Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21605 del 07/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 07/10/2020, (ud. 09/07/2020, dep. 07/10/2020), n.21605

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1784-2019 proposto da:

N.G., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato GABRIELE FORESTE;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, e per ADER – AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, in

persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliate in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che le rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4639/17/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 15/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa RUSSO

RITA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.-. N.G. ha opposto la cartella di pagamento relativa a tributi erariali dell’anno 1996, emessa dall’ufficio sulla base della ritenuta definitività di un avviso di accertamento opposto dalla contribuente, che però non aveva riassunto il giudizio dopo la sentenza di cassazione con rinvio, con la conseguente estinzione del procedimento. Nel ricorso per cassazione la ricorrente deduce che ella era socia accomandataria della Green Hotel s.a.s., di avere ricevuto un avviso di accertamento per maggiori redditi che aveva impugnato; separato avviso di accertamento aveva ricevuto anche M.I., socio accomandante, che lo aveva pure impugnato. I due giudizi erano stati separatamente trattati e riuniti soltanto in Corte di cassazione; la Suprema Corte aveva quindi cassato con rinvio le due sentenze impugnate ma, innanzi al giudice di merito, il giudizio promosso da M. era stato dichiarato estinto con decreto n. 403/2015, mentre il giudizio promosso da essa era stato dichiarato estinto soltanto nel 2017 (decreto 702/2017); pertanto, deduce la contribuente, al momento in cui è stata notificata la cartella impugnata l’accertamento non era ancora definitivo. Il ricorso della contribuente è stato respinto in primo grado. la CTR della Campania con sentenza del 15 maggio 2018 ha dichiarato la inammissibilità della impugnazione proposta dalla contribuente rilevando che ella aveva introdotto con l’atto di appello nuovi motivi non proposti con il ricorso di primo grado segnatamente la non definitività dell’accertamento al momento della notifica della cartella posto che la dichiarazione di estinzione resa con decreto 403/2015 riguarda l’altro socio.

Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione la contribuente affidandosi a un motivo. L’Agenzia resiste con controricorso Assegnato il procedimento alla sezione sesta, su proposta del relatore è stata fissata l’adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. notificando la proposta e il decreto alle parti.

Diritto

RITENUTO

CHE:

3.- Con il primo motivo del ricorso, la parte lamenta la violazione e

falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e deduce che il divieto dei nova in appello concerne esclusivamente le eccezioni in senso stretto e non si estende alle mere difese; la CTR avrebbe errato quindi a ritenere inammissibile l’appello perchè essa contribuente non ha fatto altro che specificare e sviluppare argomentazioni ed eccezioni difensive già proposte innanzi al primo giudice.

Il motivo è inammissibile

L’art. 366 c.p.c. richiede a pena di inammissibilità requisiti di contenuto-forma che devono essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono essere ricavati da altri atti, come la sentenza impugnata o il controricorso. In particolare è richiesta la chiara esposizione dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le posizioni processuali delle parti con l’indicazione degli atti con cui sono stati formulati causa petendi e petitum, nonchè degli argomenti dei giudizi dei singoli gradi (Cass. 13312/2018; Cass. 18483/2015).

Il principio di autosufficienza richiede inoltre che ai fini del controllo sul corretto svolgersi dell’iter processuale, nel ricorso stesso siano riportati, nei loro esatti termini, e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, i passi del ricorso introduttivo con i quali la questione controversa è stata dedotta in giudizio e quelli del ricorso d’appello con cui le censure ritenute inammissibili per la loro novità sono state formulate (Cass. 23420/2011; Cass. 19410/2015).

La parte denuncia un errore della CTR che avrebbe ritenuto eccezione nuova la deduzione in appello della non definitività dell’accertamento al momento della notificazione della cartella, sostenendo che si tratta di una mera difesa.

Tuttavia al fine di consentire a questa Corte di valutare se effettivamente si tratta di una mera difesa o di una eccezione nuova non riporta nè i passi salienti del ricorso di primo grado nè quelli del ricorso di secondo grado. Non è così possibile verificare se effettivamente di mere difese si tratti, ovvero di nova il cui divieto, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, si applica, oltre che alle domande, alle eccezioni in senso proprio, con il mutamento degli elementi materiali del fatto costitutivo della pretesa ed il conseguente ampliamento del tema della decisione, implicando la deduzione di fatti che richiedono una specifica indagine, non effettuabile per la prima volta in appello (Cass. 8525/2020Cass. 27562/2018).

Il ricorso è pertanto da dichiarare inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 510,00 oltre rimborso spese forfetarie ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2020

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