Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21588 del 23/10/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 21588 Anno 2015
Presidente: DI BLASI ANTONINO
Relatore: BRUSCHETTA ERNESTINO LUIGI

Data pubblicazione: 23/10/2015

SENTENZA
sul ricorso n. 12249/10 proposto da:
Agenzia delle

Entrate,

rappresentante

pro tempore,

in persona del

legale

elettivamente domiciliata

in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura
Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope
legis;
– ricorrente contro

G.D.M. S.p.A., in persona del suo legale rappresentante
pro

tempore

Sacco

Piergiorgio,

elettivamente

domiciliata in Roma, Via Vittorio Veneto n. 108, presso
lo Studio dell’Avv. Valerio Pescatore che, unitamente
all’Avv. Giuseppe Marini, la rappresenta e difende,

/

giusta delega a margine del controricorso;

controricerrente

avverso la sentenza n. 42/14/09 della Commissione
Tributaria Regionale della Lombardia, depositata il 17
marzo 2009;

udienza del 8 settembre 2015 dal Consigliere Dott.
Ernestino Bruschetta;
udito l’Avv. Valerio Pescatore, per la ricorrente;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott.ssa Anna Maria Soldi, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.
Fatto

Con l’impugnata sentenza n. 42/14/09 depositata il 17
marzo 2009 la Commissione Tributaria Regionale della
Lombardia, rigettato l’appello dell’Agenzia della
Entrate, quest’ultimo proposto avverso la decisione n.
258/16/06 della Commissione Tributaria Provinciale di
Milano che «aveva dichiarato cessata la materia del
contendere>>, <> della stessa dichiarava
l’illegittimità della cartella esattoriale emessa ai
sensi dell’art. 36 bis d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600
nei confronti di G.D.M. S.p.A. a recupero di crediti
d’imposta ritenuti indebitamente compensati e relativi
a incentivi occupazionali e per investimenti in aree
svantaggiate.

2

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

La CTR, dopo aver dato atto che i suddetti crediti
d’imposta erano stati <>, accertava sia che gli stessi
erano <> e
sia che la contribuente <>. A riguardo l’Ufficio evidenziava di aver
con la trascritta parte dell’atto d’appello «posto la
specifica questione della necessità di verificare la
spettanza sostanziale del credito d’imposta>>, ma che
sulla stessa la CTR non aveva però pronunciato. Il
quesito sottoposto era il seguente: «Se, in un caso
come quello

de quo,

in cui l’Amministrazione ha

impugnato la sentenza di primo grado che ha
riconosciuto spettare alla contribuente un credito di
imposta ex artt. 7 e 8 1. 388/00, denunciando come la
spettanza del credito sia stata affermata
sull’esclusivo rilievo che la società contribuente ha
assolto agli oneri di comunicazione posti a suo carico
a pena di decadenza dalla legge (artt. 10 e 11 d.l.
138/02 e art. 62 co. 1 lett. a) 1. 289/02), la CTR che

allegato al ricorso introduttivo>>.

confermi la sentenza appellata, dichiarando che i
crediti

d’imposta

sono

“spettanti

in

quanto

regolarmente richiesti e confermati” e senza
pronunciarsi in alcun modo sulla spettanza dei medesimi
in senso sostanziale alla luce delle norme istitutive,
renda una sentenza nulla per violazione dell’obbligo di

2. Con il secondo motivo di ricorso l’Ufficio censurava
la sentenza denunciando in rubrica «Nullità per omessa
indicazione delle ragioni della decisione ex art. 36 n.
4 d.lgs. 546/92, in relazione all’art. 360 n. 4
c.p.c.>>. L’Ufficio precisava che la denuncia <> era da intendersi proposta <> – e cioè per il caso in cui questa Corte
avesse ritenuto esistente una pronuncia nel merito
circa la sussistenza dei crediti d’imposta,
precisamente laddove nella sentenza la CTR aveva
riconosciuto <> i crediti d’imposta in
parola – in quanto secondo l’Amministrazione la CTR si
era solamente limitata ad una apodittica affermazione
di «spettanza» dei crediti in discussione. Il quesito
sottoposta era il seguente: «Se, in un caso come
quello de quo, in cui l’Amministrazione ha impugnato la
sentenza di primo grado che ha riconosciuto spettare
alla contribuente un credito di imposta ex artt. 7 e 8
1. 388/00, denunciando come la spettanza del credito
sia stata affermata sull’esclusivo rilievo che la
società contribuente ha assolto agli oneri di

4

pronunciarsi su tutta la domanda ex art. 112 c.p.c.>>.

comunicazione posti a suo carico a pena di decadenza
dalla legge (artt. 10 e 11 d.l. 138/02 e art. 62 co. 1
lett. a) 1. 289/02), la CTR che confermi la sentenza
appellata, dichiarando che i crediti d’imposta sono
“spettanti in quanto regolarmente richiesti e
confermati” e senza supportare tale affermazione con

sentenza nulla per violazione dell’obbligo di indicare
le ragioni della decisione posto dall’art. 36 co. 2 n.
4 d.lgs. 546/92>>.
3.

I motivi, che essendo tra di loro strettamente

connessi possono essere esaminati congiuntamente, sono
infondati.
In realtà, come evidenziato in narrativa del presente,
la CTR ha fatto presente che i crediti d’imposta erano
stati <> dall’Amministrazione
e che pertanto il recupero d’imposta era stato soltanto
conseguente ad un controllo formale

ex

art. 36

bis

d.p.r. n. 600 cit. Con ciò quindi espressamente
limitando la materia del contendere – e pertanto la
pronuncia – al solo rilievo formale della mancata
indicazione nel quadro RU della dichiarazione dei
crediti d’imposta addebitato nell’impugnata cartella.
Nessuna omissione di pronuncia – ovvero violazione di
forma della sentenza

sub specie di materiale mancanza

di motivazione della stessa – è perciò ravvisabile.
4. Con il terzo motivo di ricorso l’Ufficio censurava
la sentenza denunciando in rubrica <>, nella sostanza
lamentando che la CTR si fosse limitata ad affermare
che la contribuente <> e senz’altro nulla
spiegare circa la sufficiente compilazione dello
stesso. La sintesi del fatto controverso e decisivo era

contestando la spettanza del credito di imposta, aveva
segnalato che la società contribuente non aveva
compilato il quadro RU nel mod. Unico 2001, venendo
così meno ad un adempimento necessario per la fruizione
del credito, la CTR, nel disattendere la censura,
doveva illustrare le ragioni per cui riteneva raggiunta
la prova della presentazione di una dichiarazione
contenete il quadro RU debitamente compilato (a puro
titolo di esempio, evidenziando che era acquisita agli
atti del processo la ricevuta di presentazione di
quella dichiarazione). Essa ha invece dedotto il fatto
dell’avvenuta presentazione, dall’allegazione al
ricorso di un quadro RU. Essendosi limitata ad
affermare che “La società ha presentato il quadro RU
allegato al ricorso introduttivo”, senza ulteriori
precisazioni, essa ha quindi reso una statuizione
insufficientemente argomentata>>.
Il motivo è inammissibile.
Occorre dapprima rilevare che la sentenza è stata resa
sul non contestato presupposto <> che la
compilazione del ridetto quadro RU fosse indispensabile
al riconoscimento delle agevolazioni dedotte in lite.

quindi la seguente: <>
documentazione. In relazione all’appena rammentato
accertamento documentale, l’Ufficio non ha tuttavia
spiegato le specifiche ragioni per cui la
<> non poteva costituire prova della
presentazione del quadro RU. L’Ufficio, nella sostanza,
si è semplicemente limitato a sollecitare un diverso
apprezzamento della «allegazione» documentazione. E,
cioè, senza dire perché esattamente la stessa doveva
essere disattesa e inoltre senza trascriverla. Il che,
come noto, comporta un difetto di autosufficienza
(Cass. sez. I n. 15952 del 2007; Cass. sez. lav. n.
14262 del 2004).
5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate
come in dispositivo..
P.Q.M.

7

quadro RU prevista dall’art. 8, comma 5, dalla 1. 23

La Corte rigetta il ricorso; condanna l’Agenzia delle
Entrate a rimborsare alla contribuente le spese
processuali, queste liquidate in

e

5.130,00 a titolo di

compenso, oltre a spese forfetarie e ad accessori di
legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del

giorno 8 settembre 2015

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