Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21599 del 23/10/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 21599 Anno 2015
Presidente: DI BLASI ANTONINO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 21322-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente 2015
2647

contro
AZIENDA SERVIZI IGIENE AMBIENTALE NAPOLI SPA in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI CONDOTTI 9,
presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO PICOZZI,
che lo rappresenta e difende giusta delega in calce;

Data pubblicazione: 23/10/2015

- controricorrente –

avverso la sentenza n. 202/2010 della
COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

PESCARA,

depositata il

21/06/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

FRANCESCO TERRUSI;

udito per il ricorrente l’Avvocato DE STEFANO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato PICOZZI che
ha chiesto il rigetto;
udito il

P.M.

in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. ANNA MARIA SOLDI che ha concluso per
l’accoglimento del 1° motivo di ricorso, assorbiti
gli altri.

udienza del 08/09/2015 dal Consigliere Dott.

21322-10

Svolgimento del processo
L’agenzia delle entrate revocava parzialmente il credito
d’imposta fruito dall’Azienda servizi di igiene

Recupero credito
d’imposta —
agevolazioni ex arti 7
I. n. 388-00 e 63 1. n.
289-02 — lavoratori
svantaggiati — regola
de minimis —
applicabilità

ambientale di Napoli in base agli artt. 7, 10 ° co., della

1. n. 388 del 2000 e 63 della l. n. 289-02, in relazione
ad alcune nuove assunzioni di lavoratori effettuate negli
anni dal 2003 al 2006. Ad avviso dell’ufficio era stata
difatti aggirata la regola cd. de minimi, secondo la
quale il beneficio non poteva eccedere l’importo
complessivo di euro 100.000,00 nel triennio.
La contribuente impugnava l’atto e l’adita commissione
tributaria provinciale di Pescara accoglieva il suo
ricorso sul rilievo che il beneficio non aveva integrato
un aiuto di Stato, quanto piuttosto una misura a favore
dell’occupazione, non soggetta, quindi, alla regola de
minimis.
L’appello dell’ufficio è stato respinto dalla commissione
tributaria regionale dell’Abruzzo, la quale ha ribadito
che il credito d’imposta, ex art. 63 della 1. n. 289 del
2002, non costituisce aiuto di Stato secondo l’art. 87
del Trattato CE e non soggiace al relativo regime neppure
nella forma de minimis,

trattandosi di agevolazione non

selettiva concessa a favore di tutte le imprese phe hanno
effettuato nuove assunzioni nel territorio nazionale. Ha
aggiunto che, in base al d.l. n. 10 del 2007, conv. dalla

\I

:e
e

l. n. 46 del 2007, art. l, 8 ° co., deve essere escluso
dal cumulo per l’importo massimo fissato in relazione
alla regola de minimis l’aiuto di Stato autorizzato dalla
CE o rientrante in un regolamento di esenzione per

configurato un aiuto di Stato, la specialità del
regolamento comunitario in tal modo attuato avrebbe
imposto il riconoscimento del credito per l’intero
ammontare.
Contro la sentenza d’appello, depositata il 21-6-2010 e
non notificata, ha proposto ricorso per cassazione
l’agenzia delle entrate, affidandosi a tre motivi cui la
contribuente ha replicato con controricorso e successiva
memoria.
Motivi della decisione
I. – Nei tre motivi

di

ricorso, tra loro connessi,

l’amministrazione deduce la violazione e la falsa
applicazione degli artt. 7 della l. n.388-00 e 63 della
1. n. 289-02, anche in relazione all’art. 87 del Trattato
CE e ai Regolamenti comunitari nn. 69 del 2001 e 2204 del
2002.
Lamenta che la sentenza impugnata si sia posta in
contrasto con le norme legislative interne in materia,
atteso che l’art. 7, 10 ° co., della 1. n. 388-00
stabilisce appunto la regola de minimis quale limite di

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categoria, sicché, anche ammettendo che l’art. 63 avesse

fruizione del beneficio in relazione al triennio, e tale
regola non avrebbe potuto essere disapplicata dal giudice
tributario per la presunta esistenza di contrasto con
norme di diritto comunitario. Il beneficio configurava un

nell’art. 87 del Trattato, e non un’agevolazione in
favore dell’occupazione, con conseguente ininfluenza, ai
fini specifici, dell’entrata in vigore del Regolamento CE
n. 2204-02 volto a consentire la concessione di
contributi alle imprese oltre il limite stabilito dalla
citata regola de minimis.
– Il ricorso, i cui motivi possono essere trattati
congiuntamente, è fondato.
La questione controversia è quella del limite di
fruizione del credito d’imposta di cui all’art. 63 della
l. n. 289 del 2002.
Al riguardo né l’impugnata sentenza, né il controricorso
contengono convincenti argomentazioni volte a superare
l’orientamento da questa corte espresso a mezzo dei
principi per cui: (i) il credito di imposta è
astrattamente configurabile quale aiuto di Stato in
considerazione del suo carattere selettivo correlato alla
differenziata applicazione territoriale; (ii) esso non
può comunque superare, per espressa previsione del
legislatore nazionale, l’ammontare previsto per gli aiuti

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aiuto di Stato soggetto alla disciplina contenuta

de mínimis,

che opera, dunque, quale tetto massimo della

relativa fruizione.
Consegue che per effetto della disposizione nazionale non

un

credito d’imposta eccedente il

suddetto ammontare de mínimís (v. ex

a/11s

Sez. 5″ n.

21797-11, n. 7361-12; e v. pure Sez. 5^ n. 20245-13 e
Sez. 6^-5 n. 16178-14).
III. – Sono al riguardo del tutto irrilevanti sia i
riferimenti dell’impugnata sentenza alla normativa
comunitaria ulteriormente citata (la comunicazione della
Commissione CE 96/C68/06 e il Regolamento n. 2204-02
della Commissione “relativo all’applicazione degli artt.
87 e 88 del Trattato CE agli aiuti di Stato a favore
dell’occupazione”), sia le questioni sollevate dalla
società contribuente (in memoria) quanto al non essere
un’impresa operante a livello comunitario, bensì a
livello solo locale e in regime di privativa.
Al fondo dei principi che governano la materia va posta
la constatazione che la 1. n. 289-02, rinnovando il
regime di incentivi alle assunzioni già disposto con la
1. n. 388 del 2000, art. 7, ha mantenuto esplicitamente
ferme, per quanto non diversamente regolato, le relative
disposizioni “per le assunzioni di cui alle lett. a) e
b)”. Ha mantenuto ferme cioè, quanto alle dette
assunzioni, tutte le disposizioni della norma richiamata,

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è configurabile

ivi compresa quella del 10 0 comma secondo la quale
“all’ulteriore credito di imposta di cui al presente
comma si applica la regola de minimis di cui alla
comunicazione della Commissione delle Comunità europee

Comunità europee C68 – del 6 marzo 1996, e ad esso sono
cumulabili altri benefici eventualmente concessi ai sensi
della predetta comunicazione purché non venga superato il
limite massimo di L. 180 milioni nel triennio” (massimale
poi stabilito in euro 100.000,00 sul periodo di tre anni,
con effetto dal 2-2-2001, ex art. 2 del Regolamento CE n.
69 del 2001).
Il criterio comunitario

de minimis

è stato dunque

espressamente adottato, mercé il rinvio alla relativa
fonte normativa, dal legislatore nazionale, nel legittimo
esercizio dei suoi poteri, quale tetto massimo
dell’ulteriore credito d’imposta che ha inteso attribuire
ai datori di lavoro.
La natura nazionale della norma, limitativa della misura
massima dell’ “ulteriore credito d’imposta” di cui
all’art. 63 della 1. n. 289 del 2002, elide ogni
questione ed esclude che abbia a incidere l’art. l, 8 °
cc., del d.l. 15 febbraio 2007, n. 10, convertito in L. 6
aprile 2007, n. 46, recante “disposizioni volte a dare
attuazione ad obblighi comunitari ed internazionali”.

5

96/C68/06, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle

Il riferimento della commissione tributaria a siffatta
norma è del resto errato, giacché essa stabilisce che
“sono esclusi dal cumulo per il computo dell’importo
massimo fissato per l’applicazione della regola de

rientranti in un regolamento di esenzione per categoria
anche se riferiti allo stesso presupposto, qualora la
rispettiva normativa non preveda diversamente”.
L’esclusione riguarda cioè solo gli “aiuti” rientranti in
detta previsione, che le norme nazionali abbiano concesso
in misura superiore alla regola comunitaria. Non quindi
l’ “ulteriore credito di imposta” qui in discussione
perché l’ammontare massimo dello stesso è stato
legislativamente determinato in misura giustappunto
corrispondente a quella regola.
IV. – L’evidente erroneità della sentenza impugnata ne
impone la cassazione.
La causa,

involgente solo la questione giuridica

esaminata, non abbisogna di ulteriori accertamenti di
fatto. E perciò, si sensi dell’art. 384 c.p.c., può
essere dalla corte decisa nel merito con il rigetto del
ricorso della contribuente avverso il provvedimento di
recupero del credito d’imposta.

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minimis gli aiuti autorizzati dalla Commissione europea o

V. – Il consolidamento della giurisprudenza della corte
in epoca successiva alla proposizione del ricorso
giustifica la compensazione delle spese processuali.
p.q.m.

e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione della
contribuente avverso l’atto di recupero del credito
d’imposta; compensa le spese dell’intero giudizio.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta
sezione civile, addì 8 settembre 2015.

Il onsigliere estensore
N

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La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza

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