Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21602 del 19/10/2011

Cassazione civile sez. II, 19/10/2011, (ud. 21/09/2011, dep. 19/10/2011), n.21602

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.F., rappresentato e difeso, in forza di procura

speciale a margine del ricorso, dagli Avv. RISO Francesco e Giovanni

Gandolfo, elettivamente domiciliato nello studio dell’Avv. Laura

Opilio in Roma, via Depretis, n. 86;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI NICOSIA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato

e difeso, in forza di procura speciale a margine del controricorso,

dall’Avv. Naselli Domenico, elettivamente domiciliato in Roma nello

studio dell’Avv. Manfredi Fedele Di Catrano, viale del Vignola, n.

11;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Caltanissetta n. 1 del 5

gennaio 2009;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 21

settembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’infondatezza

del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che con sentenza in data 9 marzo 2006 il Tribunale di Nicosia rigettò la domanda con la quale M.F. aveva chiesto che fosse dichiarata, a suo favore, l’intervenuta usucapione, nei confronti del Comune di Nicosia, di un tratto di terreno esistente in quel territorio e censito in catasto alla particella 441/p del foglio 80;

che la Corte d’appello di Caltanissetta, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 5 gennaio 2009, ha rigettato il gravame del M.;

che la Corte territoriale ha escluso che il M., pur avendo avuto negli anni la materiale disponibilità del bene in questione, ne fosse divenuto proprietario;

che – ha sottolineato la Corte di merito – il M., con lettera del 2001, quando l’ipotetico lasso di tempo necessario per l’usucapione era già trascorso, domandò al Comune di Nicosia la “concessione in vendita” del bene;

che – ha proseguito la Corte di Caltanissetta – sussiste un incolmabile iato tra la richiesta, indirizzata al (riconosciuto) proprietario, di acquisto del bene e, poi, la successiva istanza, rivolta al giudice, di declaratoria di intervenuta usucapione del diritto di proprietà di quello stesso bene, giacchè la prima richiesta denota inequivocabilmente la consapevolezza della persistente altruità della cosa, stante l’inconciliabilità tra la domanda, rivolta al soggetto riconosciuto proprietario, di ottenere la vendita di un bene e, d’altra parte, la coscienza di essere divenuto proprietario di quello stesso bene;

che per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il M. ha proposto ricorso, con atto notificato il 12 febbraio 2010, sulla base di un motivo;

che l’intimato Comune ha resistito con controricorso.

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

che con l’unico mezzo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1158 cod. civ., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per la controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5;

che il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: “se il giudice non debba pronunciare declaratoria di intervenuta usucapione, verificata la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della stessa, pur in presenza di una richiesta di acquisto del bene da parte del possessore indirizzata al Comune (proprietario dello stesso bene)”;

che il motivo – scrutinabile nei limiti del conclusivo quesito che accompagna la complessiva doglianza – è infondato;

che la Corte territoriale si è attenuta al principio per cui chi agisce in giudizio per essere dichiarato proprietario di un bene, affermando di averlo usucapito, deve dare la prova di tutti gli elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva e, quindi, non solo del corpus, ma anche dell’animus;

che in questo contesto, con accertamento di fatto logicamente e congruamente motivato, il giudice del merito ha escluso la sussistenza dell’elemento psicologico, necessario ai fini dell’acquisto della proprietà per usucapione da parte di chi esercita il potere di fatto sulla cosa, a motivo della istanza di concessione in vendita del medesimo immobile rivolta dall’interessato al Comune una volta che l’ipotetico lasso di tempo necessario per l’usucapione era già trascorso, avendo ravvisato in detta richiesta un riconoscimento, proveniente dall’interessato medesimo, del difetto dell’animus rem sibi habendi per il periodo pregresso;

che pertanto, non può addebitarsi alla sentenza impugnata la violazione lamentata, avendo il giudice del merito applicato correttamente la norma giuridica che gli imponeva di valutare la sussistenza degli elementi costitutivi dell’usucapione;

che pertanto, il ricorso deve essere rigettato;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal Comune controricorrente, che liquida in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione seconda civile della Corte suprema di Cassazione, il 21 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2011

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