Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21595 del 26/10/2016


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Cassazione civile sez. trib., 26/10/2016, (ud. 22/07/2016, dep. 26/10/2016), n.21595

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19083-2011 proposto da:

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL (OMISSIS), in persona del Curatore

fallimentare, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA MAZZINI 27,

presso lo studio dell’avvocato GIOVAN CANDIDO DI GIOIA, che lo

rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 227/2010 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

FOGGIA, depositata il 31/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/07/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato DI GIOIA che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato ZERMAN che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società srl (OMISSIS) ha proposto impugnazione di tre distinti avvisi di accertamento riguardanti l’IVA e di uno riguardante l’Irpef per gli anni dal (OMISSIS).

I ricorsi sono stati rigettati con rispettive sentenze dalla Commissione Provinciale di Foggia. La società contribuente non ha interposto appello, così che le suddette decisioni sono diventate definitive.

Successivamente, in data 24.9.2002. la società è venuta a conoscenza di documenti che non erano in suo possesso e che avevano valore decisivo per la revisione delle controversie ormai già definite. Conseguentemente ha proposto istanza di revocazione, respinta però in primo come in secondo grado.

La sentenza di appello ha ritenuto che non vi fosse prova certa del fatto che la società non aveva potuto produrre prima quei documenti per un fatto a lei non imputabile e che piuttosto il mancato rinvenimento di quelle prove era dovuto ad una cattiva organizzazione aziendale. a nulla rilevando l’avvicendamento degli amministratori che era del resto avvenuto nell’ambito familiare.

Avverso tale decisione la società propone ricorso per cassazione con unico motivo. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con l’unico motivo, la ricorrente denuncia sia violazione delle norme sulla revocazione (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 64 e art. 395 c.p.c., n. 3) che omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

Sostiene di avere fatto presente che la documentazione era in possesso del vecchio amministratore che la portò con sè in altra sede, e che alla sua revoca, chi gli subentrò non riuscì a riaverla nonostante reiterati solleciti.

Di queste circostanze di fatto la sentenza non avrebbe tenuto conto. limitandosi a generiche considerazioni sui presupposti della revocazione.

Il motivo, in entrambe le censure, è inammissibile e comunque infondato.

La denuncia, come detto, è duplice. La sentenza è censurata innanzitutto sotto il profilo della violazione di legge (art. 64 e 393 cit.). Tuttavia non dice quale erronea interpretazione di tale norme il collegio abbia adottato e quale sia quella corretta.

Ad ogni modo, risulta dalla sentenza impugnata che i giudici di secondo grado riconducono alle norme sulla revocazione della sentenza tributaria il significato da sempre attribuito loro dal costante orientamento giurisprudenziale, secondo cui la revocazione presuppone che la parte abbia fatto quanto nelle sue possibilità per avere tempestivamente il documento e solo per forza maggiore o fatto del terzo non sia riuscita nell’intento (Sez. 5 n. 6821 del 2009: Sez. 5 n. 26175 del 2011).

La decisione impugnata applica invero tale regola (“infatti presupposto per l’accoglimento della revocazione di una sentenza è la prova certa della causa non imputabile al richiedente della mancata produzione documentale… nel caso in esame… questo fatto deriv(a) proprio da una cattiva organizzazione aziendale, che aveva portato al difficile reperimento”)(p.3).

In sostanza, correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto che il fatto che ha determinato lo smarrimento dei documenti, o la sua tardiva scoperta, è un fatto meramente interno alla società stessa, riconducibile ad una sua cattiva organizzazione.

Quanto alla omessa o contraddittoria o insufficiente motivazione (vizi tutti alternativamente denunciati), è in re ipsa invece che la sentenza impugnata ha tenuto conto delle circostanze addotte dalla società a dimostrazione della non imputabilità del tardivo rinvenimento del documento, vale a dire la successione aziendale. il trasferimento del precedente amministratore ecc..

La decisione impugnata (p. 3.-4) invero dà ampia ragione della irrilevanza sia dell’avvicendamento dell’amministratore di società che del mandato conferito alla Finmar di assistenza contabile ed amministrativa e dunque della consegna a quest’ultima dei documenti contabili, ritenendola un fatto tale da non integrare il suddetto presupposto della non imputabilità, e così adeguatamente motivando in merito.

Il ricorso va pertanto respinto e le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite. che si liquidano in complessive 5200.00 Euro oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 22 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2016

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