis D.P.R. dal quale scaturiva il debito d’imposta” e – in secondo luogo – che “nessuna comunicazione di irregolarità doveva essere inviata alla contribuente, non sussistendo alcun dubbio sulla debenza delle maggiori imposte, trattandosi di un maggior credito indebitamente riportato in dichiarazione nel quadro RU”. In sintesi, secondo la CTR, vertendosi in materia di controllo automatizzato D.P.R. n. 600 cit., ex art. 36 bis “non era previsto alcun obbligo di notifica rituale della comunicazione d’irregolarità o di motivazione esplicita in quanto relativamente a questa tipologia di controlli dubbi o incertezze su aspetti rilevati della dichiarazione nella generalità dei casi non sussistevano”.

La contribuente proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui l’Ufficio resisteva con controricorso eccependo in limine l’inammissibilità dell’avversaria impugnazione.

La contribuente si avvaleva della facoltà di depositare memoria.

Diritto

1. L’Ufficio ha eccepito l’inammissibilità del ricorso ex adverso perchè tardivo, ma infondatamente perchè l’impugnata sentenza non notificata è stata depositata il 30 settembre 2010, mentre il ridetto ricorso è stato “passato” per la notifica il 15 novembre 2011 ultimo giorno utile, come risulta dal timbro apposto nella prima pagina del ridetto ricorso.

2. Con il primo motivo di ricorso rubricato “Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 per inesistenza/mancanza della motivazione; art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”, la contribuente censurava la sentenza “sotto il profilo della motivazione” perchè le “espressioni utilizzate in sentenza dai giudici del gravame erano inidonee sotto il profilo del logico giuridico a giustificare il decisum” e quindi per il carattere apparente della motivazione derivante dalla omissione di “ogni riferimento fattuale e ai documenti allegati”.

In disparte che quella che viene censurata è una violazione di legge processuale che più esattamente avrebbe dovuto denunciarsi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il motivo appare comunque infondato atteso che la CTR ha in effetti spiegato che le ragioni per cui il ricorso della contribuente andava respinto consistevano nella circostanza della corretta applicazione in fatto e diritto del D.P.R. n. 600 cit., art. 36 bis perchè dalla stessa dichiarazione era emerso evidente che nel quadro RU era stato esposto un credito d’imposta “indebitamente riportato”, con la conseguenza che l’impugnata cartella non doveva contenere una motivazione identica a quella di un accertamento d’imposta e nemmeno doveva necessariamente procedersi a instaurare un preventivo contraddittorio mediante l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità e con ciò rendendo manifesto l’iter logico giuridico seguito nella sentenza (Cass. sez. trib. n. 25138 del 2005; Cass. sez. trib. n. 13990 del 2003).

3. Con il secondo motivo di ricorso rubricato “Violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. – Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, la contribuente deduceva di aver “documentato e ricostruito la spettanza del credito d’imposta, mai disconosciuto, attraverso l’allegazione della seguente documentazione” ecc., che pertanto la CTR non aveva applicato il principio di non contestazione e non aveva altresì attentamente valutato la ridetta documentazione ecc.

In disparte il carattere processuale di almeno parte dei vizi lamentati che avrebbe richiesto una denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in disparte la violazione del principio di autosufficienza ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 non essendo stati trascritti i richiamati documenti con ciò impedendo alla Corte di verificare il contenuto degli stessi quale premessa indispensabile a qualsiasi esercizio nomofilattico che deve ovviamente fondarsi su fatti certi (Cass. sez. 6 n. 16134 del 2015; Cass. sez. 3 n. 8569 del 2013), deve essere comunque fatto rilevare che la non contestazione di documenti non comporta riconoscimento di alcun diritto di credito tributario attesa l’indisponibilità della pretesa fiscale, ma solo eventualmente di fatti posti a suo sostegno (Cass. sez. trib. n. 2196 del 2015; Cass. sez. trib. n. 13834 del 2014) e che ad ogni modo l’accertamento di fatti avrebbe dovuto censurarsi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 applicabile ratione temporis (Cass. sez. 1 n. 1615 del 2015; Cass. sez. 1 n. 16748 del 2013).

4. Con il terzo motivo di ricorso rubricato “Violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 1 e 5”, la contribuente rimproverava alla CTR di non aver dichiarato la nullità della cartella perchè la stessa non era stata preceduta dalla comunicazione di irregolarità D.P.R. n. 600 cit., ex art. 36 bis, comma 3.

Il motivo è infondato alla luce della consolidata giurisprudenza secondo cui la comunicazione in parola non è obbligatoria, non essendo previsto un obbligatorio preventivo contraddittorio prima dell’iscrizione conseguente alla semplice liquidazione d’imposta in base a dichiarazione (Cass. sez. trib. n. 12023 del 2015; Cass. sez. trib. n. 20431 del 2014).

5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte respinge il ricorso; condanna la contribuente a rimborsare all’Ufficio le spese processuali, queste liquidate in Euro 5.200,00 a titolo di compenso, oltre a spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2016

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