Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21596 del 20/09/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 21596 Anno 2013
Presidente: CARNEVALE CORRADO
Relatore: MERCOLINO GUIDO

SENTENZA

rizzazione – trasfe-

sul ricorso proposto da

rimento

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in Roma, alla via della Frezza
n. 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE, unitamente agli avv. GAETANO
RUVO, DANIELA ANZIANO e FRANCESCA FERRAZZOLI, dai quali è
rappresentato e difeso in virtù di procura speciale a margine del ricorso
RICORRENTE

contro
IV, LAURO ALESSANDRO, MAGI GIORGIO, MAGI CERVO RENATA,
MATURI’ RICCARDO, POLETTI DE LAURO LAURA, POLLOLA ROGATI
GRAZIA MARIA e ROGATI GIOVANNI BATTISTA, elettivamente domiciliati
in Roma, al viale Regina Margherita n. 278, presso l’avv. STEFANO GIOVE, dal
quale sono rappresentati e difesi in virtù di procura speciale a margine del contro-

5-6-e
2.013
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Data pubblicazione: 20/09/2013

troricorso
CONTRORICORREN1 I E RICORRENTI INCIDENTALI CONDIZIONATI

e

LUIGIA, in virtù di procura per notaio Marina Fanfani del 3 aprile 2003, rep. n.
47224, rappresentato e difeso da sé medesimo, unitamente all’avv. CLAUDIO
GARBARINO, che lo rappresenta e lo difende in virtù di procura a margine del
ricorso, ed elettivamente domiciliato in Roma, al viale G. Mazzini n. 132
CONTRORICORRENTE E RICORRENTE INCIDENTALE

nonchè
MARUCCI GIOVANNI e TURCHETTI BIANCA LETIZIA
INTI MATI

avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 1652/10, pubblicata il 19
aprile 2010.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 4 aprile 2013
dal Consigliere dott. Guido Mercolino;
uditi i difensori delle parti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Libertino Alberto RUSSO, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale, con il conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.

Con sentenza del 13 luglio 2006, il Tribunale di Roma accolse parzial-

mente le domande proposte da Alessandro De Lauro, Giorgio Magi, Renata Magi
Cervo, Riccardo Maturi, Laura Poletti De Lauro, Grazia Maria Pollola Rogati,

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MIELE avv. ALESSANDRO, in qualità di procuratore generale di HERCOLANI

Giovanni Battista Rogati, Luigia Hercolani, Giovanni Marucci e Bianca Letizia
Turchetti, in qualità di conduttori di unità immobiliari site nello stabile in Roma,
al viale Parioli n. 47/a, disponendo, ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., il trasferimen-

nale della Previdenza Sociale e trasferiti alla S.C.I.P. – Società Cartolarizzazione
Immobili Pubblici S.r.l. nell’ambito dell’operazione di cartolarizzazione avviata
con il decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, determinando il corrispettivo dovuto per ciascun trasferimento, e rigettando la domanda di condanna dei convenuti
al risarcimento dei danni.
2.

L’impugnazione proposta dall’INPS, in proprio e nella qualità di manda-

taria della SCIP, è stata parzialmente accolta con sentenza del 19 aprile 2010, con
cui la Corte d’Appello di Roma ha rideterminato gl’importi dovuti a titolo di corrispettivo.
A fondamento della decisione y la Corte ha ritenuto che le lettere inviate ai
conduttori dello stabile il 24 agosto 1998 dalla Igei S.p.a. per conto dell’Istituto
recassero una chiara manifestazione della volontà di dismettere la proprietà; premesso che tale volontà era stata confermata con ulteriori missive inoltrate il 14
marzo ed il 14 aprile 2003, con cui, a seguito del trasferimento degl’immobili alla
SCIP, l’INPS aveva comunicato per conto di quest’ultima che le formali offerte di
vendita sarebbero state inviate dopo la determinazione del prezzo, ha rilevato che i
conduttori avevano a loro volta manifestato la volontà di acquistare gl’immobili
nel 1998 e nel mese di ottobre 2001, ed ha quindi affermato l’obbligo dell’Istituto
di provvedere al trasferimento.
In ordine alla determinazione del prezzo,la Corte ha escluso il carattere pregiudiziale della controversia pendente dinanzi al Giudice amministrativo per l’an-

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to in loro favore della proprietà degl’immobili, già appartenenti all’Istituto Nazio-

nullamento del d.m. 23 settembre 2005, con cui il Ministro dell’economia e delle
finanze aveva incluso lo stabile tra gl’immobili di pregio per i quali non era applicabile l’abbattimento del 30% previsto dall’art. 3, comma 109, della legge 23 di-

disapplicabile dal Giudice ordinario ai sensi degli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo
1865, n. 2248, all. E. Ha peraltro ritenuto insussistenti i presupposti della disapplicazione, rilevando che l’art. 3, comma tredicesimo, del decreto-legge n. 351 del
2001 non fissava termini per l’esercizio del potere conferito al Ministro ed aggiungendo che la discrezionalità di cui godeva quest’ultimo, avente carattere meramente tecnico e quindi insindacabile in sede giurisdizionale, si riferiva nella
specie al solo accertamento delle caratteristiche di cui al d.m. 31 luglio 2002. Al
riguardo, ha escluso che lo stabile versasse in condizioni di degrado, rilevando che
solo alcune unità immobiliari necessitavano d’interventi, non riconducibili alla nozione di ristrutturazione edilizia o risanamento conservativo prevista dall’art. 26,
comma quinto, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, ma a quella di manutenzione straordinaria. Rilevato infine che la comunicazione dell’Istituto non si era
tradotta in una vera e propria proposta contrattuale, la Corte ha ritenuto inapplicabili il beneficio della riduzione del 30% del prezzo e l’ulteriore abbattimento previsto dall’art. 3, comma ottavo, del decreto-legge n. 351 del 2001, osservando che
l’assenza di una formale offerta in opzione entro il 26 settembre 2001 escludeva
l’applicabilità dell’art. 3, comma ventesimo, prima parte, del decreto-legge n. 351
cit.
Ritenuto infine che la mancata accettazione delle condizioni offerte dai conduttori fosse giustificata, la Corte ha rigettato l’appello incidentale proposto dagli
attori in ordine al rigetto della domanda di risarcimento dei danni.

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cembre 1996, n. 662, osservando che tale atto, incidente su diritti soggettivi, era

3. — Avverso la predetta sentenza l’INPS propone ricorso per cassazione, articolato in tre motivi. Resistono con controricorso Alessandro De Lauro, Giorgio
Magi, Renata Magi Cervo, Riccardo Maturi, Laura Poletti De Lauro, Grazia Ma-

di procuratore generale di Luigia Hercolani, i primi sette proponendo ricorso incidentale condizionato, per due motivi, e l’ottavo ricorso incidentale, per un solo
motivo. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva. Le parti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. — Preliminarmente 5,si rileva che la difesa dell’INPS ha allegato al ricorso
due atti, sottoscritti rispettivamente il 31 luglio 2007 ed il 22 febbraio 2008, con
cui Giovanni Marucci e Bianca Letizia Turchetti hanno dichiarato di rinunciare
agli effetti della sentenza di primo grado, chiedendo che, analogamente a quanto
disposto dalla sentenza di appello nei rapporti con altri attori, sia dichiarata l’estinzione del giudizio nei confronti degli intimati.
L’istanza non merita accoglimento, dal momento che la rinuncia alla sentenza
impugnata non comporta l’estinzione del giudizio (la quale, anzi, ove intervenga
in sede d’impugnazione, determina il passaggio in giudicato della sentenza, ai sensi dell’art. 338 cod. proc. civ.), ma fa soltanto venir meno l’interesse all’impugnazione, giustificando la dichiarazione di cessazione della materia del contendere e
la riforma della sentenza impugnata. Nella specie, peraltro, neppure tale provvedimento può essere adottato, essendo le rinunce intervenute in pendenza del giudizio di appello, e non avendo l’Istituto provveduto ad impugnare la relativa sentenza, nella parte in cui ha ugualmente pronunciato nel merito del gravame, con la
conseguente formazione del giudicato in ordine alla persistenza dell’interesse. La

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ria Pollola Rogati, Giovanni Battista Rogati e l’avv. Alessandro Miele, in qualità

produzione delle rinunce non può d’altronde ritenersi ammissibile in questa sede
ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ., trattandosi di atti che, in quanto posti in essere
anteriormente alla pronuncia della sentenza impugnata, avrebbero potuto essere

febbraio 1987, n. 1581).
2. — Con il primo motivo d’impugnazioneyl’INPS denuncia l’insufficiente
motivazione circa un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza
impugnata nella parte in cui ha ravvisato nelle lettere inviate ai conduttori la manifestazione della volontà di procedere alla vendita dello stabile, laddove quelle inoltrate nel 1998 costituivano mere note di sondaggio comunicate ai sensi dell’art.
6, comma primo, del d.lgs. 16 febbraio 1996, n. 104, ai fini dell’individuazione
degl’immobili da inserire nel piano di vendita, e quelle inviate nel 2003 recavano
informazioni riguardanti il procedimento di cartolarizzazione e le facilitazioni
previste per la vendita. La Corte d’Appello non ha tenuto conto della precisazione,
contenuta nella prima missiva, che la comunicazione non comportava alcun impegno per le parti, ed ha omesso di considerare che prima del trasferimento alla
SC1P, disposto con d.m. 21 novembre 2002, non era neppure ipotizzabile l’espressione di alcuna volontà di acquisto.
2. — Con il secondo motivojIstituto deduce la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 6, comma quinto, del d.lgs. n. 104 del 1996 e dell’art. 2932 cod.
civ., sostenendo che nella specie non era configurabile a suo carico alcun obbligo
di contrarre, né ai sensi dell’art. 6 cit., il quale si limita ad attribuire ai conduttori
un diritto di prelazione in caso di alienazione dell’immobile, né per effetto delle
menzionate comunicazioni, non recando le stesse una proposta di vendita né l’indicazione del relativo prezzo, in ordine al quale, peraltro, non poteva essersi for-

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prodotti nel giudizio di merito (cfr. Cass., Sez. II, 28 agosto 2002, n. 12607; 13

mato alcun accordo, essendo ancora pendente l’impugnazione proposta dagli attori
avverso la classificazione dello stabile come immobile di pregio.
3.

Le predette censure, da esaminarsi congiuntamente, in quanto riflettenti

rico dell’INPS, sono infondate.
In tema di dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali
pubblici, questa Corte ha ripetutamente escluso la configurabilità di un obbligo di
contrarre discendente direttamente dall’art. 6, comma quinto, del d.lgs. n. 104 del
1996 o dall’art. 3, comma 109, della legge n. 662 del 1996, affermando che tali disposizioni, nell’imporre ai predetti enti la formazione di piani di alienazione degli
immobili non adibiti ad uso strumentale, non prevedono una figura peculiare di
offerta pubblica, ma si limitano ad attribuire ai conduttori un diritto di prelazione,
il cui esercizio è subordinato alla manifestazione da parte dell’ente della volontà di
porre in vendita gl’immobili, in attuazione del dettato normativo, mediante la formulazione di una specifica proposta di alienazione, consistente nella determinazione negoziale dell’ente di cedere la proprietà dei beni (cfr. Cass., Sez. II, 26
maggio 2008, n. 13560). L’insussistenza di un autonomo diritto potestativo dei
conduttori di acquistare la proprietà degl’immobili condotti in locazione è stata ribadita anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 3, comma ventesimo, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito con modificazioni dalla legge 23
novembre 2001, n. 410, che al comma ventesimo disciplina la vendita delle unità
immobiliari per le quali i conduttori abbiano manifestato la loro volontà di acquisto entro il 31 ottobre 2001, osservandosi che tale disposizione non prevede affatto una procedura di acquisto anche per i cespiti non offerti in opzione dal soggetto
proprietario, ma si limita semplicemente a stabilire che gl’immobili saranno ven-

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la comune problematica relativa all’individuazione di un obbligo di contrarre a ca-

duti al prezzo e alle condizioni determinati in base alla normativa vigente alla data
della predetta manifestazione di volontà (cfr. Cass., Sez. III, 24 ottobre 2011, n.
21988).

mobili condotti in locazione, la Corte d’Appello non ha tuttavia affermato in alcun
modo che esso fosse riconducibile direttamente alle predette disposizioni, essendosi invece limitata a verificare l’intervenuta manifestazione da parte dell’Istituto
della volontà di dismettere le unità immobiliari, ed avendola ravvisata nelle lettere
spedite ai conduttori il 24 agosto 1998 dalla Igei, in qualità di mandataria dell’INPS, ed in quelle inviate il 14 marzo ed il 14 aprile 2003 dall’Istituto, in qualità
di mandatario della SCIP, divenuta proprietaria dello stabile in attuazione della
seconda operazione di cartolarizzazione. La sentenza impugnata ha infatti escluso
che la denuntiatio praelationis richiesta dalla normativa in esame debba avere il
contenuto della proposta contrattuale contenente tutti gli elementi del futuro contratto di vendita, in modo che lo stesso possa considerarsi perfezionato con la
semplice accettazione da parte del conduttore, richiamando l’orientamento della
giurisprudenza di legittimità, che ritiene a tal fine sufficiente il compimento da
parte dell’ente di atti concreti dai quali possa desumersi una manifestazione della
volontà di dismettere l’immobile, anche frazionatamente (cfr. Cass., Sez. III, 16
aprile 2008, n. 9972).
1.1. — Il ricorrente lamenta la mancata considerazione della portata meramente informativa delle predette missive, emergente in particolare dall’espressa
precisazione, contenuta nella prima, che la comunicazione non comportava alcun
impegno a carico delle parti, e dalla mancata indicazione del prezzo di vendita.
Omette tuttavia di rilevare che la Corte territoriale ha dato espressamente atto del

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Nel riconoscere il diritto degli attori al trasferimento della proprietà degl’im-

riferimento della lettera ad un’indagine conoscitiva sulla propensione dei conduttori all’acquisto degl’immobili, ritenendo che, anche alla luce delle comunicazioni
successive, questa puntualizzazione non impedisse di ravvisare una chiara manife-

rita censura sul piano logico, trovando conforto nel rilievo conferito dalla sentenza
impugnata alla successiva inclusione delle unità immobiliari nell’operazione di
cartolarizzazione ed alla conferma della volontà di vendere da parte dell’INPS per
conto della SCIP, alla quale gli immobili erano stati trasferiti con la finalità specifica della dismissione. Non appare decisivo, in contrario, il tenore delle missive
inviate nel 2003, il cui contenuto, testualmente riportato nel ricorso, risulta anzi
tale da avvalorare ulteriormente l’interpretazione fornita dalla sentenza impugnata,
riferendosi testualmente all’acquisto degli immobili ed alla procedura di vendita
disciplinata dal decreto-legge n. 351 del 2001.
Scarsamente significativa appare anche la circostanza, fatta valere dall’Istituto, che nessuna delle lettere recasse l’indicazione del prezzo di vendita, dal momento che la determinazione dello stesso non era rimessa alla libera contrattazione
delle parti, ma doveva aver luogo originariamente sulla base dei criteri indicati
dalla legge, ed in alternativa mediante una stima compiuta dall’ufficio tecnico erariale (art. 6, commi secondo e quarto, del d.lgs. n. 104 del 1996), ed in seguito sulla base del prezzo di mercato, la cui individuazione è stata in un primo tempo demandata al medesimo ufficio, per il caso di difforme valutazione delle parti (art. 3,
comma 109, lett. d), della legge n. 662 del 1996), e successivamente è stata affidata all’Agenzia del territorio o a società aventi particolare esperienza nel settore
immobiliare (art. 3, comma nono, del decreto-legge n. 351 del 2001). In questo
contesto, nessun rilievo può attribuirsi neppure alla circostanza che sulla determi-

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stazione della volontà di dismettere le unità immobiliari; tale conclusione non me-

nazione del prezzo fosse destinata ad incidere l’impugnazione proposta dagli attori
avverso il decreto ministeriale che aveva classificato lo stabile come immobile di
pregio, ai sensi del comma tredicesimo dell’art. 3 del decreto-legge n. 351 cit., in-

ressati per far valere le proprie posizioni giuridiche nell’ambito della procedura di
dismissione disciplinata dalla legge.
4. — Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta l’omessa motivazione circa un
punto decisivo della controversia, osservando che, ai fini della determinazione del
prezzo di vendita, la sentenza impugnata ha fatto riferimento ai valori dell’anno
2001, anzichè a quelli attuali o alla relazione predisposta nell’anno 2004 dall’Agenzia del territorio, senza però individuare l’epoca della definizione del procedimento di stima né le modalità dell’accettazione da parte dei conduttori. Secondo
l’Istituto, la Corte d’Appello non ha considerato che la valutazione accettata da
questi ultimi costituiva un atto meramente endoprocedimentale, in quanto il procedimento di stima, iniziato con la perizia effettuata dai tecnici dell’Istituto, non si
è perfezionato con il parere di congruità della commissione prevista dall’art. 61
del d.P.R. 18 dicembre 1979, n. 696: nel frattempo, è infatti intervenuto il decretolegge n. 351 del 2001, che ha deferito la stima all’Agenzia del territorio, la quale,
dopo aver comunicato la propria valutazione, non si è ancora pronunciata in ordine alla richiesta di chiarimenti formulata da esso ricorrente.
4.1. — La censura è in parte infondata, in parte inammissibile.
Il riferimento ai valori di mercato correnti nell’anno 2001, ai fini della determinazione del prezzo di vendita, trova giustificazione nella circostanza, ritenuta
pacifica dalla sentenza impugnata e non contestata neppure in questa sede, che i
conduttori avevano manifestato la volontà di acquistare le unità immobiliari nel

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quadrandosi tale iniziativa tra i mezzi di tutela ordinariamente accordati agl’inte-

1998 e nell’ottobre 2001, e risulta conforme al dettato dell’art. 1, comma primo,
del decreto-legge 23 febbraio 2001, n. 41, come modificato dalla legge di conversione 23 aprile 2004, n. 104 e dall’art. 37, comma cinquantaseiesimo, del decreto-

immobiliari ad uso residenziale, per le quali i conduttori abbiano manifestato la
volontà di acquisto entro il 31 ottobre 2001, dev’essere determinato sulla base dei
valori di mercato del mese di ottobre 2001. Tale disposizione s’innesta, modificandola, sulla disciplina introdotta dal comma ventesimo dell’art. 3 del decretolegge n. 351 cit., nel testo modificato dalla legge di conversione n. 410 del 2001,
dall’art. 26 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 e dall’art. 3, comma 134,
della legge 24 dicembre 2003, n. 350, la quale distingue tra le unità immobiliari
definitivamente offerte in opzione entro il 26 settembre 2001 e quelle per le quali i
conduttori, in assenza della citata offerta in opzione, abbiano manifestato la volontà di acquisto entro il 31 ottobre 2001, e dispone che le prime siano vendute in
ogni caso al prezzo ed alle altre condizioni indicati nell’offerta, mentre per le seconde prevedeva la vendita al prezzo ed alle condizioni determinati in base alla
normativa vigente alla data della manifestazione di volontà di acquisto, a meno
che non si trattasse d’immobili considerati di pregio. La Corte d’Appello ha escluso la configurabilità della prima ipotesi, alla luce della condotta tenuta dall’Istituto, che si era limitato a manifestare la volontà di porre in vendita le unità immobiliari senza mai formulare una vera e propria proposta contrattuale; quanto alla seconda ipotesi, come si è detto, ha ritenuto pacifico che gli attori avessero manifestato la volontà di acquisto entro il 31 ottobre 2001, e, pur senza menzionare espressamente il decreto-legge n. 41 del 2004, ha fatto applicazione della disciplina
dallo stesso introdotta, correttamente determinando il prezzo di vendita in base ai

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legge 4 luglio 2006, n. 223, il quale prevede che il prezzo di vendita delle unità

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valori correnti nell’anno 2011, ma escludendo la riduzione del 30% prevista dall’art. 3, comma 109, lett. d), della legge n. 662 del 1996, in considerazione dell’avvenuta inclusione dello stabile tra gl’immobili considerati di pregio.

n. 41 cit., non trova dunque alcuno spazio l’accertamento dell’epoca di definizione
del procedimento di stima, dovendosi fare riferimento, ai fini della determinazione
del prezzo di vendita, esclusivamente ai valori correnti nel mese di ottobre 2001,
indipendentemente dalla data in cui è stata effettuata la stima e da quella in cui è
intervenuta l’accettazione del conduttore, con la conseguenza che non assumono
alcun rilievo le carenze motivazionali addebitate, in proposito, alla sentenza impugnata.
E’ pur vero che, nell’ambito della disciplina dettata dal d.lgs. n. 104 del 1996,
l’esistenza di un disaccordo tra le parti in ordine al prezzo di vendita o di una notevole divergenza tra il prezzo determinato secondo i criteri di cui al comma secondo ed il valore di mercato dell’immobile impediva di procedere senz’altro al
trasferimento, imponendo di richiedere la determinazione del prezzo all’ufficio
tecnico erariale; così come è vero che tale disciplina è stata successivamente superata da quella dettata dall’art. 3 del decreto-legge n. 351 del 2001, che non fa alcun
riferimento ai criteri di cui all’art. 6, comma secondo, del d.lgs. n. 104 cit., ma prevede che il prezzo di vendita debba essere determinato in ogni caso sulla base delle valutazioni correnti di mercato, prendendo a riferimento i prezzi effettivi di
compravendite di immobili e unità immobiliari aventi caratteristiche analoghe
(comma settimo), e consente di affidarne la determinazione esatta all’Agenzia del
territorio o a società aventi particolare esperienza nel settore immobiliare (comma
nono). Peraltro, come si evince dal tenore letterale di quest’ultima disposizione, ed

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4.2. — Nel sistema risultante dalle modificazioni introdotte dal decreto-legge

in particolare dall’utilizzazione del verbo «possono», l’affidamento della stima a
soggetti esterni costituisce una mera facoltà dell’ente, cui può farsi ricorso evidentemente in presenza di incertezze o contestazioni in ordine al valore di mercato

riferimento ai fini della determinazione del prezzo di vendita, che resta pur sempre
ancorata all’epoca indicata dalla legge, non giustifica in alcun modo il differimento sine die del trasferimento.
Sotto un diverso profilo, poi, il carattere eventuale della fase affidata all’Agenzia del territorio o alla società esterna, escludendo la possibilità di ritenere il
trasferimento subordinato in ogni caso all’espletamento della procedura di stima,
poneva a carico dell’ente l’onere di allegare e provare l’avvenuto conferimento dell’incarico e la mancata conclusione del procedimento; la relativa deduzione, implicando un accertamento di fatto, deve peraltro ritenersi inammissibile in questa
sede, trattandosi di circostanze non menzionate nella sentenza impugnata, e non
avendo il ricorrente indicato la fase e l’atto del giudizio di merito in cui la questione è stata sollevata. La Corte d’Appello si è infatti limitata a dare atto della controversia insorta tra le parti relativamente alla qualificazione dello stabile come
immobile di pregio, senza fare alcun cenno alla mancata emissione del parere di
congruità ed all’affidamento della stima all’Agenzia, in ordine alle quali la ricorrente ha richiamato la sola documentazione prodotta in primo grado, senza neppure precisare se la questione sia stata specificamente sollevata in quella sede e riproposta in appello.
5.

Il ricorso principale va pertanto rigettato, restando conseguentemente

assorbito il ricorso incidentale condizionato proposto dal De Lauro, dal Magi, dalla Magi Cervo, dal Maturi, dalla Poletti De Lauro, dalla Pollola Rogati e dal Ro-

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dell’immobile, ed il cui esercizio, oltre a non incidere sulla data da assumere come

gati, con cui questi ultimi hanno denunciato l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza
impugnata nella parte in cui ha negato la disapplicazione del d.m. 23 settembre

prezzi indicati nell’atto di appello.
6. — Con l’unico motivo del suo ricorso incidentale, l’avv. Miele lamenta la
violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 3, comma 109, della legge n. 662 del
1996 e dell’art. 3, comma ottavo, del decreto-legge n. 351 del 2001, censurando la
sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso il carattere pregiudiziale dell’impugnazione proposta avverso il d.m. 23 settembre 2005, tuttora pendente, ed ha
pertanto negato la sospensione del giudizio, senza considerare che la decisione del
Giudice amministrativo in ordine alla classificazione dello stabile come immobile
di pregio condiziona l’applicabilità delle riduzioni di prezzo previste dalle predette
disposizioni. In ogni caso, il decreto ministeriale era stato correttamente disapplicato dal Giudice di primo grado, in quanto viziato da eccesso di potere, essendo
intervenuto a quattro anni di distanza dalla determinazione del prezzo e riguardando uno stabile privo delle caratteristiche che consentivano di classificarlo come immobile di pregio.
Sostiene inoltre il controricorrente che erroneamente la Corte d’Appello ha
escluso l’applicabilità del primo periodo dell’art. 3, comma ventesimo, del decretolegge n. 351 cit., in quanto, indipendentemente dalla possibilità di qualificare la
comunicazione dell’Istituto come offerta in opzione, tale disposizione era stata superata dall’art. 1, comma primo, del decreto-legge n. 41 del 2004, che per le unità
immobiliari ad uso residenziale fissava il prezzo di vendita con riferimento ai valori di mercato correnti nel mese di ottobre 2001, prescindendo dal pregio del-

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2005, e riproponendo la domanda di trasferimento della proprietà degl’immobili ai

l’immobile. Subordinatamente, eccepisce l’illegittimità costituzionale dell’art. 3,
comma ventesimo, cit., affermando che tale disposizione, nella parte in cui non
prevede, per gl’immobili di pregio, che l’acquisto avvenga al prezzo ed alle condi-

lontà di acquistare, si pone in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., in quanto determina un’ingiustificata disparità di trattamento rispetto agli acquirenti di immobili
non di pregio.
6.1. — Le predette censure sono in parte infondate, in parte inammissibili.
In tema di sospensione necessaria del processo civile, questa Corte ha affermato che la mancanza nel testo vigente dell’art. 295 cod. proc. civ. di un espresso
riferimento ad una pregiudiziale controversia amministrativa, presente invece nel
testo anteriore alle modificazioni introdotte dalla legge 26 novembre 1990, n. 353,
non consente di escludere, in linea di principio, la configurabilità di una sospensione necessaria del giudizio civile in attesa della definizione di un giudizio amministrativo. L’esigenza di garantire il diritto di difesa, l’effettività della tutela giurisdizionale e la ragionevole durata del processo, ritenuta prevalente su quella di
assicurare l’uniformità e l’armonia delle decisioni, ha tuttavia indotto a subordinare l’applicazione dell’art. 295 alla sussistenza di un rapporto di pregiudizialità non
meramente logica ma giuridica tra le controversie, che ricorre solo quando la definizione di una di esse costituisca l’indispensabile antecedente logico-giuridico dell’altra, l’accertamento del quale debba aver luogo con efficacia di giudicato. Tale
condizione è correlata alla stessa ratio della sospensione necessaria, consistente
nell’evitare un conflitto di giudicati, e postula, in relazione alla pregiudiziale amministrativa, non solo che il giudizio amministrativo verta sull’accertamento di diritti soggettivi, ma anche che, rispetto a quello civile, esso penda tra le medesime

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zioni vigenti al 31 ottobre 2001, in favore di coloro che abbiano manifestato la vo-

parti e sia caratterizzato dallo stesso pelitum. Quest’ultimo presupposto non è tuttavia ravvisabile qualora il giudizio amministrativo abbia ad oggetto l’annullamento di un atto amministrativo, non assumendo alcun rilievo la circostanza che in se-

alla validità del medesimo atto, in quanto della legittimità di quest’ultimo è competente a conoscere, in via incidentale, lo stesso giudice ordinario, ai fini (e nei
limiti) della sua eventuale disapplicazione agli effetti della decisione della controversia inerente a diritti soggettivi (cfr. Cass., Sez. VI, 16 febbraio 2012, n. 2263;
Cass., Sez. III, 13 maggio 2009, n. 11085; Cass., Sez. I, 19 settembre 2003, n.
13981).
Non merita pertanto censura la sentenza impugnata, nella parte in cui, pur
dando atto della pendenza dinanzi al Giudice amministrativo dell’impugnazione
proposta dai ricorrenti avverso il decreto ministeriale che aveva classificato come
immobile di pregio lo stabile in cui erano situate le unità immobiliari da loro condotte in locazione, ha rigettato l’istanza di sospensione del giudizio, procedendo
direttamente alla verifica della legittimità del provvedimento, già peraltro scrutinata in senso contrario dal Giudice di primo grado.
6.2. — Non possono invece trovare ingresso, in questa sede, le censure sollevate in ordine alla sussistenza dei presupposti per la disapplicazione del decreto
ministeriale, essendosi il controricorrente limitato a riproporre le tesi difensive
svolte nel giudizio di merito e disattese dalla sentenza impugnata, contrapponendo
la propria valutazione a quella compiuta dalla Corte d’Appello in ordine alla ragionevolezza del ritardo con cui era stato emesso il provvedimento ed alla sussistenza in concreto delle caratteristiche prescritte dall’art. 3, comma tredicesimo,
del decreto-legge n. 351 del 2001 per la classificazione dell’edificio come immo-

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de civile l’apprezzamento in ordine alla fondatezza della domanda sia correlato

bile di pregio, e quindi proponendo una questione attinente al merito.
6.3. — Quanto poi alla lamentata esclusione dell’applicabilità del primo periodo del comma ventesimo dell’art. 3 cit., è sufficiente osservare che la decisione

comma primo, del decreto-legge n. 41 del 2004, che non consistevano affatto nell’integrale riformulazione della precedente disposizione. Lo specifico riferimento
della norma invocata al secondo periodo del comma ventesimo dell’art. 3 rende
infatti evidente che il legislatore non ha affatto inteso superare la distinzione tra le
unità immobiliari offerte in opzione dagli enti entro il 26 settembre 2001 e quelle
per le quali entro il 31 ottobre 2001 fosse intervenuta soltanto la manifestazione
della volontà di acquisto da parte dei conduttori, ma solo indicare un’unica data di
riferimento ai fini della determinazione del prezzo di vendita della seconda categoria d’immobili, la cui individuazione risultava oltremodo problematica sulla base dell’art. 3, avuto riguardo alla pluralità ed alla diversità delle discipline susseguitesi nel tempo ed alla condotta non sempre lineare tenuta in concreto dalle parti. Conseguentemente, deve escludersi che l’art. 1 abbia inteso sopprimere il riferimento ai conduttori delle unità immobiliari di pregio contenuto nel secondo periodo dell’art. 3, per effetto del quale gli stessi erano esclusi dal beneficio della riduzione del 30% accordato ai conduttori delle altre unità immobiliari, e dettare
una disciplina identica a quella prevista dal primo periodo della medesima disposizione, che non prevedeva alcuna differenza di prezzo. In tal senso depongono
anche la circostanza che l’art. 1, comma primo, non prevede alcuna riduzione di
prezzo, pur riferendosi esclusivamente ai conduttori, nonché la considerazione
che, diversamente opinando, non si comprenderebbe il motivo per cui il legislatore è intervenuto esclusivamente sul comma ventesimo dell’art. 3, che confermava

NIZG 24642-10 INPS-Magi ed altri – Pag. 17

della Corte d’Appello trova giustificazione nelle finalità perseguite dall’art. 1,

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l’applicabilità del trattamento differenziato per gl’immobili per i quali fosse già
stata manifestata la volontà di acquisto, anziché sui commi ottavo e tredicesimo,
che introducevano in via generale il predetto trattamento. In contrario, non appare

zioni di cui al comma primo agl’immobili venduti prima dell’entrata in vigore del
decreto-legge n. 41 del 2004, in quanto tale disposizione, riguardante esclusivamente gl’immobili già trasferiti in proprietà, si limita a porre rimedio alle sperequazioni determinate dall’applicazione dei diversi criteri stabiliti dalle leggi succedutesi nel tempo in tale materia, prevedendo il rimborso del maggior prezzo eventualmente corrisposto.
6.4. — Manifestamente infondata è infine la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma ventesimo, proposta in via subordinata dal controricorrente.
Premesso che tale questione avrebbe dovuto essere più propriamente sollevata in riferimento ai commi ottavo e decimo dell’art. 3, ai quali è riconducibile il
trattamento differenziato in esame, si osserva che l’esclusione dei conduttori di unità immobiliari situate in edifici di pregio dal beneficio della riduzione del 30%
sul prezzo di acquisto dell’immobile da loro condotto in locazione rappresenta il
ragionevole risultato di un bilanciamento di interessi che il legislatore ha compiuto fra l’esigenza degli enti previdenziali di acquisire risorse economiche mediante
la dismissione d’immobili non essenziali per lo svolgimento della loro attività istituzionale e la tutela del diritto dei conduttori all’abitazione. Per agevolare la dismissione degl’immobili meno appetibili sul mercato, consentendo nel contempo
ai conduttori di soddisfare la loro aspirazione all’acquisto della proprietà di quelli
da loro occupati, è stata pertanto prevista la predetta riduzione, la cui applicazione

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utilmente invocabile il dettato del comma terzo dell’art. 1, che estende le disposi-

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non è sembrata tuttavia ragionevole in riferimento ai cespiti più prestigiosi, in
quanto l’alienazione degli stessi a prezzi inferiori a quelli correnti si sarebbe tradotta in una svendita pregiudizievole per gl’interessi dell’ente, a fronte della rinun-

re (cfr. Cass., Sez. Un., 16 luglio 2012, n. 12106). L’ulteriore differenziazione introdotta dal comma ventesimo dell’art. 3, che esclude la riduzione del prezzo per i
soli conduttori di immobili di pregio che al 31 ottobre 2001 abbiano manifestato
la volontà di acquisto, senza nulla prevedere per quelli che al 26 settembre 2001
abbiano ricevuto l’offerta in opzione, dev’essere poi considerata meramente apparente, dal momento che in quest’ultimo caso la vendita deve avvenire al prezzo indicato nell’offerta, già calcolato al netto della riduzione.
7. — La reciproca soccombenza delle parti giustifica la dichiarazione dell’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale proposto da Miele
Alessandro, in qualità di procuratore generale di Hercolani Luigia, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato proposto da De Lauro Alessandro, Magi
Giorgio, Magi Cervo Renata, Maturi Riccardo, Poletti De Lauro Laura, Pollola
Rogati Grazia Maria e Rogati Giovanni Battista, e dichiara interamente compensate tra le parti le spese processuali.
Così deciso in Roma, il 4 aprile 2013, nella camera di consiglio della Prima
Sezione Civile

cia di quest’ultimo a tentare una più fruttuosa collocazione sul mercato immobilia-

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