Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21601 del 22/08/2019

Cassazione civile sez. II, 22/08/2019, (ud. 22/05/2019, dep. 22/08/2019), n.21601

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21717/2016 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CIPRO 77,

presso lo studio dell’avvocato GERARDO RUSSILLO, che la rappresenta

e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 170/2016 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositato il 24/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/05/2019 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Lette le memorie di parte ricorrente.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

La Corte d’Appello di Potenza, con decreto depositato il 24 marzo 2016, rigettava l’opposizione, proposta da P.G. in data 2 febbraio 2016 avverso il diniego della domanda (presentata il.20 gennaio 2016). di equa riparazione del danno non patrimoniale derivato dalla non ragionevole durata di una controversia svoltasi davanti al Tar della Basilicata (promossa nel luglio del 1998 e definita con sentenza depositata il 13 settembre 2014, passata in giudicato il 15 ottobre 2015), già negata dal consigliere delegato procedente sul rilievo che nel procedimento presupposto non risultava esser stata presentata istanza di prelievo.

Dato atto che, con l’opposizione, la P. aveva invocato l’indirizzo ermeneutico secondo cui, se alla data del 25 giugno 2008 (di entrata in vigore della L. 6 agosto 2008, n. 133, art. 54) l’istanza di prelievo non era stata proposta, il diritto all’indennizzo spettava comunque per la fase precedente a quella data, la Corte territoriale – risultando dagli atti del giudizio che la ricorrente non aveva proposto istanza di prelievo, infungibile con quella di fissazione di udienza affermava viceversa che (ai sensi del D.L. 23 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, come modificato dal D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 3, comma 23, all. 4), nei giudizi pendenti alla data del 16 settembre 2010 (come quello in esame) la presentazione dell’istanza di prelievo condiziona la proponibilità della domanda di indennizzo anche per il periodo anteriore alla presentazione medesima (orientamento, questo, ritenuto ancora valido anche a fronte della sopravvenuta disciplina dei rimedi alla irragionevole durata dei processi della L. n. 208 del 2015).

Per la cassazione dell’impugnato decreto della Corte d’Appello di Potenza, la P. ha proposto-ricorso, con atto notificato il 20-23 settembre 2016, sulla base di un unico motivo.

Il Ministero dell’economia e delle finanze ha resistito con controricorso.

Con l’unico motivo, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, convertito dalla L. n. 133 del 2008, nonchè degli artt. 13 e 6 della Convenzione dei diritti dell’uomo.

In particolare, la ricorrente deduce che (come anche affermato da giurisprudenza di legittimità) la mancata presentazione dell’istanza di prelievo non può assumere valore interruttivo o sospensivo ai fini del computo della durata del processo, giacchè la previsione di strumenti sollecitatori non incide sul dovere dello Stato di pronunciare sulla domanda, anche in caso di omesso esercizio degli stessi, nè implica il trasferimento sul ricorrente della responsabilità per il superamento del termine ragionevole per la definizione del giudizio, salva restando la valutazione del comportamento della parte al solo fine dell’apprezzamento della entità del lamentato pregiudizio. E rileva come, altresì, la Corte EDU (sentenza 25 febbraio 2016, Olivieri e altri c. Italia) abbia recentemente affermato che l’indennizzo ex lege Pinto è dovuto anche in caso di mancata presentazione dell’istanza di prelievo, ritenuta inidonea a garantire in modo effettivo l’accelerazione della decisione, giacchè nessuno strumento atto a garantire un tale effetto è fornito dal sistema nazionale. Laddove, poi, la parte deduce che la Corte territoriale neppure ha tenuto conto dell’indirizzo giurisprudenziale in virtù del quale essa avrebbe dovuto vedere riconosciuto almeno l’equo indennizzo per il periodo antecedente il 25 giugno 2008 data di entrata in vigore del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, che ha configurato l’istanza di prelievo come presupposto processuale della domanda di equa riparazione.

Questa Corte con ordinanza interlocutoria n. 28237/2017 ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione

di legittimità costituzionale del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma, convertito con modificazioni in L. n. 133 del 2008, come modificato dall’art. 3, comma 23, dell’Allegato 4 al D.Lgs. n. 104 del 2010 in relazione all’art. 117 Cost., comma 1, e ai parametri interposti dell’art. 6, par. 1, artt. 13 e 46, par. 1 CEDU. Ritiene il Collegio che il ricorso sia fondato, dovendo prendersi atto che nelle more del presente giudizio è intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale n. 34 del 6 marzo 2019, che ha dichiarato incostituzionale il D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, e successive modifiche, qui rilevante, trattandosi nella specie di procedimento per il quale non risulta applicabile la previsione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 1, come novellato dalla L. n. 208 del 2015, (attesa la specifica norma transitoria di cui all’art. 6, comma 2 bis, della stessa L. n. 89 del 2001, atteso che il processo presupposto alla data del 31 ottobre 2016 avrebbe già superato i termini di durata ragionevole).

La Consulta, nel richiamare la costante giurisprudenza della Corte EDU, secondo cui i rimedi preventivi, volti ad evitare che la durata del procedimento diventi eccessivamente lunga, sono ammissibili, o addirittura preferibili, eventualmente in combinazione con quelli indennitari, ma ciò solo se “effettivi” e, cioè, nella misura in cui velocizzino la decisione da parte del giudice competente (così, in particolare, Corte Europea dei diritti dell’uomo, grande Camera, sentenza 29 marzo 2006, Scordino contro Italia), ha ricordato come già con la sentenza del 2 giugno 2009, Daddi contro Italia, detta Corte, pur dichiarando il ricorso inammissibile per il mancato esperimento del rimedio giurisdizionale interno, aveva preannunciato che una prassi interpretativa ed applicativa del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, nel testo antecedente alla modifica di cui al D.Lgs. n. 104 del 2010 – che avesse avuto come effetto quello di opporsi all’ammissibilità dei ricorsi ex lege Pinto (relativi alla durata di un processo amministrativo conclusosi prima del 25 giugno 2008), per il solo fatto della mancata presentazione di un’istanza di prelievo – avrebbe privato sistematicamente alcune categorie di ricorrenti della possibilità di ottenere una riparazione adeguata e sufficiente.

Ha altresì rammentato che di recente, con la sentenza 22 febbraio 2016, Olivieri e altri contro Italia, la Corte EDU aveva affrontato il problema dell’effettività del rimedio nazionale ex lege n. 89 del 2001, soggetto alla condizione di proponibilità del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2. Ed esaminando diacronicamente tale disposizione, fino al testo scaturito dalle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 104 del 2010, aveva conclusivamente ritenuto che la procedura nazionale per lamentare la durata eccessiva di un giudizio dinanzi al giudice amministrativo, risultante dal combinato disposto della “legge Pinto” con la disposizione stessa, non potesse essere considerata un rimedio effettivo ai sensi dell’art. 13 della CEDU. Ciò soprattutto sul rilievo che il sistema giuridico nazionale non prevede alcuna condizione volta a garantire l’esame dell’istanza di prelievo.

Per l’effetto ha ritenuto che la norma in esame si pone in contrasto con la “costante giurisprudenza della Corte EDU”, atteso che l’istanza di prelievo, cui fa riferimento il D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, (prima della rimodulazione, come rimedio preventivo, operatane dalla L. n. 208 del 2015), non costituisce un – adempimento necessario ma una mera facoltà del ricorrente (ex art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, la parte “può” segnalare al giudice l’urgenza del ricorso), con effetto puramente dichiarativo di un interesse già incardinato nel processo e di mera “prenotazione della decisione” (che può comunque intervenire oltre il termine di ragionevole durata del correlativo grado di giudizio), risolvendosi in un adempimento formale, rispetto alla cui violazione la, non ragionevole e non proporzionata, sanzione di improponibilità della domanda di indennizzo risulta non in sintonia nè con l’obiettivo del contenimento della durata del processo nè con quello indennitario per il caso di sua eccessiva durata.

La sopravvenuta declaratoria di incostituzionalità della norma che subordinava la proponibilità della domanda di equo indennizzo alla necessaria presentazione dell’istanza di prelievo per contrasto con i parametri convenzionali della CEDU (art. 6 par. 1), la cui violazione comporta, appunto, per interposizione, quella dell’art. 117 Cost., comma 1, impone quindi la cassazione del decreto impugnato con rinvio per nuovo esame alla Corte d’Appello di Potenza, in diversa composizione, la quale dovrà in ogni caso considerare, come ribadito dalla Consulta nella menzionata sentenza, che la mancata presentazione dell’istanza di prelievo può costituire elemento indiziante di una sopravvenuta carenza, o di non serietà, dell’interesse della parte alla decisione del ricorso, potendo quindi assumere rilievo ai fini della quantificazione dell’indennizzo ex L. n. 89 del 2001, ma non potendo viceversa condizionare la stessa proponibilità della correlativa domanda.

Al giudice del rinvio è demandata anche la liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso e cassa la decisione impugnata con rinvio anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Potenza, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 22 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 agosto 2019

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