Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21586 del 07/10/2020

Cassazione civile sez. lav., 07/10/2020, (ud. 08/01/2020, dep. 07/10/2020), n.21586

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14618-2014 proposto da:

L.G., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’Avvocato STEFANO PILO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale

mandatario della “Società di cartolarizzazione dei crediti INPS

-S.C.C.I. spa”, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentato e difeso dagli Avvocati ANTONINO SGROI, LELIO

MARITATO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO;

– resistenti con mandato –

avverso la sentenza n. 253/2013 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI

SEZ. DIST. DI SASSARI, depositata il 27/11/2013 R.G.N. 321/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dal

Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. L.G. proponeva opposizione, innanzi al Tribunale di Sassari, onde ottenere l’annullamento della cartella esattoriale n. (OMISSIS) con la quale gli era stato ingiunto il pagamento della somma di Euro 40.048,07, a titolo di contributi previdenziali, somme aggiuntive e sanzioni una tantum per il periodo compreso tra il 1995 e il 2003.

2. L’adito Tribunale, a seguito dell’attività istruttoria, in accoglimento parziale dell’opposizione, dichiarava fondata la pretesa contributiva dell’INPS limitatamente all’importo di Euro 1.224,00 oltre sanzioni civili, nei limiti della prescrizione fino al 20.3.2001.

3. La Corte di appello di Cagliari – Sezione Distaccata di Sassari – in accoglimento del gravame proposto dall’INPS e in riforma della impugnata pronuncia, dichiarava dovuti dal L. le somme portate in cartella relativamente ai periodi successivi al luglio 1995, oltre sanzioni ed interessi.

4. I giudici di seconde cure, a fondamento della decisione, rilevavano che: a) i contributi oggetto della cartella attenevano a periodi compresi tra il 1995 e il 2003; b) l’INPS aveva prodotto due ricevute di ritorno che attestavano una trasmissione di comunicazioni dall’Istituto al contribuente nel 2000 e nel 2005; c) successivamente erano state allegate le “pretese copie” delle comunicazioni allegate alle indicate raccomandate ove era contenuta la dicitura “ai fini interruttivi della prescrizione”, la prima delle quali spedita nel luglio del 2000; d) vi erano elementi sufficienti per ritenere che le ricevute di ritorno attenessero alle suddette comunicazioni, che in genere riguardavano la richiesta di pagamenti dei contributi; e) la pretesa contenuta in cartella era, pertanto, fondata non per tutto l’anno 1995 ma solo dal luglio dello stesso anno.

5. Avverso la sentenza di secondo grado proponeva ricorso per cassazione L.G. affidato a cinque motivi.

6. L’INPS, in proprio e quale mandatario della SCCI spa, si costituiva unicamente con il deposito di procura.

7. Il PG non rassegnava conclusioni scritte.

8. Il ricorrente depositava memoria illustrativa.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 331 c.p.c. e/o dell’art. 332 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè, nonostante la richiesta di integrazione del contraddittorio espressamente formulata da esso allora appellato, la Corte di merito aveva ritenuto la causa scindibile ex art. 332 c.p.c. e deciso la controversia in assenza di una parte del giudizio di primo grado.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c., in relazione all’art. 2943 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., perchè la Corte territoriale aveva utilizzato a fondamento della decisione, due lettere prodotte dall’INPS, mai acquisite da nessun giudice, che aveva correlato alle due cartoline di ricevimento delle raccomandate, unici documenti ad essere stati ritualmente depositati, che non facevano alcun riferimento al credito azionato: ciò sulla base di un ragionamento indiziario privo di alcun riscontro quanto al contenuto della suddetta lettera.

4. Con il terzo motivo il L. si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 421 c.p.c. e 416 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere i giudici di seconde cure valutato delle produzioni documentali (lettere dell’INPS) tardive, di cui non era stata chiesta l’acquisizione e che non erano state mai ammesse ex art. 421 c.p.c., mentre avrebbero dovuto attenersi, ai fini della decisione, unicamente alle ricevute di ritorno.

5. Con il quarto motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per essersi la Corte di appello pronunciata su eccezioni (idoneità delle suddette lettere ad interrompere la prescrizione) che potevano essere proposte solo dalle parti e che, nel caso di specie, l’INPS non aveva mai sollevato.

6. Con il quinto motivo il ricorrente sostiene la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte di appello, con la statuizione sulle spese di lite attraverso la compensazione per un quarto e la condanna del contribuente ai restanti tre quarti (Euro 900,00), modificato il regime delle spese stesse di primo grado, senza alcuna motivazione sul punto e senza considerare che egli era risultato vittorioso in primo grado e la cartella opposta era stata ritenuta comunque erronea.

7. Il primo motivo è inammissibile per difetto di specificità.

8. E’ opportuno precisare che i motivi per i quali di chiede la cassazione della sentenza impugnata devono essere contenuti, a pena di inammissibilità, nel ricorso e non nelle memorie, perchè queste non hanno altra efficacia che quella di chiarire le ragioni già esposte a sostegno dei motivi enunciai nel ricorso stesso (Cass. n. 14167 del 1999; Cass. n. 3380 del 2001; Cass. n. 8074 del 2003).

9. In conseguenza, le memorie defensionali non solo non possono esporre nuovi motivi, ma neppure possono specificare quelli che in maniera vaga ed indeterminata siano stati appena accennati nel ricorso (Cass. n. 1805 del 2001; Cass. n. 12477 del 2002).

10. Nella fattispecie, il ricorrente ha dedotto che la Corte di appello di Cagliari, nonostante la richiesta di integrazione del contraddittorio espressamente formulata sia nell’atto di appello che in udienza, aveva rigettato l’istanza senza darne motivazione in sentenza e senza avere ritenuto, in pratica, la causa inscindibile.

11. Solo con la memoria il ricorrente ha specificato che la parte estromessa dal giudizio di appello era l’agenzia di riscossione.

12. Ebbene, è evidente che la censura difetta di specificità perchè, a fronte di una sentenza che non riporta tra le parti anche l’agenzia di riscossione spa (peraltro non individuata chiaramente) e di un thema decidendum che riguarda esclusivamente l’ente impositore, il ricorrente non ha riportato i termini esatti della avanzata richiesta, le motivazioni poste a suo fondamento e le ragioni per le quali si fosse in presenza di una ipotesi di interdipendenza o dipendenza di cause – a fronte di una assenza di coinvolgimento processuale tra INPS e agente ella riscossione – tale da fare ritenere la sussistenza di cause inscindibili.

13. Tale difetto di autosufficienza e di specificità del motivo rende, pertanto, inammissibile, sotto un profilo processuale, la doglianza.

14. Il secondo e terzo motivo, da trattarsi congiuntamente per connessione logico-giuridica, riguardanti il primo gli aspetti sostanziali ed il secondo i profili processuali dell’assunto dei giudici di seconde cure che hanno ritenuto ricollegabili alle due ricevute di ritorno, prodotte in prime cure, le lettere successivamente prodotte e reputate contenenti note di interruzione della prescrizione, sono infondati.

15. Questa Corte ha affermato che, nel rito del lavoro, l’acquisizione di nuovi documenti o l’ammissione di nuove prove da parte del giudice di appello rientra tra i poteri discrezionali allo stesso riconosciuti dagli artt. 421 e 437 c.p.c. e tale esercizio è insindacabile in sede di legittimità anche quando manchi un’espressa motivazione in ordine alla indispensabilità o necessità del mezzo istruttorio ammesso, dovendosi la motivazione ritenere implicita nel provvedimento adottato (Cass. n. 26117 del 2016; Cass. n. 22630 del 2016; Cass. n. 13186 del 2003).

16. L’avere, pertanto, i giudici di seconde cure utilizzato le lettere dell’INPS ai fini della decisione equivale ad averle implicitamente ammesse quale produzione documentale necessaria a tali fini, a prescindere da una formale acquisizione.

17. Quanto, invece, al collegamento delle lettere suddette e le ricevute di ritorno, la questione riguarda l’accertamento circa la sussistenza e l’idoneità di una prova a rendere verosimile il fatto allegato: ciò costituisce un apprezzamento di merito insindacabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivato (Cass. n. 10484 del 2001; Cass. n. 5434 del 2003).

18. Nel caso in esame la Corte di merito, con una sintetica ma congrua e logica motivazione, ha ritenuto che, da un lato, le comunicazioni dell’INPS, aventi la dicitura “ai fini interruttivi della prescrizione”, non potevano avere diverso contenuto riguardando, in genere i contributi e, dall’altro, che il L. non aveva dedotto e provato che potessero attenere ad altro.

19. L’argomentazione, pertanto, è insindacabile in sede di legittimità perchè, in caso contrario, la censura si risolverebbe in una richiesta inammissibile di riesame del merito della questione.

20. Il quarto motivo è anche esso infondato.

21.L’eccezione di interruzione della prescrizione, diversamente da quella di prescrizione, si configura come eccezione in senso lato, sicchè può essere rilevata dal giudice anche di ufficio, in qualsiasi stato e grado del processo e, quindi, nelle controversie soggette al rito del lavoro, anche all’esito dell’esercizio dei poteri istruttori di ufficio di cui all’art. 421 c.p.c. (Cass. n. 14755 del 2018; Cass. n. 23513 del 2019).

22. Ben poteva, quindi, la Corte di merito esaminare la tematica a prescindere da una formale richiesta dell’INPS.

23. Infine, anche il quinto motivo non è meritevole di accoglimento.

24. Correttamente la Corte di appello, avendo riformato la sentenza di primo grado, ha proceduto ad una nuova statuizione delle spese avendo riguardo all’esito complessivo del giudizio e non alle singole fasi e gradi (cfr. Cass. n. 9064 del 2018), in base ad un criterio unitario e globale (Cass. 6259 del 2014).

25. Nè ricorrevano le ipotesi per non modificare il regime delle spese come statuito in prime cure, perchè non si versava in un caso di accoglimento parziale del gravame della parte già vittoriosa in primo grado nei cui confronti era stata emessa condanna a favore delle spese di lite e in assenza di appello incidentale dell’appellato (così come previsto da Cass. 27606 del 2019). Invero, nel caso in esame, l’appello era stato proposto dall’INPS che era stato condannato in prime cure al pagamento dei 4/5 delle spese di giudizio e aveva chiesto la riforma totale della sentenza.

26. La Corte ha, poi, applicato, con valutazione discrezionale e quindi insindacabile in questa sede, il criterio della soccombenza prevalente, in una ipotesi, cioè, ove la parzialità della soccombenza reciproca ha riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento (Cass. n. 3438 del 2016), determinando poi la percentuale in ordine alla liquidazione delle spese a carico dell’appellato in ragione di 3/4 e senza incorrere in alcuna violazione dell’art. 91 c.p.c. che si ravvisa unicamente nei casi di condanna, anche solo parzialmente, della parte totalmente vittoriosa al pagamento delle spese di lite (Cass. 12963 del 2007; Cass. 13292 del 2011).

27. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.

28. Nulla va disposto in ordine alle spese del presente giudizio non avendo l’INPS, in proprio e nella qualità, svolto attività difensiva.

29. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, si provvede sempre come da dispositivo, sussistendo i presupposti processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 8 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2020

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