Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21597 del 19/09/2017


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Cassazione civile, sez. III, 19/09/2017, (ud. 07/07/2017, dep.19/09/2017),  n. 21597

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. AMBROSI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20434-2015 proposto da:

GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA, in persona del Dott. R.P., in

qualità di procuratore speciale, elettivamente domiciliata in ROMA,

V.DELLA CROCE 44, presso lo studio dell’avvocato ERNESTO

GRANDINETTI, che la rappresenta e difende giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

L.R.G., C.F., L.R.D.,

L.R.M., L.R.F., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE

DELLE MILIZIE N. 76, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO

ACCONCIA, che li rappresenta e difende giusta procura a margine del

controricorso;

COMUNE DI JACURSO, in persona del Sindaco l.r.p.t. Arch.

D.V.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA MAZZINI 15, presso

lo studio dell’avvocato EMANUELE DELL’ALI, rappresentato e difeso

dall’avvocato FRANCESCO FODARO giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4199/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 24/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/07/2017 dal Consigliere Dott. IRENE AMBROSI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 4199 del 24 giugno 2014 la Corte d’Appello Roma, ha respinto le impugnazioni proposte autonomamente da Nuova Tirrena s.p.a. (il difensore di questa ha dichiarato di agire anche quale procuratore e difensore di CST s.p.a. quale mandataria e rappresentante volontaria di Nuova Tirrena) e da L.R.F. avverso la pronunzia 14 giugno 2007 n.12450 del Tribunale della stessa città con cui era stata accolta la domanda proposta da L.R.D., C.F., L.R.G., L.R.M. e L.R.F. tutti in qualità di eredi (eccetto L.R.F. che la formulava anche in proprio) nei confronti della Nuova Tirrena s.p.a. e di L.R.F. per il risarcimento del danno patito per il decesso del loro congiunto L.R.I. avvenuto il (OMISSIS) a seguito di un incidente stradale e L.R.F. anche per le lesioni patite quale trasportato nel medesimo sinistro.

In particolare, il Tribunale di prime cure aveva: – dichiarato inammissibile perchè ritenuta domanda nuova quella avanzata dagli attori nei confronti del Comune di Jacurso, terzo chiamato; – condannato Nuova Tirrena e L.R.F. (in qualità di proprietario del veicolo) a risarcire agli attori i danni liquidati complessivamente in Euro 851.195,99; condannato altresì Nuova Tirrena a pagare in favore di Consap-Gestione autonoma FGVS la somma di Euro 854.195,99 stante la ritenuta colpa grave in relazione alla mancato congrua e tempestiva offerta per la liquidazione del sinistro; dichiarato inammissibile la domanda di manleva proposta da La Nuova Tirrena per essere la costituzione in giudizio della chiamata CTS nulla per difetto assoluto di procura.

Per quanto ancora rileva in questa sede, la Corte di appello condividendo la decisione del primo giudice, ha ritenuto che l’applicazione della sanzione amministrativa di cui al D.L. 23 dicembre 1976, n. 857, art. 3, comma 15, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1977, n. 39 spetta al giudice una volta accertata la imputabilità dell’offerta sproporzionata o la colpa grave della società di assicurazioni; ha ritenuto, inoltre, che vigente il principio tempus regit factum per le sanzioni amministrative, irrilevanti sono le modifiche normative intervenute successivamente e nel caso in esame l’abrogazione della norma avvenuta ad opera del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, art. 354, comma 1 recante il Codice delle assicurazioni private; ha ritenuto che l’illecito si sia consumato al momento della condotta colposa e dolosa ovvero alla data dell’offerta fatta ai danneggiati (in data 30 luglio 2004) e che non vi erano particolari ragioni per procrastinare la liquidazione del sinistro e, pertanto, la Compagnia di assicurazioni ha agito con dolo e colpa grave.

Avverso la decisione della Corte di appello di Roma Groupama Assicurazioni spa (già Nuova Tirrena s.p.a.) ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi. Hanno resistito con controricorso, da una parte, L.R.D., C.F., L.R.G., L.R.M. e L.R.F. e, dall’altra, il Comune di Jacurso e quest’ultimo ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo “Violazione e falsa applicazione del D.L. n. 857 del 1976, art. 3, comma 15; art. 360 c.p.c., n. 3” la ricorrente compagnia di assicurazioni censura la parte della sentenza in cui la Corte d’Appello ha motivato in ordine alla legittimità della sanzione D.L. n. 857 del 1976, ex art. 3, comma 15 ed in particolare con riguardo al momento della consumazione dell’illecito secondo la Corte territoriale quello in cui era avvenuta l’offerta (30 luglio 2004) data in cui non era intervenuta l’abrogazione della norma applicata (avvenuta nel 2006). Insiste la ricorrente nel ritenere che il momento rilevante per l’individuazione dell’illecito amministrativo (e quindi il momento della consumazione dell’illecito che si intende sanzionare) non può non essere quello in cui viene pronunziata la sentenza (giusto il disposto della disposizione richiamata che stabilisce “in caso di sentenza favorevole, il giudice quando vi sia”), bensì quello della pronuncia con cui il giudice accerta che vi sia stata sproporzione e che essa sia determinata da dolo o colpa grave.

2. Con il secondo motivo “Violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità nell’applicazione della sanzione amministrativa: art. 360 c.p.c., n. 3” la ricorrente sottolinea che la norma in esame non prevede un termine entro cui doveva essere effettuata l’offerta, ma stabilisce solo che qualora vi sia una notevole sproporzione fra la somma liquidata e quella offerta dall’impresa di assicurazione, il giudice con la sentenza che decide la causa può comminare la sanzione. Pertanto, avrebbe errato la Corte nell’applicazione della norma prendendo come parametro l’offerta effettivamente effettuata nei confronti degli aventi diritto e calcolando il quantum pari alla differenza tra quanto offerto in via stragiudiziale e liquidato in sentenza.

3. Con il terzo motivo “Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione per le parti: art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5” la ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia ritenuto sussistenti sia il nesso di causalità tra la sproporzione e il dolo e colpa grave della Compagnia nella liquidazione del sinistro. Abbia ritenuto inoltre che la dinamica del sinistro (veicolo caduto in un burrone, assenza di altri veicoli coinvolti, decesso del trasportato L.R.I. a titolo di cortesia e assistito dalla presunzione dell’art. 2054 c.c.) e delle conseguenze in termini di responsabilità del proprio assicurato fossero di “facile lettura”. Contesta la irragionevolezza del quantum liquidato per non aver tenuto conto di numerosi elementi essenziali (l’inesistenza di un termine entro cui fare l’offerta; che il rigetto della domanda nei confronti del Comune era avvenuto soltanto in rito e non nel merito a causa del difetto di procura della società assicurazioni; si trattava di un sinistro penale e per lungo tempo non era stato possibile ottenere neppure il verbale delle autorità intervenute sul posto; vi erano dei casi di omonimia tra alcuni danneggiati e responsabilità civili; mancata considerazione della sentenza del Tribunale di Lamezia Terme 10 luglio 2003 n. 302 che aveva accertato la esclusiva responsabilità del Comune di Jacurso nella causazione del sinistro). Insiste nel sostenere la contraddittorietà della sentenza poichè non avrebbe tenuto conto la Corte di appello -nel confermare la condanna all’intera somma ritenuta dal giudice di primo grado- della differenza tra la stessa e il liquidato, e non ne avrebbe ridotto l’entità.

4. Il ricorso è inammissibile.

Va accolta l’eccezione di inammissibilità per decadenza dall’impugnazione formulata dal Comune di Jacurso.

Va richiamato quanto da questa Corte precisato in via generale in tema di unitarietà del termine per proporre impugnazione; difatti, nel caso di proposizione, come avvenuto in quello in esame, sulla base di unico fatto generatore dell’illecito, di domanda giudiziale nei confronti di due distinti convenuti, sorge litisconsorzio “unitario o quasi necessario”, cui è applicabile la regola, propria delle cause inscindibili, dell’unitarietà del termine per proporre impugnazione, con la conseguenza che la notifica della sentenza eseguita da una delle parti segna, nei confronti suoi e della destinataria della notificazione, l’inizio del termine breve per impugnare contro tutte le altre parti, sicchè la decadenza dall’impugnazione per scadenza del termine esplica effetto nei confronti di tutte le parti (Sez. L, 20/01/2016, n. 986 Rv. 638865 – 01).

In via particolare in tema di notificazione con modalità telematica, è stato precisato che con le modifiche introdotte dalla L. 12 novembre 2011, n. 183 alla L. 21 gennaio 1994, n. 53 è stata introdotta la PEC quale strumento utile per le notifiche atti degli da parte degli avvocati autorizzati da effettuarsi secondo le modalità di cui all’art. 3 bis (Sez. 3, 14/12/2016, n. 25758).

Venendo alla fattispecie in esame, sebbene in ricorso la ricorrente abbia affermato che la sentenza oggetto di impugnazione non le fosse stata notificata ai fini della decorrenza del termine breve (pag. 2 del ricorso), tuttavia il Comune di Jacurso ha dato prova di avergliela notificata tramite notifica telematica dotata di firma digitale eseguita e ricevuta in data 15 settembre 2014 (v. sub doc. n. 3 allegato al controricorso).

Ebbene il Comune, con notifica valida in quanto conforme al modello normativo ratione temporis vigente (L. n. 53 del 1994, artt. 3 bis e 6 cosi come modificata dalla lett. d) del comma 1 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16 quater convertito con modificazioni in L. 17 dicembre 2012, n. 228) ha prodotto in copia cartacea il messaggio di trasmissione a mezzo PEC, le ricevute di avvenute consegna e accettazione e la relata di notificazione, sottoscritta digitalmente dal difensore, nonchè ha debitamente allegato la copia conforme della sentenza che, trattandosi di atto da notificare non consistente in un documento informatico, è stata effettuata mediante estrazione di copia informatica dell’atto formato su supporto analogico e attestazione di conformità (nel rispetto delle modalità previste dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16-undecies, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 228 del 2012).

La documentazione prodotta costituisce la prova del perfezionarsi della notificazione della sentenza e ha provocato il decorso del termine breve di sessanta giorni per impugnare il provvedimento con ricorso per cassazione, a decorrere dalla notifica stessa. Orbene, il ricorso è stato invece notificato in data 31 luglio 2015, ben oltre la scadenza del termine breve e lo stesso è inammissibile in quanto tardivo.

Il ricorso va in conclusione dichiarato inammissibile.

5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna parte ricorrente al pagamento, in favore degli eredi L.R. controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 10.200,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. La condanna altresì al pagamento, in favore del Comune di Jacurso controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 12.200,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 7 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2017

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