Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21605 del 23/10/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 21605 Anno 2015
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso 22810-2010 proposto da:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro
pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in
ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti contro
ALCAR SRL in persona del legale rappresentante pro
tempore, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la
cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato
e difeso dall’Avvocato MAURIZIO VILLANI, (ex art.

Data pubblicazione: 23/10/2015

135) giusta delega in atti;

controricorrente

avverso la sentenza n. 165/2010 della
COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di PESCARA, depositata il
07/06/2010;

udienza del 09/09/2015 dal Consigliere Dott. DOMENICO
CHINDEMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato VOLPE che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato VILLANI che
ha chiesto l’inammissibilità e il rigetto del
ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

22810/10
Fatto
Con sentenza n.165/09/10 depositata il 7.6.2010, la Commissione Tributaria
Regionale dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, rigettava l’appello proposto
dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria
provinciale di Pescara n. 220/01/2008 che aveva ritenuto illegittimo l’avviso di
recupero credito d’imposta, per l’anno 2005, per l’incremento dell’occupazione,

La Commissione tributaria regionale rilevava la compatibilità dell’agevolazione alla
normativa comunitaria e la non soggezione all’obbligo di notifica di cui all’articolo
93, paragrafo tre del Trattato.
L’Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale deducendo i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 63 1. 289/
2002 e 7 , comma 10, 1. 388/ 2000 e del regolamento C.E. 68/ 2001, in relazione
all’articolo 360,n. 3 e 5, c.p.c. avendo erroneamente rilevato la CTR la mancata
applicazione della regola “de minimis”;
b) violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 63 1. 289/
2002 e 7, comma 10, 1. 388/ 2000 e del Regolamento C.E. 68/ 2001, in relazione
all’articolo 360,n. 3 e 5, c.p.c., avendo erroneamente rilevato i giudici di appello
che l’agevolazione non consiste in un aiuto di Stato al quale ricorrendo la
contemporanea congiunta presenza delle quattro condizioni (- vantaggio per l’
impresa — incidenza sul commercio infra comunitario — selettività — trasferimento
di risorse pubbliche), si possa applicare la regola “de minimis”, senza che ciò
comporti un contrasto con l’articolo 87 del trattato CE
c) violazione e falsa applicazione dell’articolo 63 1. 289/ 2002, dei regolamenti CE
n. 69/ 2001 e 2204/2002, in relazione all’articolo 360, numero tre, c.p.c. per
avere i giudici di appello erroneamente dichiarato l’applicabilità del regolamento
2204/2002 successivo alla disciplina delle agevolazioni alle imprese per
l’assunzione di nuovi lavoratori, in sostituzione del regolamento 69/ 2001, senza
che si siano verificate tutte le condizioni previste dal regolamento successivo;
d) violazione e falsa applicazione dell’articolo 63 1. 289/ 2002, del regolamento CE
n. 69/ 2001, in relazione all’articolo 360, numero tre, c.p.c., per avere
disaggregato la norma interna in funzione della norma di diritto comunitario
1

asseritamente indebitamente utilizzato ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 7.

prevista dagli articoli 87,88 e 89 del Trattato CE., oltrepassando i limiti imposti
alla cessione di sovranità stabiliti dall’articolo 11 della Costituzione.
La società si è costituita con controricorso e ha presentato memoria
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 9/9/2015, in cui il PG ha concluso
come in epigrafe.
Motivi della decisione
1. È infondata l’eccezione preliminare della società intimata concernente la mancata

specifica indicazione degli atti e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, imposta
pena di inammissibilità dall’art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ. e la mancata
produzione dei predetti documenti in allegato al ricorso che sarebbe imposta a pena
di improcedibilità dall’art. 369 comma 2, n. 4, cod. proc. civ.
Quanto al primo profilo, il ricorso non articola ed argomenta censure rispetto alle
quali uno o più specifici atti o documenti fungano da fondamento, e cioè quando,
senza l’esame di quell’atto o di quel documento, la comprensione del motivo di
doglianza e degli indispensabili presupposti fattuali sui quali esso si basa, nonché la
valutazione della sua decisività, risulterebbero impossibili (v. Cass. S.U. n. 16887 del
2013), né può essere imputato al ricorso stesso un difetto di autosufficienza, rispetto
alla quale è funzionale la norma di cui all’art. 366 cod. proc. civ.
2. I motivi di ricorso, in quanto logicamente connessi, vanno esaminati
congiuntamente.
L’art. 7, comma 10, L. n. 388 del 2000, disciplina gli incentivi concessi, in forma di
credito d’imposta, ai datori di lavoro che incrementano la base occupazionale, e
prevede: “Per i datori di lavoro che nel periodo compreso tra il 1 gennaio 2001 e il 31
dicembre 2003 effettuano nuove assunzioni di lavoratori dipendenti con contratto a
tempo indeterminato da destinare a unità produttive ubicate nei territori individuati
nel citato art. 4 e nelle aree di cui all’obiettivo 1 del regolamento (CE) n. 1260/1999,
del Consiglio, del 21 giugno 1999, nonché in quelle delle regioni Abruzzo e Molise,
spetta un ulteriore credito d’imposta. L’ulteriore credito d’imposta, che è pari a L.
400.000 per ciascun nuovo dipendente, compete secondo la disciplina di cui al
presente articolo. All’ulteriore credito di imposta di cui al presente comma si applica
la regola de minimis di cui alla comunicazione della Commissione delle Comunità
europee 96/C68/06, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee C68
del 6 marzo 1996, e ad esso sono cumulabili altri benefici eventualmente concessi ai
sensi della predetta comunicazione purché non venga superato il limite massimo di
2

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L. 180 milioni nel triennio”.
La Commissione CE nel 1992 e, successivamente, nel 1996, aveva introdotto, con
una propria Comunicazione, la regola “de minimis” per la quale gli aiuti di esigua
entità (aiuti appunto “de minimis”) non rientrano nel campo d’applicazione dell’art.
87, par. 1, del Trattato, perché, concretamente, non hanno effetti sulla concorrenza e
sugli scambi ed, in quanto tali, non sono soggetti all’obbligo di previa notifica alla
Commissione (ex art. 88, par. 3 del Trattato).

(circa L. 200 milioni) in tre anni non rientrano nel campo d’applicazione dell’art. 92
del Trattato, in quanto non produrrebbero degli effetti percettibili sugli scambi e sulla
concorrenza (Comunicazione della Commissione relativa agli aiuti de minimis, in
GUCE C 68 del 6 marzo 1996, p. 9).
Il legislatore nazionale ha inteso riconoscere il beneficio dell’ulteriore credito
d’imposta in esame, in misura limitata e non in rapporto al numero di lavoratori
effettivamente assunti, facendo proprio, in via di rinvio alla relativa fonte normativa,
il criterio comunitario c.d. “de minimis”.
Questa Corte ha già affermato che

“tale adottata modalità di delimitazione della

agevolazione accordata (qualunque ne sia la natura) rientra nel legittimo esercizio
delle scelte discrezionali dei legislatore, essendo consentito legiferare con la tecnica
del rinvio (recettizio o formale) a norme di altro ordinamento e non riscontrandosi
violazioni della normativa comunitaria, atteso che questa se pone agli stati membri il
divieto di concedere “aiuti di Stato” in misura eccedente la regola “de minimis”, non
impedisce loro di circoscrivere benefici fiscali entro soglie predefinite” (cfr. Cass.
Sez. 5, Sentenza n. 21797 del 20/10/2011)
L’art. 8 stessa legge introduce poi altre agevolazioni fiscali a fronte di nuovi
investimenti in aree svantaggiate ed il comma 1 così recita: “Ai soggetti titolari di
reddito d’impresa, esclusi gli enti non commerciali, che, a decorrere dal periodo
d’imposta in corso al 31 dicembre 2000 e fino alla chiusura del periodo d’imposta in
corso alla data del 31 dicembre 2006, effettuano nuovi investimenti nelle aree
territoriali individuate dalla Commissione delle Comunità europee come destinatarie
degli aiuti a finalità regionale di cui alle deroghe previste dall’art. 87, paragrafo 3,
lettere a) e c), del Trattato che istituisce la Comunità europea, come modificato dal
Trattato di Amsterdam di cui alla L. 16 giugno 1998, n. 209, è attribuito un credito
d’imposta entro la misura massima consentita nel rispetto dei criteri e dei limiti d .
3
(i2/

Per la Commissione, infatti gli aiuti che non superano l’importo di 100.000 ECU

intensità di aiuto stabiliti dalla predetta Commissione. Per il periodo d’imposta in
corso al 31 dicembre 2000 sono agevolabili i nuovi investimenti acquisiti a decorrere
dalla data di entrata in vigore della presente legge o, se successiva, dall’approvazione
del regime agevolativo da parte della Commissione delle Comunità europee. Il
credito d’imposta non è cumulabile con altri aiuti di Stato a finalità regionale o con
altri aiuti che abbiano ad oggetto i medesimi beni che fruiscono del credito
d’imposta.”.

L’agevolazione compete sugli investimenti effettuati a decorrere dal 14 marzo 2001,
vale a dire dal giorno successivo alla data di approvazione da parte dell’Unione
europea del regime agevolativo e non può superare la misura massima consentita nel
rispetto dei criteri e dei limiti di intensità di aiuto stabiliti dalla Commissione
europea.
Il legislatore nazionale tuttavia, nel disciplinare la possibilità di cumulo delle
agevolazioni fiscali prescritte dalla stessa L. n. 388 del 2000, art. 7, comma 10, con
altre forme di aiuto, ha ben individuato la portata della regola “de minimis”, prevista
per le agevolazioni fiscali (di modesta entità) ivi prescritte. Infatti, la possibilità di
cumulo è limitata alla condizione di non superamento, per i benefici fruiti ai sensi
dell’art. 7, del limite massimo “di L. 80.000.000 nel triennio” (Euro 100.000,00).
3. In tema di agevolazioni fiscali, l’art. 63 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 del
2002 ha mantenuto fermo il limite comunitario “de minimis”, per cui il credito
d’imposta per assunzione di lavoratori disoccupati in aree svantaggiate è cumulabile
con ulteriori benefici purchè non sia superato il tetto massimo fissato in sede
comunitaria, mentre non ha alcuna incidenza l’esclusione dal cumulo, prevista
dall’art. 1, comma 8, del d.l. 15 febbraio 2007, n. 10 convertito in legge 6 aprile
2007, n. 46, che riguarda solo gli aiuti concessi in misura superiore al suddetto limite
e non l’ulteriore credito d’imposta legislativamente determinato in misura ad esso
corrispondente.( Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 16178 del 15/07/2014; Cass. Sez. 5,
Sentenza n. 20245 del 04/09/2013).
Nel rinnovare il regime di incentivi alle assunzioni, già disposto con la L. n. 388 del
2000, art. 7, la L. n. 289 del 2002, art. 63, comma 1, ha mantenuto esplicitamente
ferme, per quanto non diversamente regolato, le disposizioni di cui alla L. n. 388 del
2000, art. 7, che, relativamente all'”ulteriore” credito d’imposta per assunzione di
lavoratori disoccupati in aree svantaggiate, testualmente dispone (al comma 10
ultima parte): “All’ulteriore credito di imposta di cui al presente comma si applica la
4

7

regola de minimis di cui alla comunicazione della Commissione delle Comunità
europee 96/C68/06, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee C68
del 6 marzo 1996, e ad esso sono cumulabili altri benefici eventualmente concessi ai
sensi della predetta comunicazione purché non venga superato il limite massimo di
L. 180 milioni nel triennio”.
Pertanto, ai fini della determinazione dell’importo massimo del credito d’imposta di
cui all’art. 7, comma 10 (regola c.d. de minimis in forza della quale gli aiuti di Stato

CE),), si deve tener conto, con le limitazioni indicate, anche del credito d’imposta per
nuovi investimenti ottenuto ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 8) e n. 4 c.p.c. nei
limiti in cui non venga superato, per le agevolazioni fruite ai sensi della citata norma
e nel triennio considerato, il tetto massimo di euro 100.000, alla cui determinazione
complessiva potendo concorrere il diverso credito di imposta per nuovi investimenti
disciplinato dall’art. 8 della medesima (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21797 del
20/10/2011, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20245 del 04/09/2013)
Nel caso di specie la CTR non ha esaminato, sulla base degli atti prodotti, l’eventuale
superamento del tetto massimo previsto, mentre non ha alcuna incidenza l’esclusione
dal cumulo, prevista dall’art. 1, comma 8, del d.l. 15 febbraio 2007, n. 10 convertito
in legge 6 aprile 2007, n. 46, che riguarda solo gli aiuti concessi in misura superiore
al suddetto limite e non l’ulteriore credito d’imposta legislativamente determinato in
misura ad esso corrispondente.
Nessun rilievo ha sulle norme sovraesposte il D.L. 15 febbraio 2007, n. 10, art. 1,
comma 8, convertito in L. 6 aprile 2007, n. 46, secondo cui “sono esclusi dal cumulo
per il computo dell’importo massimo fissato per l’applicazione della regola de
minimis gli aiuti autorizzati dalla Commissione europea o rientranti in un
regolamento di esenzione per categoria anche se riferiti allo stesso presupposto,
qualora la rispettiva normativa non preveda diversamente” – atteso che l’esclusione
dal “cumulo” riguarda solo gli “aiuti” che le norme nazionali abbiano concesso in
misura superiore a detta “regola” comunitaria, non l'”ulteriore credito di imposta” qui
in discussione, legislativamente determinato in misura corrispondente a quella
“regola” ( Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 16178 del 15/07/2014; Cass. n. 7361 del
2012).

5
,”

di esigua entità esulano dal campo di applicazione dell’art. 87, parag. 1, del Trattato

Va, conseguentemente accolto il ricorso,nei limiti indicati, cassata l’impugnata
sentenza con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale
dell’Abruzzo, che si pronuncerà anche in ordine alle spese del giudizio di
legittimità.
PQM
Accoglie il ricorso cassa l’impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione della
Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo che si pronuncerà anche sulle spese

Così deciso in Roma, il 9.9.2015

del giudizio di legittimità.

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