Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21590 del 26/10/2016


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Cassazione civile sez. trib., 26/10/2016, (ud. 15/07/2016, dep. 26/10/2016), n.21590

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10107-2010 proposto da:

G.B.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA

DEI MONTI PARIOLI 48, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

MARINI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LORIS

TOSI giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA POLIS SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 6/2009 della COMM.TRIB.REG. di VENEZIA,

depositata il 25/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/07/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito per il controricorrente l’Avvocato PUCCIARIELLO che ha chiesto

il rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

G.B.G. propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto che aveva confermato la pronuncia di primo grado di rigetto del ricorso proposto dal contribuente avverso la cartella di pagamento della somma di Euro 13.940,09 a titolo di imposta IRAP per l’anno (OMISSIS), oltre interessi e sanzioni.

Il giudice d’appello, per quel che ancora interessa in questa sede, riteneva che sussistesse in capo al contribuente, esercente l’attività di dottore commercialista, il presupposto di imposta ai fini IRAP costituito dalla autonoma organizzazione, posto che il contribuente si era avvalso dell’ausilio di terzi professionisti versando loro un corrispettivo di rilevante entità.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con i due motivi di ricorso, che, pur evocando distinti parametri normativi (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto sussistere il presupposto dell’autonoma organizzazione ai fini IRAP esclusivamente sulla base dei compensi corrisposti a soggetti terzi, non dipendenti nè collaboratori di studio, senza valutare la natura occasionale delle prestazioni professionali dagli stessi erogate.

Il ricorso è infondato.

La C.T.R. ha rilevato che, nell’anno di imposta (OMISSIS), il contribuente si era avvalso della collaborazione di terzi, ai quali aveva corrisposto la somma complessiva di Lire 246.428.000, mentre i ricavi conseguiti per l’attività di dottore commercialista ammontavano a Lire 731.261.000. Ha ritenuto pertanto che, malgrado l’impiego limitato di altri fattori produttivi e la mancanza di dipendenti, sussistesse il presupposto impositivo IRAP dell’autonoma organizzazione.

A fronte del ricorso ai lavoro di terzi in misura così rilevante, stante l’entità dei compensi corrisposti, tale da portare ad escludere lo svolgimento di una attività di collaborazione di tipo occasionale ed a configurare – per contro – la sussistenza di un contesto organizzativo esterno rispetto all’operato del professionista, il giudice del merito, con accertamento allo stesso riservato, incensurabile in questa sede in quanto congruamente motivato, ha ritenuto che l’apporto di lavoro altrui eccedesse il minimo indispensabile, secondo l’id quod plerumque accidit, per lo svolgimento dell’attività professionale di dottore commercialista.

La decisione impugnata si pone nel solco della giurisprudenza di questa Corte, che ha reputato significativo indice di organizzazione autonoma l’impiego non occasione di lavoro altrui, anche se per un periodo di tempo limitato e versando un corrispettivo non elevato (Cass. n. 22592/12; Cass. n. 26161/11).

Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 2.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2016

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