Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 216 del 09/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 216 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: VIRGILIO BIAGIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

ricorrente

contro
SPATARO Domenico, elettivamente domiciliato in Roma, via Adda n. 87,
presso l’ avv. Mario Albano, rappresentato e difeso dall’avv. Edoardo
Vagginelli, giusta delega in atti;

controricorrente

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n.
76/13/07, depositata 1’11 luglio 2007.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29 ottobre

Data pubblicazione: 09/01/2014

2013 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio;
udito l’avvocato dello Stato Gianna Galluzzo per la ricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Tommaso
Basile, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la
sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia indicata in

l’avviso di recupero del credito d’imposta previsto dall’art. 8 della legge n.
388 del 2000, emesso nei confronti di Domenico Spataro per omesso invio
del c.d. modello CVS, prescritto dall’art. 62 della legge n. 289 del 2002 a
pena di decadenza dal beneficio.
Il giudice di merito ha ritenuto che la normativa in esame sia in contrasto
con i principi, stabiliti dallo Statuto del contribuente, della irretroattività
delle leggi (art. 3) e della conoscibilità delle stesse (art. 5).
2. Domenico Spataro resiste con controricorso.
Considerato in diritto
1. Con il secondo motivo di ricorso (che va esaminato per primo perché
attinente al merito della controversia), si denuncia la “falsa applicazione
dell’art. 3, comma 2, dello Statuto del contribuente, violazione del principio
di gerarchia e di competenza delle fonti primarie, in uno alla violazione
dell’art. 62, comma 1, lett. a), della legge n. 289 del 2002”.
Il motivo, che, contrariamente a quanto eccepito dal controricorrente, è
ammissibile in quanto contesta la violazione dell’art. 3 dello Statuto nel suo
complesso (ed in tal senso va inteso anche il quesito di diritto), è altresì
fondato, alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte in
materia, secondo la quale:
a) in tema di contributi concessi sotto forma di credito d’imposta dall’art.
8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 per l’effettuazione di nuovi
investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, l’inosservanza del termine inizialmente individuato nel 31 gennaio 2003 dall’art. 1, comma 1, lett. a), n.
2, del d.l. 12 novembre 2002, n. 253, e poi definitivamente fissato al 28
febbraio 2003 dall’art. 62, primo comma, lett. e), della legge 27 dicembre
2002, n. 289 – entro il quale i soggetti che hanno conseguito il diritto al
contributo anteriormente alla data dell’8 luglio 2002 devono comunicare
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epigrafe, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, è stato annullato

all’Agenzia delle entrate i dati occorrenti per la ricognizione degli
investimenti realizzati, comporta la decadenza dal beneficio, non assumendo
alcun rilievo la circostanza che il provvedimento del Direttore dell’Agenzia
delle entrate sia stato emesso in data tale da non consentire al contribuente
di disporre, rispetto alla predetta scadenza, del termine di sessanta giorni
previsto dall’art. 3, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. Statuto
del contribuente) per le norme che introducono adempimenti tributari, in

conoscibilità della scadenza del termine per adempiere il suo onere di
comunicazione fin dal 13 novembre 2002, data di pubblicazione del d.l. n.
253 del 2002, ed il predetto termine legale non è comunque superabile con
una diversa previsione temporale di natura amministrativa (Cass. n. 19627
del 2009; conformi Cass. nn. 3578 e 16442 del 2009, 19127 del 2010);
b) l’art. 62, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, che ha
disposto l’abrogazione degli articoli 1 e 2 del d.l. n. 253 del 2002 prima della
scadenza dei termini per la conversione in legge, facendo salvi gli effetti
prodottisi e i rapporti giuridici già sorti, ha soltanto impedito la protrazione
dell’efficacia provvisoria delle predette disposizioni fino al termine naturale
della mancata conversione in legge, senza alcuna applicazione retroattiva di
disposizioni tributarie, vietata dall’art. 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212;
ne consegue che, in base alla clausola di salvezza degli effetti prodottisi nel
vigore del decreto-legge non convertito, legittimamente l’Amministrazione
finanziaria provvede al recupero del credito di imposta utilizzato dal
contribuente in compensazione, nonostante la sospensione della fruizione
disposta con il citato d.l. n. 253 del 2002 (Cass. n. 24251 del 2011);
c) più in generale, le norme della legge 27 luglio 2000 n. 212 (c.d.
Statuto del contribuente), emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97
Cost. e qualificate espressamente come principi generali dell’ordinamento
tributario, sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a
carico dell’Amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto
espressione di principi già immanenti nell’ordinamento, criteri guida per il
giudice nell’interpretazione delle norme tributarie (anche anteriori), ma non
hanno rango superiore alla legge ordinaria; conseguentemente, non possono
fungere da norme parametro di costituzionalità, né consentire la

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quanto l’interessato è stato posto nella situazione giuridica oggettiva di

gSENTE DA 7.n!STRAZIONE
AI SLM
N. 131
– 5
MATERIA TRIBUTARIA
disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse
(Cass. n. 8254 del 2009, 8145 del 2011, 19692 del 2012, 10772 del 2013).
2. Il primo motivo, con il quale si denuncia la violazione dell’art. 132
c.p.c. per motivazione apparente, resta assorbito.
3. Pertanto, va accolto il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, la
sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso

4. Sussistono giusti motivi, in considerazione dell’epoca in cui si è
consolidata la richiamata giurisprudenza, per disporre la compensazione
delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, cassa
la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo
del contribuente.
Compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma il 29 ottobre 2013.

introduttivo del contribuente.

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