Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21587 del 26/10/2016


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Cassazione civile sez. trib., 26/10/2016, (ud. 15/07/2016, dep. 26/10/2016), n.21587

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, via GIOSUE’

BORSI N. 4, presso l’avvocato SCAFARELLI FEDERICA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avv. DURANTE Giovanni, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia n. 9/15/12, depositata il 13 marzo 2012;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15

luglio 2016 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio;

uditi l’avv. Giovanni Durante per il ricorrente e l’avvocato dello

Stato Pasquale Pucciariello per la controricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

ZENO Immacolata, il quale ha concluso per l’inammissibilità e, in

subordine, per l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. B.M. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia indicata in epigrafe, con la quale, rigettando il suo appello, è stata confermata la legittimità degli avvisi di accertamento emessi nei suoi confronti per IRPEF degli anni (OMISSIS) in relazione ad utili extrabilancio presuntivamente distribuiti dalla Impianti Sicurezza Metallici srl, avente ristretta base sociale e di cui il B. era socio all’80 per cento (della restante quota del 20 per cento era titolare la sorella B.A.).

Il giudice d’appello, premesso che gli avvisi impugnati derivano da una verifica operata nei confronti della società (che aveva omesso la presentazione della dichiarazione dei redditi per gli anni anzidetti), con successiva emissione di avvisi di accertamento con determinazione analitica del reddito d’impresa in base alla documentazione acquisita, ha ritenuto, per quanto qui ancora rileva, che: a) “gli elementi finalizzati a valorizzare una posizione di perdita sono stati oggetto di approfondimento in sede di tentativo di procedura transattiva di adesione, ma non hanno trovato concretizzazione in un atto di adesione”; b) “l’Ufficio non ha riconosciuto in sede di tentativo di adesione tutti i costi di personale iscritti in bilancio perchè la detraibilità fiscale dei costi, se pur iscritti in bilancio, richiede la giustificazione documentale di ciascuno degli stessi ed il rispetto dei criteri di cui all’art. 109 TUIR”; c) “nella fattispecie l’ufficio ha vagliato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1 la documentazione fiscalmente rilevante. La determinazione analitica non poteva implicare ex se il riconoscimento di tutti i componenti negativi iscritti nel bilancio civilistico”.

2. L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.

3. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), degli artt. 2425, 2735 e 2729 c.c. e del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 83, 109, 47 e 5.

Lamenta, in sintesi, che la sentenza impugnata non ha tenuto conto del fatto che l’Ufficio, nella determinazione analitica del reddito, ha omesso di considerare e valutare i costi del personale, riportati in contabilità e poi riconosciuti (con asserito valore di confessione stragiudiziale) in sede di procedura di accertamento con adesione, con conseguente integrale assenza di costi fittizi e quindi di ricavi extracontabili in capo alla società.

Con la seconda censura è denunciato il difetto di motivazione in relazione alle stesse circostanze evidenziate nel primo motivo.

2. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili.

Il giudice d’appello, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, ha esaminato la questione dei costi del personale, affermando, in particolare (come sopra riportato in narrativa), da un lato che essa era stata sì oggetto di approfondimento in sede di tentativo di definizione con procedura di adesione, ma che questa non si era poi concretizzata in alcun atto di accertamento con adesione, e, dall’altro, che la detraibilità fiscale dei costi, se pur iscritti in bilancio, richiede la giustificazione documentale di ciascuno degli stessi ed il rispetto dei criteri di cui all’art. 109 TUIR.

Pertanto, il primo motivo non investe la ratio decidendi della sentenza impugnata e la censura di vizio di motivazione si rivela del tutto generica (e, comunque, smentita dal testo della sentenza).

3. In conclusione, il ricorso va rigettato.

4. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro. 3100,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2016

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