Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21601 del 19/10/2011

Cassazione civile sez. II, 19/10/2011, (ud. 21/09/2011, dep. 19/10/2011), n.21601

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.L., rappresentato e difeso, in virtù di procura

speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Lovelli Alfredo,

elettivamente domiciliato nello studio dell’Avv. Maria Pia Alvito,

via Pietro da Cortona, n. 5 ;

– ricorrente –

contro

V.P.;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce n. 795 del 29

dicembre 2008;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 21

settembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per

l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che con sentenza in data 29 giugno 2005, il Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Francavilla Fontana, respinse la domanda con cui M.L. aveva chiesto la risoluzione del contratto di acquisto di un autoveicolo, per inadempimento del venditore V.P. all’obbligo di consegnare i documenti di circolazione, oltre alla condanna del convenuto al risarcimento del danno;

che la Corte d’appello di Lecce, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 29 dicembre 2008, ha rigettato il gravame, sottolineando – sulla base della documentazione in atti e della deposizione dei testi escussi – che il venditore V. spedì, tramite l’agenzia Biondi, un plico al M. – plico da quest’ultimo rifiutato – contenente il foglio complementare e la carta di circolazione;

che per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il M. ha proposto ricorso, con atto notificato il 12 febbraio 2010, sulla base di due motivi;

che l’intimato non ha resistito con controricorso.

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

che il primo motivo denuncia violazione ed omessa ovvero erronea applicazione dell’art. 167 cod. proc. civ., in relazione all’art. 1477 c.c., comma 3, e all’art. 93 C.d.S.;

che il secondo mezzo censura motivazione del tutto omessa e, sotto altro profilo, insufficiente e contrad-dittoria circa alcuni fatti controversi e decisivi per il giudizio;

che il primo motivo è privo del quesito di diritto, prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366-bis cod. proc. civ., ratione temporis applicabile;

che questa Corte ha in più occasioni chiarito che i quesiti di diritto imposti dall’art. 366-bis cod. proc. civ. – introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 secondo una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimità – rispondono all’esigenza di soddisfare non solo l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo stesso e con più ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto applicabile alla fattispecie, collaborando alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione; i quesiti costituiscono, pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti, inadeguata e, quindi, non ammissibile l’investitura stessa del giudice di legittimità (tra le tante, Cass., Sez. Un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass., Sez. Un., 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., Sez. Un., 29 ottobre 2007, n. 22640);

che il quesito di diritto non può essere desunto per implicito dalle argomentazioni a sostegno della cen-sura, ma deve essere esplicitamente formulato, diversamente pervenendosi ad una sostanziale abrogazione della norma (Cass., Sez. Un., 17 aprile 2009, n. 9153);

che il secondo motivo è stato redatto senza l’osservanza dell’onere, imposto dall’art. 366-bis cod. proc. civ., del quesito di sintesi;

che invero, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto e le ragioni per le quali la motivazione è omessa, insufficiente o contraddittoria, imposto dall’art. 366-bis cod. proc. civ., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, all’inizio o al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Cass., Sez. 3^, 7 aprile 2008, n. 8897; Cass., Sez. 1^, 8 gennaio 2009, n. 189;

Cass., Sez. 1^, 23 gennaio 2009, n. 1741);

che nella specie detto quesito di sintesi è del tutto assente;

che non rileva che il ricorso sia stato notificato quando la L. 18 giugno 2009, n. 69, era già stata pubblicata ed entrata in vigore;

che invero, alla stregua del principio generale di cui all’art. 11 preleggi, comma 1, secondo cui, in mancanza di un’espressa disposizione normativa contraria, la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo, nonchè del correlato specifico disposto della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5 in base al quale le norme previste da detta legge si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge (4 luglio 2009), l’abrogazione dell’art. 366-bis cod. proc. civ. (intervenuta ai sensi della citata L. n. 69 del 2009, art. 47) è diventata efficace per i ricorsi avanzati con riferimento ai provvedimenti pubblicati successivamente alla suddetta data, con la conseguenza che per quelli proposti – come nella specie – contro provvedimenti pubblicati antecedentemente (e dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40) tale norma è da ritenere ancora applicabile (Cass., Sez. 1^, 26 ottobre 2009, n. 22578; Cass., Sez. 3^, 24 marzo 2010, n. 7119);

che pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte dichiara, il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione seconda civile della Corte suprema di Cassazione, il 21 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2011

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