Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21593 del 26/10/2016


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Cassazione civile sez. trib., 26/10/2016, (ud. 19/07/2016, dep. 26/10/2016), n.21593

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11255-2012 proposto da:

P.L., elettivamente domiciliato in ROMA VIA G.B. TIERPOLO 21,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO DE BELVIS, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIORGIO MAGGI giusta

delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 281/2011 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

BRESCIA, depositata l’08/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/07/2016 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON;

udito per il ricorrente l’Avvocato DE BELVIS che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato CASELLI che si riporta agli

atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 10 ottobre 2011 la Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione distaccata di Brescia, confermava la sentenza N. 50/05/2011 con la quale la Commissione provinciale tributaria di Bergamo aveva respinto il ricorso proposto da P.L. avverso l’avviso di accertamento IVA, IRPEF, IRAP (OMISSIS) emesso nei suoi confronti. La CTR osservava che le previsioni normative erano state puntualmente osservate dall’atto impositivo, con particolare e specifico riguardo alla instaurazione del necessario contraddittorio procedimentale, trattandosi di impiego dello studio di settore, mentre risultava carente sul piano probatorio l’attività difensiva del contribuente.

2. Contro la decisione ha proposto ricorso per cassazione il P. deducendo tre motivi. Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Va infatti ribadito che “E’ inammissibile, per violazione del criterio dell’autosufficienza, il ricorso per cassazione confezionato in modo tale che siano riprodotti con procedimento fotografico (o similare) gli atti dei pregressi gradi e i documenti ivi prodotti, tra di loro giustapposti con mere proposizioni di collegamento. Detta modalità grafica, poichè equivale, nella sostanza, ad un rinvio puro e semplice agli atti di causa e viola il precetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, secondo il quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa, non può ritenersi osservata quando il ricorrente non prospetti alcuna narrativa degli antefatti e della vicenda processuale, nè determini con precisione l’oggetto della originaria pretesa, così contravvenendo proprio alla finalità primaria della prescrizione di rito, che è quella di rendere agevole la comprensione della questione controversa, e dei profili di censura formulati, in immediato coordinamento con il contenuto della sentenza impugnata” (tra le molte, da ultimo Sez. 6-5, n. 18020 del 2013).

Ciò posto è evidente che la tecnica di redazione dell’impugnazione de qua incorra nella violazione del principio di autosufficienza codificato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, tenuto conto del fatto che sia nel riferirsi all’oggetto ed agli atti del procedimento a quo sia nello sviluppo delle censure si è appunto utilizzato il sistema c.d. del “taglia/incolla”, così costringendo questa Corte a operarne una lettura integrale, appunto in contrasto con il principio in questione.

3. Pur essendo il rilievo che precede di per sè dirimente, può tuttavia soggiungersi che non sussistono i vizi motivazionali dedotti – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – con il primo ed il terzo motivo.

La CTR ha infatti motivato sia sulla non concludenza delle giustificazioni rese dal contribuente in sede di contraddittorio preprocessuale sia sulla questione della “gravità” dello scostamento dagli studi di settore, sicchè le denunciate carenze motivazionali all’evidenza non sussistono.

Peraltro va rilevata l’inammissibilità della deduzione sia della prima censura non essendovi in essa l’esplicitazione di alcuna specifica critica alle precise osservazioni della sentenza impugnata sul punto di fatto de quo sia della seconda, poichè vi è una evidente contraddittorietà tra la prospettazione della stessa ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e la sua concreta formulazione che invece mira ad affermare la sussistenza di un diverso vizio per violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Ed ancora quanto al terzo motivo va comunque rilevato un ulteriore profilo di inammissibilità, poichè, anche ammesso che lo si possa considerare inquadrabile in quest’ultima ipotesi di ricorribilità, la censura è articolata in fatto e mira a richiedere a questa Corte un tipo di sindacato che, pacificamente, non le è consentito.

4. Quanto al secondo motivo, con il quale il ricorrente – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – lamenta la violazione/falsa applicazione dell’art. 92, commi 4 – 7 TUIR va rilevato in linea generale che costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che “In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione” (ex multis, da ultimo v. Sez. 5, n. 26610 del 2015).

A ben vedere la censura de qua entra in conflitto con questo arresto giurisprudenziale, poichè non critica la sentenza impugnata per aver fatto una scorretta applicazione di detta norma, bensì per averla ritenuta non rilevante nel caso di specie che riguarda un’omessa indicazione nello studio di settore applicato (rimanenze finali 2004).

3. Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente alla rifusione alla resistente delle spese del presente grado, come in dispositivo.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese del grado che liquida in complessivi Euro 8.000 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 19 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2016

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