Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21600 del 20/09/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 21600 Anno 2013
Presidente: CARNEVALE CORRADO
Relatore: MERCOLINO GUIDO

ha pronunciato la seguente

Data pubblicazione: 20/09/2013

OGGETTO: contrat-

SENTENZA

to bancario

sul ricorso proposto da
COLA LAURA, elettivamente domiciliata in Roma, alla via Mordini n. 14, presso
l’avv. GIOVANNI PETRILLO, unitamente agli avv. LEONIDA MARIA GABRILLI e MARIA CARMELA PICARIELLO, dai quali è rappresentata e difesa
in virtù di procura speciale a margine del ricorso
RICORRENTE

contro
BANCA MONTE DEI PASCHI DI S1ENA S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, alla via di S. Valentino n. 21,
presso l’avv. prof. FRANCESCO CARBONETTI, dal quale è rappresentata e difesa in virtù di procura speciale in calce al controricorso
CONTRORICORRENTE

avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 3661/10, pubblicata P8

o-201
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novembre 2010.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9 aprile 2013
dal Consigliere dott. Guido Mercolino;

te;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Immacolata ZENO, la quale ha concluso per la dichiarazione d’inammissibilità ed in subordine per l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I — Laura Cola convenne in giudizio la Banca 121 S.p.a., chiedendo la dichiarazione di nullità o l’annullamento del contratto sottoscritto in Avellino 1’11
ottobre 2000, con cui aveva aderito al piano finanziario denominato «My Way»,
nonché la dichiarazione dell’illiceità o dell’illegittimità dell’operazione di investimento, con la condanna della convenuta alla restituzione delle somme versate.
A sostegno della domanda, riferì che il contratto prevedeva la concessione di
un finanziamento trentennale da restituire in rate mensili addebitate sul conto corrente ad essa intestato presso la medesima Banca, e da utilizzare esclusivamente
per l’acquisto di obbligazioni e di quote di un fondo comune d’investimento specificamente indicate, destinate ad essere immesse in un deposito a custodia ed amministrazione a tal fine costituito, con il conferimento alla Banca di un mandato
irrevocabile ad agire in nome della cliente ed a regolare le spese ed i compensi direttamente sul conto corrente. Tanto premesso, espose che al momento della sottoscrizione della proposta il promotore finanziario della Banca si era limitato ad
assicurarle che si trattava di una remunerativa operazione d’investimento, omettendo di fornirle le dovute informazioni e di consegnarle copia del contratto e del-

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udito l’avv. Fabrizio Carbonetti per delega del difensore della controricorren-

le condizioni generali; soltanto quando ella, accortasi del raggiro, aveva chiesto la
restituzione delle somme versate, egli l’aveva avvertita della scarsa convenienza
del disinvestimento, dovuta al consistente deprezzamento dei titoli, per effetto del-

Nel giudizio, si costituì la Banca 121 Promozione Finanziaria S.p.a. (che in
seguito ha assunto la denominazione di M.P.S. Banca Personale S.p.a.), dichiarando di essere succeduta nel rapporto contrattuale alla Banca 121, estintasi a seguito di fusione per incorporazione nella Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a.
1.1. — Con sentenza dell’8 novembre 2006, il Tribunale di Avellino rigettò la
domanda.
2. — Il gravame proposto dalla Cola è stato rigettato dalla Corte d’Appello di
Napoli, che con sentenza dell’8 novembre 2010 ha rigettato anche l’appello incidentale proposto dalla Banca.
A fondamento della decisione, la Corte, per quanto ancora rileva in questa
sede, ha escluso che il consenso dell’attrice potesse ritenersi viziato da errore, negando la configurabilità della mala fede della Banca o del promotore finanziario,
in quanto dalla lettura del piano finanziario sottoscritto dall’attrice si evinceva con
chiarezza l’oggetto del contratto, consistente nell’erogazione di un finanziamento a
lungo termine per l’acquisto immediato di strumenti finanziari, e quindi in un’operazione annoverabile tra i servizi accessori previsti dall’art. 1, comma sesto, lett.
c), del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58. In proposito, ha ritenuto irrilevanti sia le deposizioni rese dai testimoni escussi in primo grado, in quanto insufficienti, nella
loro genericità, a contrastare le univoche risultanze della documentazione prodotta, sia la mancata prova dell’invio alla cliente di copia del contratto e dei relativi
allegati, in quanto non attinente al momento genetico del rapporto. Ha poi rilevato

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l’andamento negativo della Borsa, ed alla cospicua penale prevista per il recesso.

che all’atto della stipulazione l’attrice aveva dichiarato di avere un’alta esperienza
finanziaria ed un’alta propensione al rischio, nonché di aver preso visione del documento sui rischi generali degl’investimenti e di aver ricevuto adeguate informa-

pertanto concluso che la Banca aveva adempiuto gli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza posti a suo carico, escludendo anche che l’attrice
avesse potuto fraintendere la natura giuridica dell’operazione conclusa.
Ila inoltre ritenuto che, in assenza di una specifica previsione normativa, la
violazione dei doveri di informazione e correttezza previsti dal d.lgs. n. 58 del
1998 e dal regolamento Consob n. 11522 del 1° luglio 1998, costituenti specificazione ed integrazione di quelli generali di diligenza e buona fede nella formazione
ed esecuzione del contratto, non potesse determinare la nullità del contratto d’intermediazione finanziaria, ma solo la responsabilità precontrattuale o contrattuale
dell’intermediario, a seconda che la violazione riguardasse la fase anteriore alla
stipulazione o le operazioni compiute in esecuzione del contratto, trovando per il
resto applicazione le sanzioni amministrative previste per gl’intermediari finanziari, nonché, relativamente agli ordini di acquisto impartiti dalla cliente, gli altri rimedi civilistici.
La Corte ha infine escluso l’applicabilità degli artt. 1469-ter e ss. cod. civ.,
negando che il rapporto tra le parti fosse caratterizzato da un significativo squilibrio delle rispettive posizioni o fosse stato posto in essere in violazione della buona fede, ovvero che le clausole contrattuali fossero state redatte in modo poco
chiaro e incomprensibile.
3. — Avverso la predetta sentenza la Cola propone ricorso per cassazione, articolato in tre motivi. Resiste con controricorso, illustrato anche con memoria, la

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zioni sulla natura, le caratteristiche, i rischi e le implicazioni dell’operazione; ha

Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a., succeduta alla M.P.S. Banca Personale a
seguito di fusione per incorporazione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la viola-

zione degli artt. 1176, 1322 e ss., 1427, 1429 e 1813 cod. civ. e degli artt. 21 e ss.
del d.lgs. n. 58 del 1998, nonché l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa
un punto decisivo della controversia, sostenendo che la Corte d’Appello, nell’escludere l’annullabilità del contratto per errore, non ha tenuto alcun conto delle testimonianze assunte, dalle quali emergeva che essa ricorrente aveva inteso aderire
ad un piano di accumulo con finalità previdenziali, e non già concludere un contratto di mutuo, alla cui stipulazione era stata indotta dalla mala fede del promotore finanziario, che non le aveva consentito di prendere visione ed ottenere copia
della relativa documentazione, in tal modo impedendole di conoscere il vero oggetto del contratto. Ai fini dell’esclusione dell’errore, la Corte ha attribuito prevalente rilievo alla documentazione prodotta, senza considerare che la Banca non
aveva provato di aver adempiuto i doveri posti a suo carico nella fase precontrattuale né di aver agito con la prescritta diligenza, e senza tener conto dell’avvenuta
sottoscrizione della documentazione in bianco, della consistenza dell’importo finanziato e della durata del rapporto, nonché della circostanza che essa ricorrente,
priva di redditi, era al suo primo investimento.
Secondo la ricorrente, il contratto è stato erroneamente qualificato come mutuo di scopo convenzionale, in quanto, non prevedendo la collocazione della
somma mutuata a disposizione del cliente, ma la sua utilizzazione per l’acquisto
degli strumenti finanziari indicati, con l’attribuzione alla Banca della facoltà di determinare unilateralmente la natura e l’entità degl’investimenti, si configurava co-

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1.

me contratto atipico, la cui causa consisteva nella vendita di particolari prodotti
finanziari attraverso un’operazione interamente gestita dalla Banca, la quale si era
fatta rilasciare un mandato ad operare in piena autonomia sul conto corrente. Tale

trasferimento dell’alea contrattuale interamente a carico della cliente, la quale
s’impegnava ad acquistare prodotti della Banca, pagando in più il tasso d’interesse
previsto per il finanziamento, senza alcuna garanzia di conservazione del capitale
e di conseguimento di un reddito futuro, mentre la Banca, oltre ad autofinanziarsi
con la vendita dei prodotti, lucrava anche il tasso d’interesse senza obbligarsi ad
alcuna controprestazione.
Avendo ad oggetto la vendita di strumenti finanziari, il contratto imponeva
inoltre alla proponente l’osservanza di doveri più specifici di diligenza, correttezza

e trasparenza nell’interesse del cliente, nonché il dovere di garantire a quest’ultimo
la massima informazione e quello di evitare, per quanto possibile, conflitti d’interessi: l’inadempimento di tali doveri, se incidente sulla fase di formazione del contratto, non solo può esser fonte di responsabilità contrattuale per la Banca, ma può
dar luogo anche all’annullabilità del contratto, ove l’insufficienza informativa induca in errore il risparmiatore. Ai sensi dell’art. 23, comma sesto, del d.lgs. n. 58
del 1998, l’onere di fornire la prova dell’adempimento incombeva alla Banca, la
quale non lo ha assolto, essendosi limitata a produrre i formulari sottoscritti da essa ricorrente, ma a lei mai consegnati, recanti dichiarazioni in ordine alla sua propensione al rischio non confortate dall’indicazione di elementi raccolti dal promotore finanziario.
2.

Con il secondo motivoy la ricorrente deduce la violazione e/o la falsa

applicazione dell’art. 47 Cost., degli artt. 1813 e ss. cod. civ., degli artt. 1, 5, 6, 7,

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causa non poteva essere considerata meritevole di tutela, in quanto comportava il

8, 21, 23, 24, 28, 29 e 30 del d.lgs. n. 58 del 1998 e dell’art. 27 del regolamento
Consob n. 11522 del 1998, nonché l’insufficiente e contraddittoria motivazione
circa un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata nella

ordine alle caratteristiche dell’operazione, senza accertare quali fossero le concrete
avvertenze e le specifiche indicazioni fornite al cliente, e se le stesse risultassero
tali da soddisfare le esigenze del rapporto, in relazione alle sue caratteristiche personali ed alla sua situazione finanziaria.
La Corte territoriale non ha infatti considerato che il contratto non indicava se
l’operazione fosse conforme al profilo del cliente ed agli scopi che lo stesso si prefiggeva, e che la Banca, oltre a non aver provato di aver fornito alla cliente le informazioni fondamentali relative ai titoli in cui investire, si era astenuta dal dichiarare che l’interesse sotteso alla stipulazione del contratto era in conflitto con
quello della controparte, alla quale non era stato rilasciato il testo del contratto, in
tal modo impedendole di verificare la corrispondenza dello stesso agli accordi negoziali ed il tempestivo esercizio del diritto di recesso.
Sostiene infine la ricorrente che la sentenza impugnata ha omesso di pronunciare in ordine alla mancata previsione della facoltà di recesso dalle singole operazioni di sottoscrizione e dall’intero contratto, escluso il finanziamento, nonché,
in relazione a quest’ultimo, della facoltà di ripensamento non oneroso, la cui omissione comportava la nullità del contratto ai sensi dell’art. 30 del d.lgs. n. 58 del
1998.
3. — Con il terzo ed ultimo motivo la ricorrente lamenta la violazione e la
falsa applicazione degli artt. 1469-bis e ss. e 1322 cod. civ., nonché l’insufficiente
e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, assu-

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parte in cui ha affermato che essa ricorrente era stata adeguatamente informata in

mendo che, nel ritenere inapplicabile la disciplina relativa alle clausole vessatorie,
la sentenza impugnata ha erroneamente escluso la sussistenza di uno squilibrio nel
rapporto contrattuale, configurandosi la fattispecie come contratto atipico aleato-

gio della Banca. Tale squilibrio, che oltrepassava i limiti della normale alea contrattuale, comportava la nullità dell’intero contratto, in quanto volto a realizzare
interessi non meritevoli di tutela, ed in particolare della clausola che prevedeva
l’accettazione da parte del cliente del rischio di perdite anche eccedenti l’esborso
originario, non essendo stata rispettata, soprattutto nella fase precontrattuale, la
disciplina posta a tutela del consumatore.
4. — Logicamente prioritario, nell’ambito delle predette censure, è l’esame di
quelle proposte con il primo ed il terzo motivo relativamente alla qualificazione
del contratto stipulato tra le parti, la cui natura di contratto atipico, ad avviso della
ricorrente, implicando la verifica della meritevolezza di tutela degli interessi perseguiti dalle parti, ai sensi dell’art. 1322, secondo comma, cod. civ., avrebbe dovuto imporre la dichiarazione di nullità del contratto per illiceità della causa.
La questione non può peraltro trovare ingresso in questa sede, attenendo ad
un profilo di nullità del contratto che non risulta esaminato dalla Corte d’Appello,
e del quale non è stata fatta valere l’avvenuta deduzione nelle precedenti fasi del
giudizio, in cui, come si evince dalla sentenza impugnata, la ricorrente ha posto a
fondamento dell’azione di nullità esclusivamente la violazione degli artt. 1469-ter
e 1469-quater cod. civ. e l’inadempimento da parte della convenuta dei doveri
d’informazione che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione
dei servizi d’investimento finanziario. Il potere del giudice di rilevare d’ufficio la
nullità degli atti giuridici, ai sensi dell’art. 1421 cod. civ., dev’essere infatti coor-

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rio unilaterale, sprovvisto di una pur minima corrispettività e ad esclusivo vantag-

dinato con il principio della domanda posto dall’art. 112 cod. proc. civ., cui è informata la disciplina del processo civile, ed alla stregua del quale la nullità è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, indipendentemente dall’attività assertiva

di un atto, la cui validità si ponga come elemento costitutivo della domanda; ove
invece, come nel caso in esame, sia l’attore a chiedere la dichiarazione d’invalidità
di un atto per lui pregiudizievole, la pronuncia del giudice deve essere circoscritta
alle ragioni di illegittimità enunciate dall’interessato, non potendo fondarsi su elementi rilevati d’ufficio o tardivamente indicati, dal momento che in tale ipotesi
la nullità si configura come elemento costitutivo della domanda, che opera come
limite alla pronuncia del giudice (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. 1, 27 aprile 2011, n.
9395; Cass., Sez. III, 28 novembre 2008, n. 28424; Cass., Sez. 11, 17 maggio
2007,n. 11550).
4.1. — L’omissione del controllo di meritevolezza degl’interessi sottesi alla
stipulazione del contratto non può costituire oggetto di esame in questa sede neppure in relazione alle censure proposte con il terzo motivo d’impugnazione, nella
parte riflettente l’erronea esclusione della configurabilità di uno squilibrio nel rapporto contrattuale, trattandosi di un profilo sostanzialmente estraneo alle questioni
sollevate nel giudizio di merito, in cui, come si evince dalla sentenza impugnata,
l’applicabilità degli artt. 1469-bis e ss. cod. civ. era stata fatta valere dalla ricorrente non già in riferimento all’affermato superamento di quel margine di aleatorietà che assicura comunque la conservazione del rapporto di corrispettività tra le
prestazioni, ma esclusivamente in ragione del difetto di chiarezza e comprensibilità delle clausole contrattuali unilateralmente predisposte dalla Banca.
In riferimento a quest’ultimo profilo, occorre invece rilevare che il controllo

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delle parti, esclusivamente nel caso in cui si contesti l’applicazione o l’esecuzione

giudiziale sul contenuto dei contratti stipulati con il consumatore, introdotto dalle
disposizioni invocate dalla ricorrente, pur postulando una valutazione complessiva
dei diritti e degli obblighi contemplati dal programma contrattuale, nell’ambito

sazione in benefici previsti da altre pattuizioni, è circoscritto alla componente normativa del contratto, restando preclusa ogni valutazione in ordine alle caratteristiche tipologiche e qualitative del bene o del servizio fornito ed all’adeguatezza tra
le reciproche prestazioni, dal momento che l’art. 1469-ter, secondo comma, cod.
civ. si limita a richiedere che l’oggetto del contratto ed il corrispettivo pattuito siano individuati in modo chiaro e comprensibile. La sussistenza di tali requisiti ha
costituito nella specie oggetto di puntuale verifica da parte della Corte d’Appello,
la quale ha ritenuto che dalla lettura del piano finanziario sottoscritto dalla ricorrente emergesse con chiarezza la natura dell’operazione concordata, consistente
nell’erogazione di un finanziamento a lungo termine della Banca al cliente per
l’acquisto immediato di strumenti finanziari, e quindi inquadrabile tra i servizi accessori previsti dall’art. 1, comma sesto, del d.lgs. n. 58 del 1998, che alla lettera

e) contempla proprio la concessione di finanziamenti agli investitori per consentire loro di effettuare un’operazione relativa a strumenti finanziari, nella quale interviene il soggetto che concede il finanziamento.
In presenza di tale chiara indicazione, non può trovare spazio il controllo
contenutistico invocato dalla ricorrente, il quale, d’altronde, pur potendo condurre
alla dichiarazione d’invalidità o d’inefficacia dell’intero contratto, ove alla clausola
ritenuta vessatoria debba attribuirsi carattere essenziale, deve pur sempre riferirsi
a singole pattuizioni, non potendo investire nella sua interezza il programma negoziale concordato dalle parti. Inammissibile, in proposito, risulta la focalizzazio-

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della quale gli svantaggi determinati da singole clausole possono trovare compen-

ne della questione sulla clausola contrattuale che prevedeva l’accettazione da parte
del cliente del rischio di perdite anche eccedenti l’esborso originario, non essendo
stato dedotto che tale puntualizzazione, della quale non vi è cenno nella sentenza

dei termini a tal fine previsti.
4.2. — Per analoghe ragioni„devono ritenersi inammissibili le censure di cui
al secondo motivo d’impugnazione, nella parte riflettente la nullità del contratto, ai
sensi dell’art. 30 del d.lgs. n. 58 del 1998, per omessa previsione della facoltà di
recesso o di ripensamento non oneroso, essendosi la ricorrente limitata a far valere
il difetto di pronuncia della sentenza impugnata in ordine alla questione da essa
sollevata, senza precisare in quale fase processuale ed in quale atto sia stato dedotto tale specifico profilo d’invalidità.
4.3. — Infondate risultano poi le censure proposte con il secondo motivo,
nella parte concernente la mancata dichiarazione di nullità del contratto per violazione dei doveri d’informazione previsti dal d.lgs. n. 58 del 1998 e dal regolamento emanato dalla Consob per la sua attuazione.
In proposito,,la sentenza impugnata ha correttamente richiamato il principio,
enunciato dalle Sezioni Unite, secondo cui la violazione dei doveri d’informazione
del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei
soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi d’investimento finanziario non può
determinare la nullità del contratto, ma può dar luogo ad una responsabilità precontrattuale, con conseguenze risarcitorie, ove dette violazioni si verifichino nella
fase antecedente o coincidente con la stipulazione del contratto di intermediazione
destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti (c.d. contratto quadro), oppure
a responsabilità contrattuale, ed eventualmente condurre alla pronuncia della riso-

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impugnata, sia stata compiuta nelle precedenti fasi processuali, con l’osservanza

luzione, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni d’investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del predetto contratto; in difetto di un’espressa
previsione di nullità, trova infatti applicazione la regola secondo cui la stessa può

dità del contratto, e non anche dalla violazione di norme, ancorchè imperative,
che, come quelle che contemplano i predetti doveri, riguardino il comportamento
dei contraenti (cfr. Cass., Sez. Un., 19 dicembre 2007, n. 26724). E’ stato d’altronde precisato che la contrarietà a norme imperative considerata dall’art. 1418 cod.
civ. quale causa di nullità del contratto è quella che attiene ad elementi intrinseci
della fattispecie negoziale, che riguardino cioè la struttura o il contenuto del contratto, mentre i comportamenti tenuti dalle parti nel corso delle trattative o durante
l’esecuzione del contratto rimangono estranei alla fattispecie negoziale, quale che
sia la natura delle norme violate; analogamente, risulta estranea alla fattispecie
negoziale anche l’osservanza dei doveri informativi posti a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi d’investimento, riguardando gli stessi informazioni che non attengono direttamente alla natura ed all’oggetto del contratto,
ma solo elementi utili per valutare la convenienza dell’operazione, la cui mancata
comunicazione, non impedendo al cliente di esprimere un consenso libero e consapevole, non può comportare la nullità del contratto per difetto di un requisito essenziale (cfr. Cass., Sez. I, 19 ottobre 2012, n. 18039; 29 settembre 2005, n.
19024).
Tali principi, che il Collegio condivide ed intende ribadire anche in questa
sede, non risultano in alcun modo scalfiti dalle argomentazioni della ricorrente, la
quale si limita ad insistere sui doveri informativi e di diligenza gravanti sulla Banca in relazione all’oggetto del contratto, la cui rilevanza è stata correttamente e-

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derivare esclusivamente dalla violazione di norme imperative concernenti la vali-

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sclusa dalla sentenza impugnata ai fini della dichiarazione di nullità, ed a far valere il conflitto d’interessi sotteso all’operazione posta in essere, omettendo tuttavia
di precisare se la violazione del dovere di comunicazione previsto dall’art. 21,

pugnata, sia stata dedotta nelle precedenti fasi processuali, e trascurando comunque che la stessa non costituisce causa di nullità del contratto, ma può dar luogo
soltanto al suo annullamento, ai sensi degli artt. 1394 e 1395 cod. civ. (cfr. Cass.,
Sez. 1, 29 settembre 2005, n. 19024).
4.4. — Parimenti infondate risultano infine le censure proposte con il primo
motivo, nella parte riguardante l’inadeguata valutazione delle prove addotte a sostegno della domanda di annullamento del contratto per errore sulla natura o sull’oggetto.
Ai fini dell’esclusione dell’intervenuta alterazione del processo formativo della volontà, la Corte territoriale non ha affatto omesso di prendere in esame le deposizioni rese dai testimoni escussi in primo grado, avendole espressamente menzionate, ma avendo negato alle stesse qualsiasi valenza probatoria, in considerazione della loro genericità e della chiarezza del piano finanziario sottoposto alla
Cola e da quest’ultima accettato. Al riguardo, essa ha richiamato le considerazioni
svolte dal Giudice di primo grado, il quale aveva dato atto della presenza nel documento di molteplici riferimenti alla concessione del finanziamento ed all’acquisto dei titoli, la cui reiterazione, rendendo il testo facilmente intellegibile, escludeva la possibilità di fraintendimenti in ordine alla natura dell’operazione.
L’iter argomentativo in tal modo seguito è conforme al principio, enunciato
dalla giurisprudenza di legittimità in tema di annullamento del contratto, secondo
cui l’effetto invalidante dell’errore, essendo subordinato, prima ancora che alla sua

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comma 1-bis, lett. c), del d.lgs. n. 58 del 1998, non menzionata nella sentenza im-

essenzialità e riconoscibilità, alla prova, posta a carico della parte che deduce il
vizio del consenso, che il contraente si è determinato a prestarlo in virtù di una
falsa o distorta rappresentazione della realtà, dev’essere escluso nell’ipotesi in cui

qualsiasi malinteso in ordine all’effettivo contenuto dell’atto (cfr. Cass., Sez. III,
l ° ottobre 2009, n. 21074; Cass., Sez. lav., 24 agosto 2004, n. 16679; Cass., Sez.
II, 19 aprile 1988, n. 3065). Il relativo apprezzamento, riservato in via esclusiva al
giudice di merito, risulta nella specie congruamente motivato mediante la puntuale descrizione dell’operazione posta in essere dalle parti, così come delineata nel
piano finanziario sottoscritto dalla ricorrente, nonché attraverso il richiamo del
profilo del cliente risultante dalla scheda redatta al momento della stipulazione del
contratto, dal quale la Corte territoriale ha desunto la capacità della Cola di rendersi pienamente conto della portata degli obblighi assunti, in tal modo disattendendo le contestazioni sollevate dalla ricorrente in ordine alla sua esperienza finanziaria ed alla sua propensione al rischio.
Le predette deposizioni, riportate testualmente nel ricorso, non appaiono d’altronde decisive ai fini dell’accertamento dell’errore, essendosi i testi limitati a riferire delle assicurazioni fornite dal promotore finanziario in ordine al tipo d’investimento proposto alla Cola e dei tentativi vanamente effettuati da quest’ultima per
ottenere dalla Banca il rilascio di copia della documentazione contrattuale, senza
fornire alcuna precisazione in ordine al comportamento tenuto dalla ricorrente nella fase di formazione del contratto. Il contrasto tra la condotta del promotore finanziario ed i doveri di correttezza e buona fede cui deve uniformarsi il contegno
delle parti nello svolgimento delle trattative risulta peraltro estraneo all’oggetto
della valutazione da compiere nella specie ai fini dell’annullamento, avendo la ri-

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il tenore delle clausole negoziali appaia tale, per la sua univocità, da impedire

corrente posto a fondamento della domanda non già il dolo della Banca, ma l’errore in cui ella sarebbe incorsa: l’accertamento di tale vizio postula infatti una valutazione incentrata sulla condizione soggettiva della parte che ne è stata vittima, e

tà negoziale si sia tradotta in una falsa rappresentazione tale da indurla a prestare
un consenso che avrebbe altrimenti rifiutato (cfr. Cass., Sez. 1, 19 giugno 2008, n.
16663). Nell’ambito di questa verifica, il comportamento della controparte può indubbiamente assumere rilievo nella misura in cui, indipendentemente dalla configurabilità di un intento fraudolento, il suo innesto sul processo di riconoscimento
ed elaborazione della realtà da parte dell’altro contraente si sia tradotto in effetti
perturbativi tali da indurre in quest’ultimo una distorta percezione dei fatti: l’esclusione di tale eventualità è stata tuttavia congruamente motivata dalla Corte d’Appello attraverso una duplice valutazione coinvolgente da un lato la chiarezza del
testo contrattuale, suscettibile di immediata comprensione da parte dell’attrice, e
dall’altro l’avvenuto adempimento da parte della Banca del dovere di fornire informazioni adeguate alla cliente.
4.5. — Quanto all’efficacia probatoria attribuita dalla sentenza impugnata ai
moduli prestampati recanti la sottoscrizione dell’attrice, prodotti in giudizio dalla
Banca per dimostrare di aver acquisito le necessarie informazioni in ordine all’esperienza finanziaria della cliente ed alla sua propensione al rischio, non può condividersi la tesi sostenuta dalla ricorrente, secondo cui l’autenticità della sottoscrizione, da lei mai contestata, non consentirebbe di estendere il valore di prova legale tipico della scrittura privata alle dichiarazioni in essa contenute, la cui veridicità
avrebbe dovuto essere esclusa, essendo stato il modulo riempito successivamente
all’apposizione della firma.

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volta a verificare se la dedotta alterazione del processo di formazione della volon-

La sottoscrizione di un documento avente i caratteri della scrittura privata vale dì per sè, ai sensi dell’art. 2702 cod. civ., ad ingenerare una presunzione iuris
lanluni di consenso del sottoscrittore al contenuto dell’atto e di assunzione della

stata redatta dal sottoscrittore. Pertanto, ove la parte contro la quale la scrittura sia
stata prodotta ne riconosca la sottoscrizione (ovvero se quest’ultima debba aversi
per riconosciuta), la scrittura fa piena prova della provenienza delle dichiarazioni
dalla parte che l’ha sottoscritta, restando a carico di quest’ultima l’onere di far valere l’abusivo riempimento del foglio firmato (totalmente o parzialmente) in bianco, mediante la proposizione della querela di falso ove si assuma che il riempimento è avvenuto absque pactis, ovverosia in mancanza di un preventivo accordo
in ordine al contenuto da conferire alla scrittura, ed in via di semplice eccezione
ove si assuma invece che il riempimento ha avuto luogo contra pacta, cioè attribuendo alla scrittura un contenuto difforme da quello preventivamente concordato
(cfr. Cass., Sez. III, 12 settembre 2011, n. 18654; l ° settembre 2010, 18989). Non
merita pertanto censura la sentenza impugnata, nella parte in cui ha fatto discendere dal mancato disconoscimento della sottoscrizione apposta sui moduli la provenienza dalla ricorrente delle informazioni negli stessi riportate: non essendo stata
proposta la querela di falso, doveva infatti ritenersi che il riempimento dei moduli
fosse avvenuto sulla base di un preventivo accordo tra le parti, la cui violazione da
parte della Banca, e per essa del promotore finanziario, avrebbe dovuto essere
specificamente dedotta e dimostrata dalla ricorrente, la quale si è invece limitata
ad insistere sulla non corrispondenza al vero delle dichiarazioni riportate nei moduli. La riconducibilità delle stesse alla ricorrente, posta anche in relazione con la
rilevata genericità delle deposizioni rese dai testi in contrario, fa poi apparire tut-

1SRG 7020-11 Cola-Banca MI’S Spa – l’ag. 16

paternità dello scritto, indipendentemente dal fatto che la dichiarazione non sia

t’altro che illogiche le conclusioni cui è pervenuta la Corte territoriale, la quale,
pur non potendo riconoscere carattere confessorio a tali dichiarazioni, il cui contenuto consisteva non già nella dichiarazione della verità di fatti obiettivi ma nella

tuttavia avvalersene come elementi di prova liberamente apprezzabili ai fini della
formazione del proprio convincimento.
Ineccepibile risulta infine, sul piano logico-giuridico, la negazione di qualsiasi rilevanza all’inosservanza da parte della Banca del dovere di consegnare copia
della documentazione contrattuale alla cliente, trattandosi di un adempimento la
cui attinenza alla fase successiva alla formazione del contratto escludeva di per sé
la possibilità di conferirvi valore ai fini della prova dell’errore, avuto riguardo all’incidenza di tale vizio sul momento genetico del rapporto.
5. — Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come
dal dispositivo.

P .Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, e condanna Cola Laura al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi Euro 2.200,00, ivi compresi Euro
2.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2013, nella camera di consiglio della Prima
Sezione Civile

formulazione di un giudizio (cfr. Cass., Sez. I, 19 aprile 2012, n. 6142), poteva

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