Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21602 del 26/10/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile sez. trib., 26/10/2016, (ud. 19/09/2016, dep. 26/10/2016), n.21602

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. DAVIGO Piercamillo – Consigliere –

Dott. SANDRINI Enrico Giuseppe – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21671/2012 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE REGINA

MARGHERITA 290, presso lo studio dell’avvocato MARIA BRUNA CHITO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE FAUSTO DI PEDE giusta

delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI BARI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3/2012 della COMM. TRIB. REG. di BARI,

depositata il 16/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/09/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito per il controricorrente l’Avvocato CAPOLUPO che si riporta agli

atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- B.G., esercente l’attività di “confezionamento ed apprestamento di occhiali da vista e lenti a contatto”, impugnava l’avviso di accertamento notificato in data (OMISSIS), che, per l’anno d’imposta (OMISSIS), accertava maggiori ricavi sulla base dell’applicazione degli studi di settore.

Il ricorrente, oltre ad avanzare contestazioni formali e procedurali, nel merito deduceva l’inidoneità degli studi di settore a legittimare l’accertamento operato.

La Commissione Tributaria Provinciale di Bari accoglieva il ricorso.

2.- Proposto appello da parte dell’Agenzia delle Entrate, la Commissione Tributaria Regionale di Bari ha accolto parzialmente il gravame e, per l’effetto, ha ridotto il maggior ricavo accertato ad Euro 61.597,00, importo sul quale calcolare i tributi dovuti e le relative sanzioni; ha compensato le spese processuali. Il giudice d’appello ha preliminarmente constatato “che la metodica di accertamento applicata nell’alto in esame appare corretta in rapporto ai dati e ai redditi dichiarati dal contribuente; quindi, ha ritenuto la regolarità del contraddittorio dinanzi all’Ufficio e l’adeguatezza della motivazione del relativo verbale; ha inoltre valutato le circostanze addotte dal contribuente a proprio favore, reputandole, per un verso, non determinanti (in specie, lo stato di salute nel periodo considerato), per altro verso, generiche e non supportate da adeguati riscontri (quanto a forte concorrenza da parte dei altri operatori, tipo di lenti trattate, redditività temporalmente circoscritta a parte dell’anno per uno dei due esercizi). Infine, si è soffermato sulla rilevanza del valore dei beni strumentali e, sulla base del valore corretto di questi ultimi, nonchè della complessiva situazione dedotta dal contribuente, ha proceduto al ridimensionamento della pretesa tributaria, riducendo il ricavo presunto a quello del “ricavo minimo ammissibile”.

3.- Avverso la sentenza, pubblicata il 16 febbraio 2012, B.G. ha proposto ricorso affidato a quattro motivi.

L’Agenzia delle Entrate, rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, ha notificato controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Col primo motivo di ricorso si denuncia “nullità della sentenza per insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio. Denunzia ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1 e dell’art. 360 c.p.c., n. 5)”, perchè la motivazione della sentenza sarebbe insufficiente in merito alla regolarità del contraddittorio precedente l’accertamento.

1.1.- Col secondo motivo si denuncia “nullità della sentenza per insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio. Denunzia ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1 e dell’art. 360 c.p.c., n. 5), perchè la motivazione della sentenza sarebbe insufficiente in merito agli elementi probatori offerti dal contribuente nel corso del giudizio.

1.2.- Col terzo motivo si denuncia “nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.. Denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, richiamato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1″, perchè il giudice avrebbe ritenuto sufficienti le risultanze degli studi di settore ribaltando l’onus probandi a carico del contribuente.

1.3.- Col quarto motivo si denuncia ” nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.. Denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, richiamato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1″, perchè il giudice di appello avrebbe omesso di pronunciarsi sullo specifico motivo di impugnazione con cui il ricorrente aveva censurato l’avviso di accertamento perchè insufficientemente motivato.

2.- I motivi – che vanno esaminati congiuntamente per evidenti ragioni di connessione – non meritano accoglimento, essendo in parte infondati ed in parte inammissibili.

Questa Corte ha chiarito che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standards al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte (cfr. Cass. S.U. n. 26635/2009, Cass. n. 12558/2010, Cass. n. 12428/2012, Cass. n. 23070/2012).

In termini di onere della prova, nella citata sentenza delle Sezioni Unite, si è affermato, schematicamente, che “l’onere della prova (…) è così ripartito: a) all’ente impositore, fa carico la dimostrazione dell’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto dell’accertamento: b) al contribuente (..) là carico la prova della sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possano essere applicati gli standard o della specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo cui l’accertamento si riferisce”. Come successivamente precisato da questa Corte (Cass. n. 3312/2011), l’effetto del principio di diritto affermato delle Sezioni Unite è stato quello di porre in luce l’importanza del contraddittorio, non solo nel processo ma anche nella realtà, quale strumento principale di verificazione o falsificazione della corrispondenza tra realtà e sua rappresentazione, in quanto proprio “in sede di contraddittorio – il quale può avvenire già in fase amministrativa, ma anche e soprattutto nel giudizio – il contribuente potrà in primo luogo dedurre e dimostrare che i parametri utilizzati sono in sè erronei perchè sono basati su elementi fattuali non corrispondenti alla realtà o su criteri di elaborazione e di inferenza illogici” e potrà quindi chiedere l’annullamento del provvedimento che li ha approvati ovvero dedurre e dimostrare che l’Ufficio impositore è incorso in errore operativo nell’applicare i parametri alla sua realtà ovvero ancora dedurre o l’estraneità della propria attività rispetto alla tipologia alla quale quei parametri intendono riferirsi o la sussistenza, nella propria attività, di caratteri per così dire anormali, cioè di elementi che la diversificano rispetto a quelle in riferimento alle quali è stata individuata la normalità reddituale (cfr., da ultimo, Cass. n. 3415/15, in motivazione).

3.- La C.T.R. si è attenuta ai principi di cui sopra, valutando le circostanze specifiche addotte dal contribuente per escludere, nel caso concreto, l’applicabilità degli studi di settore, nonchè giudicando sia il verbale conclusivo della fase in contraddittorio con l’Ufficio che l’avviso di accertamento impugnato anche quanto alla completezza della motivazione ivi esposta in merito agli esiti del contraddittorio preventivo.

Pertanto, sono destituite di fondamento le censure di cui al primo ed al terzo motivo, essendo sufficienti le risultanze del verbale (così come riprodotte pure nel ricorso) a dare atto delle modalità di svolgimento del contraddittorio amministrativo (non essendo questo l’atto destinato, in sè, a confutare le ragioni del contribuente, come sembra sostenersi col primo motivo) ed essendo stato regolato l’onere della prova come per legge (contrariamente a quanto il ricorrente assume col terzo motivo).

3.1.- Ogni altra censura è inammissibile.

Il quarto motivo, così come formulato con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4 e art. 112 c.p.c., è inammissibile alla stregua del principio per il quale il rapporto tra le istanze delle parti e la pronuncia del giudice, agli effetti dell’art. 112 c.p.c., può dare luogo a due diversi tipi di vizi: se il giudice omette del tutto di pronunciarsi su una domanda od un’eccezione, ricorrerà un vizio di nullità della sentenza per “error in procedendo”, censurabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4; se, invece, il giudice si pronuncia sulla domanda o sull’eccezione, ma senza prendere in esame una o più delle questioni giuridiche sottoposte al suo esame nell’ambito di quella domanda o di quell’eccezione, ricorrerà un vizio di motivazione, censurabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. L’erronea sussunzione nell’uno piuttosto che nell’altro motivo di ricorso del vizio che il ricorrente intende far valere in sede di legittimità, comporta l’inammissibilità del ricorso (così Cass. n. 7268/12 ed altre).

3.2.- Quanto, infine, alle denuncie di vizio di motivazione della sentenza, si osserva che la CTR si è soffermata su ciascuno dei singoli elementi di fatto indicati dal contribuente a proprio favore, tanto da indicare, per ciascuno, le ragioni per le quali li ha reputati non decisivi o generici.

Questi giudizi non sono validamente censurati.

Piuttosto, il ricorrente – che, nell’illustrare i motivi, ripercorre ogni volta l’andamento del giudizio, riproponendo il contenuto dei propri scritti stragiudiziali e giudiziali – ribadisce i suoi personali assunti sulla valenza probatoria delle circostanze già esaminate dal giudice di merito, in modo che il ricorso, per questa parte, si sostanzia nell’inammissibile richiesta rivolta a questa Corte di un nuovo apprezzamento in punto di fatto.

In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nell’importo di Euro 4.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2016

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA